È necessario un considerevole sforzo per aiutare gli studenti a recuperare competenze e conoscenze perdute durante la pandemia. Gli effetti di quel maledetto periodo stanno emergendo da alcuni mesi con estrema veemenza.
Milano – Il periodo è complicato, per usare un eufemismo, sotto ogni punto di vista. Dal versante economico, in primis, che è l’imbuto nel quale alla fine convergono molti altri ambiti sociali in fase critica. Dalla criminalità dilagante alla sanità fino all’istruzione, spesso snobbata o addirittura ostracizzata da molti governi. Non è mistero che, laddove l’ignoranza ha lo scettro, si fa più lieve il compito di ammansire o, forse più appropriato, ammaestrare le pecorelle smarrite. Il biennio pandemico da Covid-19 ha fatto deflagrare il comparto educativo, sotto l’egida di amministrazioni- bulldozer che hanno messo in fondo alla lista delle loro priorità le necessità di bambini e ragazzi.
A suffragare questo strale, uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Nature che evidenzia come i bambini abbiano perso più di 1/3 del valore di un anno scolastico di apprendimento durante la pandemia di Covid-19. Bersaglio principale: le abilità matematiche anziché la capacità di lettura. Motivazione forse questa da ascrivere più rarefatte competenze genitoriali dal versante aritmetico per supportare i loro figli, rispetto a quelle relative alla lettura.
Gli sforzi profusi qua e là per scongiurare ulteriori perdite a livello di apprendimento dopo la pandemia sono stati apprezzabili, ma non tali da far recuperare ai bambini in età scolare la perdita di conoscenze e competenze che hanno subìto.
“Questo sarà un grosso problema per questa generazione che ha vissuto la pandemia a scuola. Se non verranno affrontate, queste perdite di apprendimento influenzeranno il successo di questa generazione nel mercato del lavoro” dice Bastian Betthäuser, sociologo all’Università di Oxford.
L’innesco è stato la chiusura delle scuole, la pandemia di Covid-19 ha infatti causato la più grande interruzione dell’istruzione della storia: il 95% della popolazione studentesca mondiale è stata colpita dalla chiusura degli istituti educativi, con una media globale di circa 3,5 mesi di lockdown scolastico.
Lo studio di Nature si è basato su quasi 6.000 ricerche e studi sull’impatto della pandemia sull’istruzione. Sono stati esaminati i deficit di apprendimento nonché la perdita di competenze e conoscenze che i bambini avevano già ante pandemia.
Ciò che ne è scaturito è che, in media, i bambini in età scolare di tutti i gradi hanno perso il 35% del valore di apprendimento di un anno scolastico durante la pandemia e che queste lacune non erano ancora state recuperate a maggio 2022. Fortunatamente non ci sono solo aspetti negativi, ma vanno considerate anche abilità che i bambini potrebbero aver sviluppato o rafforzato durante la pandemia di Covid-19. Come ad esempio la confidenza con gli strumenti tecnologici per le comunicazioni a distanza e la loro autopercezione in tale ambito.
Un altro aspetto preoccupante che lo studio mette in luce è la disuguaglianza nella capacità di allestire un ambiente adeguato alla fruizione delle lezioni casalinghe. Ossia l’accesso a computer, strumenti digitali, una stanza per sé e l’insicurezza economica famigliare. Alla luce di questi fattori, la pandemia ha certamente rafforzato la disparità di apprendimento a livello globale. Gli effetti della pandemia sono e saranno più gravi per i bambini nelle regioni più povere, anche perché avranno a disposizione meno strumenti per recuperare il danno educativo loro inflitto.
Il tema educativo necessita di un percorso dal versante istituzionale e sociale. Per quanto riguarda il primo, vexata quaestio, sarebbe esercizio utile attuare iniziative politiche mirate e di congruo peso specifico atte ad aiutare i bambini/ragazzi a recuperare l’apprendimento e le competenze perdute. E non si tratta di qualche mese o un annetto, ma di un percorso che si deve dipanare nel corso degli anni. Ciò presuppone un piano educativo serio e che sia a prova di cambi governativi. L’istruzione è l’unica arma che i ragazzi devono imbracciare e non uno spauracchio da cui fuggire. Prima ancora, soprattutto in Italia, si dovrebbe ripensare, seriamente, la scuola, depurandola da gioghi ottocenteschi, innovazioni ridicole in stile luna park e meccanismi di assegnazione delle cattedre da circolo di briscola.
Dal versante sociale, ovvero da parte nostra, sarebbe proficuo attuare un profondo e obiettivo esame di coscienza sui due anni pandemici. Spoiler: ci ritroveremmo ad ammettere con grande amarezza che i più colpiti, in modo arbitrario e iniquo, sono stati bambini e ragazzi. Trattati come merce guasta, inizialmente additati come terribili untori, in seguito come scriteriati fannulloni, infine dimenticati. Come sempre. Senza considerare che il nostro domani passa solo ed esclusivamente da loro. Quindi, che futuro vogliamo?