Cifre spaventose aggiornate dall’associazione Errorigiudiziari.com, fondata dai giornalisti Valentino Maimone e Benedetto Lattanzi.
Roma – L’ultimo caso di errore giudiziario che si abbatte sulla vita di un innocente e che ha suscitato clamore è quello di Beniamino Zuncheddu, scarcerato dopo 32 anni. Ma di giudizi sbagliati, vere e proprie cantonate, scambi di persona e tanto altro che è lontano dalla verità processuale ne è piena l’Italia. Anzi il mondo. Il volto “emblema” della tragedia è quello di Enzo Tortora, ma il suo calvario è vissuto ogni giorno da migliaia di persone. Gente comune, incappata nella malagiustizia che viene privata in modo ingiusto e crudele della libertà.
C’è una storia che ha dell’assurdo oltre il dramma: quella vissuta da un operaio napoletano di 40 anni, accusato di avere fatto da “messaggero” tra la camorra e la vittima di un’estorsione. Che cosa gli è successo? Ha assistito alla lettura di un verdetto di colpevolezza nei suoi confronti, mentre dalle motivazioni è risultato innocente. Il dispositivo di sentenza non lasciava dubbi: condanna definitiva per concorso in tentata estorsione. Ma quando arrivano le motivazioni si scopre che – invece – il suo ricorso era stato accolto, addirittura, senza neppure un rinvio alla corte di appello.
Peccato che, però, nel frattempo aveva espiato la pena in una cella del carcere di Poggioreale. Accade a Napoli, a un operaio 40enne incensurato accusato di avere fatto da tramite tra la camorra e la vittima di un’estorsione. La sua storia giudiziaria è connotata da una serie di errori che il suo legale, l’avvocato Maurizio Capozzo, ritiene frutto di una “sciatteria senza precedenti”. V.S., sposato e con figli, finisce ai domiciliari nel maggio 2020 per concorso in tentata estorsione aggravata. Al termine di un processo celebrato in abbreviato viene condannato a 4 anni.
L’appello viene fissato nel 2022, ma la Corte non invia l’avviso alle parti, che quindi non si presentano e la sentenza di primo grado viene confermata senza potersi difendere. Imputato e avvocato però non ci stanno e presentano un ricorso in Cassazione. L’udienza viene fissata per il settembre 2023: il procuratore generale nella sua requisitoria condivide le doglianze difensive e chiede l’annullamento della sentenza di appello.
La Corte, dopo poche ore di camera di consiglio, dichiara però il ricorso inammissibile e ordina l’immediato arresto. All’alba del giorno dopo V.S. viene chiuso in cella: deve scontare pochi mesi. Con la liberazione anticipata avrebbe sostanzialmente espiato la pena, ma resta circa un mese in cella. Il colpo di scena a dicembre, quando ormai è libero. La Suprema Corte deposita le motivazioni: operaio e legale apprendono con stupore – misto a rabbia – che invece il loro ricorso era stato accolto. Sentenza annullata senza neppure rinvio.
“L’imputato non ha potuto esercitare il suo diritto al secondo grado di giudizio. Ha interamente espiato una pena che, con ogni probabilità non doveva scontare o doveva essere ridotta”, afferma il suo difensore, Capozzo. Che racconta: “è entrato in carcere mentre non avrebbe dovuto mai finirci, poteva rimanere ai domiciliari in attesa dell’appello”. Ovviamente ho cercato di fare piena luce su questa sequela di errori, purtroppo senza ottenere piena soddisfazione: solitamente in caso di omesso avviso la Cassazione si pronuncia con un ‘annullamento con rinvio’, tutto da rifare, in sostanza”.
Il legale ha provato a spiegare la situazione alla procura Generale, ma niente. Il presidente della corte di appello di Napoli, invece, ha compreso che c’era qualcosa che non andava: ha chiesto con una missiva lumi alla Corte di Cassazione che lo scorso 3 gennaio ha risposto dicendo, sostanzialmente ‘Abbiamo sbagliato, il ricorso era fondato, la sentenza di appello è annullata”. Non solo: l’annullamento del ricorso presentato alla Suprema Corte dall’operaio senza rinvio alla corte di appello di Napoli rappresenta un altro errore, il processo di secondo grado si dovrà necessariamente ricelebrare e, quindi, il prossimo 24 maggio l’imputato e il suo avvocato dovranno tornare in aula con ulteriore aggravio di costi a suo carico, visto che le spese di giustizia, oltre che gli onorari difensivi, per appello e cassazione li deve pagare lui.
