Il ministro Nordio, ‘Il 2024 conferme sui buoni risultati raggiunti’. Ma tensioni e scioperi sono all’orizzonte.
Roma – Il valzer dell’Anno giudiziario ha un passo lento, stanco. Un copione monotono che si ripete di anno in anno, che parte dalla Corte di Cassazione e attraversa nella due giorni dedicata al bilancio della giustizia, e che non presenta novità se non negative. Da Nord a Sud la litania è servita, ricca di punti all’ordine del giorno che sono gli stessi di sempre. Un’amara sinfonia.
Carenze di organici, di magistrati, di risorse in un settore cruciale. E fiumi di dati che sono da bollettino di guerra, e che raccontano come la giustizia sia ormai un bene in estinzione. Molte sono comparsate simboliche, perché l’Anno giudiziario si deve celebrare. Ma in quali condizioni?
Sono gli Ermellini, al Palazzaccio – sede della Cassazione – rigorosamente in velluto rosso, ad aprire le danze del rito flemmatico dell’inaugurazione. C’è una novità: per la prima volta, nella storia della magistratura, una magistrata apre l’anno giudiziario nelle stanze della Suprema Corte. È la prima presidente, Margherita Cassano. Che “rende onore” a Sergio Mattarella seduto in prima fila, perché lui c’è, come sempre, mentre è assente la premier Giorgia Meloni che ha convocato il consiglio dei ministri alla stessa ora, e non c’era neppure un anno fa.
Cassano come si addice a un Presidente tocca tutti i punti che ruotano attorno alla giustizia, ma si sofferma sui temi del carcere, dei femminicidi e delle morti sul lavoro. Attualmente il sovraffollamento è di “62mila detenuti, rispetto ai 51 mila posti disponibili, anche se cominciano a registrarsi effetti deflattivi della riforma del 2022, con una diminuzione di persone in attesa di giudizio e un aumento dei detenuti definitivi”. Aggiunge che “l’aumento degli infortuni sul lavoro significa che serve una azione preventiva con controlli seri ed efficaci. Non è tollerabile che si continui a morire a causa del lavoro”.
Quanto ai femminicidi, ha ricordato che “su 330 omicidi nel 2023, le donne sono vittime in 120 casi e in 97 i delitti sono maturati in ambito familiare o affettivo. Sono spesso il tragico risultato di reati spia, che richiedono attenzione oltre che tempestività. Serve una forte azione di sensibilizzazione e prevenzione e bisogna promuovere l’indipendenza economica delle donne, per favorire la libertà di denuncia”.
C’è anche, ovviamente, il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, che parla di un 2024 come l’anno giudiziario delle conferme “dei buoni risultati che cominciamo a registrare, degli sforzi che non smettiamo di assicurare, delle opportunità che abbiamo di entrare in una nuova fase”. I rapporti con gli attori della giustizia però, toghe in primis, negli ultimi mesi del 2023 sono stati agitati. I magistrati sono stati sul piede di guerra, minacciati da riforme che prospettano separazione delle carriere e test psico-attitudinali e il clima non è certo sereno.
Stesso clima, se non peggio, per gli avvocati. Durante l’inaugurazione in Cassazione infatti, l’Unione Camere penali annuncia uno sciopero. La protesta, con astensione dalle udienze dal 7 al 9 febbraio, è contro l’aumento spropositato di nuovi reati, l’inerzia di fronte al sovraffollamento carcerario e la limitazione del diritto di difesa. I penalisti non ci stanno, nonostante i tentativi di dialogo con il Guardasigilli che conosce bene quel mondo. La misura è colma, perché la “normazione si è trasformata in una slot machine di nuovi reati”, dicono.
Ma Nordio resta soft, e dice che con le riforme si recupererà il 2 per cento del Pil. A dare una strigliata ai magistrati star ci pensa però il procuratore generale della Cassazione Luigi Salvato, che lancia il suo j’accuse contro le toghe che personalizzano le proprie funzioni. Basta con i processi mediatici. Salvato punta il dito contro la “smisurata giuria pubblica dei social media, che giudica in tempo reale”. Perché, dice – la “verità giudiziaria è solo quella raggiunta nell’osservanza del giusto processo di legge celebrato da magistrati ed avvocati; pretendere di sostituirla con improbabili indagini, abnormi plebisciti, significa distruggere le basi dello Stato di diritto e delle nostre libertà”.
