L’Italia è rimasta ancora allo ius sanguinis: in un mondo globale andrebbe rivisto il concetto stesso di cittadinanza
Se parliamo d’immigrazione il plurale è d’obbligo, in quanto non esiste “il problema”, ma “i problemi”. Non esiste “la soluzione” ma “talune prospettive di soluzione”.
Ciò perchè il fenomeno è in continua evoluzione e trasformazione, spesso non ha soluzioni, oppure le situazioni cambiano da un anno all’altro e ciò che vale oggi, non vale l’anno successivo. La materia cambia tutti i giorni, e segue l’andamento dei governi, così che un giorno la legge è restrittiva, il mese dopo è larga di manica, ed il risultato finale è una completa incertezza ed assenza di regole certe.
In questa materia si deve essere in grado di cogliere il cambiamento, mantenere una costante apertura, e non soffermarsi a trovare soluzioni finali inesistenti, che valgano sempre e per tutti, e che infine si riducono a meri slogan politici, privi di contenuto e significato. Cercherò di spiegarmi meglio.
Lo straniero, se non ha permesso di soggiorno, è già fuorilegge, deve percorrere l’iter della richiesta di protezione internazionale, spesso rifiutata perchè la richiesta d’asilo è motivata solo da problemi economici, e non politici. Per questo egli ha necessità di un avvocato, o di un Centro di assistenza, che lo aiuti a superare le innumerevoli e gravi difficoltà dell’inserimento nel tessuto sociale della nazione che lo ospita.
Da illegale, lo straniero immigrato deve, o dovrebbe, diventare legalmente residente e da straniero deve, o dovrebbe, diventare cittadino italiano. Per questo percorso spesso non è sufficiente una generazione, ma ne occorrono almeno due, solo i figli iniziano a sentirsi cittadini italiani, e spesso neppure sono riconosciuti cittadini. Ho condiviso con tanti immigrati (a volte anche con molto disagio) le loro esperienze, sofferenze, speranze, vittorie, sconfitte. Ho anche cercato di aiutare chi non era preparato a molti inconvenienti in terra straniera, anche se spesso la competenza non era dell’avvocato, ma della Caritas. Ho fatto ciò che potevo per consigliare, indirizzare, avviare, ma nessuno mi ha mai chiesto soldi perchè in tali circostanze la dignità personale prevale e comunque va rispettata. Non è il mio compito aiutare economicamente chi si trova nelle difficoltà, ma spesso basta ascoltare, comprendere e condividere i problemi, perchè in tal modo l’individuo trova da solo la sua forza per risolvere le sue situazioni.
Abbiamo avuto buoni risultati di integrazione con le associazioni, che io stesso ho aiutato a creare dal punto di vista legale (lo statuto, gli organi sociali, le assemblee). La vita associativa era estranea a molte di queste popolazioni, o meglio, esse non avevano una visione democratica della vita associativa, e spesso vi era uno o più che “comandavano” sull’associazione. Gradualmente, ho visto che hanno imparato a comportarsi meglio ed a rispettare le decisioni assembleari, così hanno compreso taluni aspetti della democrazia, ed in tal modo la loro vita è migliorata senz’altro.
Si parla di più tipi di immigrazione: la prima immigrazione quella vera e propria degli stranieri che vengono in Italia per lavoro o per motivi di guerra o instabilità nel loro Paese. Un secondo tipo di immigrazione è quello dei discendenti di cittadini italiani che, emigrati negli anni 1800 e 1900, decidono ora di far valere lo ius sanguinis italiano, e vogliono riappropriarsi della loro cittadinanza italiana originaria, quella del loro antenato emigrato circa 100 o 150 anni prima.
Lo ius sanguinis difatti è una specialità italiana, tutti noi ci teniamo a dire che siamo discendenti di Giulio Cesare, o altra nobile casata, per cui ci sembra inconcepibile che si possa acquisire la nostra cittadinanza solo per “permanenza nel territorio“. Lo straniero immigrato, di regola, non dispone di fondi, ha pochi soldi perchè ha esaurito tutti i suoi averi per pagare il viaggio e gli intermediari, che al 99% sono i suoi stessi concittadini che, promettendo un futuro migliore, una casa, un lavoro, convincono il loro connazionale a vendere la propria casa ed a dare loro un sacco di soldi per emigrare.
Ma insomma, come evitare il fenomeno della immigrazione?
Avete mai sentito parlare delle invasioni barbariche? Erano gli stranieri che in massa venivano a Roma, perchè considerata ricca, ed uno dei nostri antenati forse veniva proprio dall’Asia di Gengis Khan. Quindi la storia si ripete e ciò è pressoché inevitabile. Si parla di 100 milioni di africani che verranno in Italia, e già molti ne sono arrivati. Possiamo mettere dei muri nel Mediterraneo? O chiudere i cancelli aperti sul mare? No certamente. Allora va rivisto il concetto di nazionalità e di cittadinanza. Questi concetti oggi hanno quasi perso il loro originario significato, visto che alla Patria viene preferito chi offre compensi medi maggiori e promette la casa con la TV, sia pure dall’altra parte del mondo.
Il mondo globale ha necessità di una nuova cittadinanza? Direi di sì, anche perchè i confini nazionali non sono quasi più rispettati da alcuno, e si possono superare in poche ore con l’aeroplano o un veloce motoscafo.
Gli antichi romani ampliarono sempre più il concetto di cittadinanza, fino a ricomprendervi tutti i cittadini dell’Impero. La stessa cosa è avvenuta per le altre civiltà. Abbiamo visto che anche l’economia si sposta ed oggi si è localizzata proprio nell’Asia orientale, per cui tutte le industrie sono li. Per questo non si dovrebbe avere tanta paura, ma consentire forse il massimo della circolazione e della mobilità, sia pur nel rispetto dei limiti normali. Basterebbe istituire una forma di INPS mondiale, per cui i versamenti per la pensione effettuati all’estero valgono a costituire la pensione nel tuo Stato di origine, e vedremmo tanti che tornerebbero in Bangladesh, anziché stazionare forzosamente in Italia per non perdere il diritto alla loro pensione. E se la pensione potesse maturare in tutti gli Stati, infine molti potrebbero lavorare dappertutto liberamente, senza essere vincolati al nostro Stato a fini pensionistici, e vi sarebbe una continua mobilità, un pò come avviene negli Stati Uniti in cui taluni Stati favoriscono determinati lavori, ma infine tutti i versamenti pensionistici rimangono nell’ambito della Federazione. In tal modo l’immigrato sarebbe libero di lavorare dove vuole e di spostarsi più di frequente.
Esistono poi delle situazioni particolari, ad esempio una condizione di arretratezza in molte regioni, per cui potrebbe essere necessario offrire un sostegno alla popolazione. Forse non tutti sanno che in molti Stati il reddito medio è di 30-50 euro al mese, circa quanto si spende per una cena la sera. Istituendo un fondo a carico delle popolazioni più ricche, si potrebbe intervenire in talune situazioni più gravi, offrendo assistenza e aiuto immediato. Sarebbe una specie di reddito di cittadinanza, non già generale, ma limitato ai casi più gravi, pagato con una imposta indiretta, ad esempio lo 0,00001 per cento di tutti i conti correnti, a titolo di tassa a favore delle popolazioni più povere. In breve tempo si potrebbero accumulare milioni di euro, senza alcun aggravio di imposta particolare, da destinare alle zone più svantaggiate, ed i cittadini di quei posti non avrebbero necessità di fuggire per sopravvivere.