“Ma che senso ha? – si chiede l’avvocato Capozzo – la pena l’ha interamente espiata nel frattempo. In tutto questo, nessuno si è mai degnato di avvisare l’imputato e il difensore che solo pochi giorni fa, per puro caso, è venuto a conoscenza della sconcertante sequela di errori nell’evidente imbarazzo della corte di appello”.
Ma i casi di errore sono a migliaia, ognuno con il suo calvario processuale e esistenziale. E quanti sono gli errori giudiziari in Italia. Quanti ogni anno finiscono in carcere o agli arresti domiciliari, salvo poi rivelarsi innocenti? Quanto spende lo Stato per risarcirli e quanti ottengono l’indennizzo del castigo subìto? L’associazione Errorigiudiziari.com, fondata più di 25 anni fa dai giornalisti Valentino Maimone e Benedetto Lattanzi, approfondisce il fenomeno in Italia e scatta giorno dopo giorno la fotografia più attendibile degli innocenti che finiscono in manette.
Gli ultimi dati pubblicati sul sito dell’associazione e aggiornati al 31 dicembre 2022 fanno impallidire. Tra le vittime di ingiusta detenzione e quelle di errori giudiziari dal 1991 al 2022 i casi sono stati 30.778: in media, poco più di 961 l’anno. Il tutto per una spesa complessiva dello Stato gigantesca, tra indennizzi e risarcimenti veri e propri: 932 milioni 937 mila euro e spiccioli, per una media di poco inferiore ai 29 milioni e 200 mila euro l’anno.
“Il contatore del 2022 – fa notare Errorigiudiziari.com – ha segnato ben 547 casi tra ingiuste detenzioni ed errori giudiziari (-25 rispetto all’anno precedente). In notevole crescita, invece, la spesa complessiva per indennizzi e risarcimenti: poco meno di 37 milioni e 330 mila euro, oltre 11 milioni e mezzo in più rispetto al 2021. Ma è la casistica dell’ingiusta detenzione a far emergere l’allarmante fenomeno: dal ‘92 al 2022, si sono registrati 30.556 casi, in media oltre 985 innocenti in custodia cautelare ogni anno. Il tutto per una spesa che supera gli 846 milioni e 655 mila euro in indennizzi, per una media di circa 27 milioni e 311 mila euro l’anno. Nel 2022 i casi di ingiusta detenzione sono stati 539, per una spesa complessiva in indennizzi di cui è stata disposta la liquidazione pari a 27 milioni 378 mila euro.
Per quanto riguarda le statistiche sugli errori giudiziari veri e propri, dal ‘91 al 2022 il totale è di 222, con una media che sfiora i 7 l’anno. La spesa in risarcimenti è salita a 86.206.214 euro (pari a una media appena inferiore ai 2 milioni e 694 mila euro l’anno). Se invece consideriamo soltanto il 2022, da gennaio a dicembre gli errori giudiziari sono stati in tutto 8: uno in più rispetto all’anno precedente. Per il secondo anno consecutivo il dato complessivo relativo agli errori giudiziari resta sotto la soglia psicologica di 10.
Un occhio, infine, alla spesa totale in risarcimenti per errori giudiziari. Il 2022 ha visto schizzare clamorosamente questa voce di spesa: 9 milioni e 951 mila euro, oltre 7 volte in più rispetto allo scorso anno. “Ma a questo proposito è corretto ricordare – rileva Errorigiudiziari.com – che i criteri di elaborazione dei risarcimenti sono molto più discrezionali e variabili rispetto a quelli fissati invece dalla legge per l’ingiusta detenzione”.
“Sono passati venticinque anni da quando decidemmo di scrivere il libro ‘Cento volte ingiustizia’“, sottolineano Maimone e Lattanzi. “Nella metà degli Anni 90, quando il caso Tortora era ancora bene impresso nella mente di tutti gli italiani – spiegano – capimmo che quello del popolare presentatore di “Portobello” non era affatto un caso isolato. Decine, centinaia di persone come lui si trovano nelle carceri italiane da innocenti, oppure ne uscivano dopo essere stati riconosciuti tali, ma solo al termine di odissee giudiziarie penose, tremende, disumane“.
Fu questo inizio di consapevolezza che spinse i due giornalisti a raccogliere i cento casi di errori giudiziari italiani più emblematici e famosi, dal Dopoguerra ai giorni nostri, in unico volume che servisse a sollevare una riflessione seria e concreta su una delle più attuali e delicate questioni della giustizia: quella degli innocenti in carcere. Nacque così e ancora oggi, a distanza di tanto tempo, oltre a essere un documento che racconta cinque decenni di errori giudiziari italiani, mantiene tutta la sua spaventosa attualità.