Il Guardasigilli prosegue il suo tour delle celebrazioni alla cerimonia della Corte d’Appello di Brescia, dove spiega alla platea che entro il 2026 conta di riuscire a colmare il vuoto d’organico che c’è in magistratura. Tre concorsi sono già in piedi, per circa 400 posti, e un quarto sta arrivando. Il ministro ha scelto Brescia tra le 26 Corti d’Appello d’Italia per una ragione precisa: “Nel Giorno della Memoria ho scelto questa sede perché qui ci sarà quest’anno una rievocazione di un evento tragico che ha causato vittime innocenti”. Il riferimento è all’anniversario – il prossimo 28 maggio – per i 50 dalla strage di piazza della Loggia.
A Torino, dove partecipa il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro il clima non è di certo disteso. Il presidente della corte d’appello di Torino Edoardo Barelli Innocenti alza il velo sul tema della carenza di organico e non usa mezzi termini: ‘Il personale scarseggia, la criminalità lo sa e se ne approfitta’. E denuncia la “concorrenza sleale tra le amministrazioni pubbliche, ci portano via i giovani offrendo più soldi”. Non è finita. Innocenti richiama il governo ad ascoltare le toghe prima di varare riforme.
Delmastro per tutta risposta, dopo aver detto che “saturare le piante organiche della magistratura ordinaria è un risultato epocale” punta sull’abbattimento dell’arretrato, sul sapiente utilizzo dell’intelligenza artificiale e sulle assunzioni”.
L’amara sinfonia si sposta a Milano, dove il presidente della Corte d’Appello Giuseppe Ondei torna sui cronici ‘vuoti di organico’ del distretto giudiziario meneghino, dai magistrati al personale amministrativo. “Come si può pensare seriamente di raggiungere gli obiettivi del Pnrr?” si chiede, senza troppa retorica. Ma il colpo di grazia è l’affondo sulla sicurezza, con la denuncia dell’aumento dei reati commessi dai minori stranieri non accompagnati, e un preoccupante numero di episodi di risse tra bande giovanili. L’avanzata delle baby gang e furti, rapine ed estorsioni aumentati dal 29 al 35 per cento.
Da Nord a Sud la musica non cambia, anzi si trasforma in note da funerale. A Napoli è allarme ‘codice rosso’ con un boom allarmante di casi di violenza sulle donne. Il presidente, facente funzioni, della Corte di appello di Napoli, Eugenio Forgillo, ha anche evidenziato come “il tema dell’abuso di ufficio costituisca una consistente parte delle indagini delle forze dell’ordine in questo territorio“. Le frodi al bilancio nazionale e comunitario sfiorano i 260 milioni di euro, come risulta dalle indagini delle forze dell’ordine nel 2023.
Scendendo nelle terre del Sud ancora più di frontiera, a Palermo il grido d’allarme delle toghe è stata una disperata invocazione: “Più risorse contro degrado, miseria e mafia“. Il procuratore capo Maurizio De Lucia avverte: “non dobbiamo mai dare Cosa nostra per finita, ma al contempo non possiamo tenere conto che le risorse per combatterla sono limitate”, facendo notare che l’organizzazione crimininale “vive un momento di crisi che va colto”. E aggiunge che “dopo l’arresto di Matteo Messina Denaro, nel corso delle perquisizioni effettuate sono stati sequestrati 500 mila euro in gioielli e 300 mila in contanti, subito fatti confluire nel Fondo unico per la giustizia”.
A Venezia il procuratore generale Federico Prato snocciola i freddi numeri dell’escalation di omicidi. Ben 117, tra tentati (70) e consumati (47), il valore più alto dell’ultimo quadriennio e un aumento del 23 per cento rispetto all’anno precedente. Tra questi, 15 femminicidi, senza contare i casi clamorosi di Giulia Cecchettin e Vanessa Baldan, che vanno dall’1 luglio 2022 al 30 giugno 2023.
E ancora, Catania, dove si registra il primato nazionale di casi di devianza minorile e dispersione scolastica. Uno dei territori più esposti alla criminalità organizzata, dove il contesto di degrado non aiuta. Il presidente della Corte d’appello etnea, Filippo Pennisi, enunciando i dati allarmanti dell’abbandono scolastico che nella città metropolitana di Catania si attesta al 25,2%, ha però citato un dato positivo. Con il protocollo ‘Liberi di scegliere’ 4 donne appartenenti a organizzazioni criminali di vertice hanno deciso di aderire al percorso scegliendo di essere aiutate ad andare via dalla Sicilia con i figli minorenni, per sottrarli a un destino ineluttabile.
Una di loro ha addirittura deciso di accettare il programma di protezione e, pertanto, è stata sottoposta alle speciali misure tutorie previste per i collaboratori di giustizia. Una luce tra le grandi ombre che incupiscono le inaugurazioni nei distretti – come sempre – più simili a una commemorazione per gli effetti nefasti di una giustizia che non trova pace.