Smascherato stavolta dall’inviata de “Le Iene” Nina Palmieri, fra Rino rispedisce al mittente le gravi accuse. I suoi trascorsi però non giocano a suo favore. E giù l’ennesimo scandalo.
Bologna – L’Italia ormai gli calzava stretta per via delle sue scorribande in abito talare. Si è rifugiato infatti in Romania dove, con saio e barba da frate, spergiura di aiutare donne, disabili e bambini in difficoltà che accoglie in un B&B in località Baia Mare. In uno dei suoi straordinari travestimenti è tornato alla ribalta della cronaca “nera” Fra’ Rino, alias don Rino, oppure padre Michel Upmann, al secolo Gennarino Senatore detto Rino, 55 anni, nativo di Aarau, in Svizzera ma cresciuto a Sansepolcro, provincia di Arezzo, e poi trasferitosi a Bologna dove avrebbe dato il meglio di sé in quanto a guai con la giustizia.

Separato con una figlia, il buon Rino, trasformista di rara fama, ha battuto ogni record per quanto riguarda il suo curriculum professionale. L’odierno fratacchione in abito monacale bianconero è stato un ottimo chef (con diploma di scuola media superiore ad indirizzo alberghiero), sommelier, oste, cuoco di fiducia dell’imperatore del Giappone, ma anche agente segreto, ex ufficiale militare, già carabiniere del Ros, reporter di guerra, giornalista investigativo, padre spirituale, delegato politico di un noto partito, prete di un congrega in rotta con la Chiesa di Roma, nonché direttore ed editore del “Popolo d’Italia, nazionale”, quattro fogli tipografici spacciati per lo storico quotidiano politico fondato da Benito Mussolini.
La sua storia “criminale” inizia nel 2007 (quella di ottimo cuoco nel 2003 ad Arezzo con la “Bruschetteria Toscana, nel centro storico di Arezzo) sotto le Due Torri del capoluogo felsineo quando inaugura il ristorante “Il Bargello del Marchese” in via Sant’Isaia per poi lasciarlo andare in malora a seguito di debiti e buffi. Rino apriva poi la nota enoteca “Naso e Gola” in Portanova da dove, dopo alcuni mesi di fiorente attività, spariva dalla circolazione assieme a centinaia di bottiglie di vino non pagate. Prima di prendere il volo però Rino Senatore, pare per vendicarsi di presunti abusi subìti dai vigili urbani che avevano redatto numerosi verbali in merito a irregolarità riscontrate nell’osteria, inviava lettere minatorie alla segreteria dell’allora sindaco Sergio Cofferati.

Non contento il futuro padre Upmann avrebbe poi dato fuoco all’auto di tale Massimo Gibelli, dello staff del primo cittadino bolognese dell’epoca. Per questa sua genialata si beccava 2 anni e 6 mesi di reclusione poi comminati in affidamento ai servizi sociali (che non l’avrebbero mai visto) atteso un suo solo precedente per sostituzione di persona, manco a dirlo. Nel 2009 pare che Senatore ricadesse nella tentazione di inviare missive tramite fax e mail, stavolta a firma nientepopodimeno che del ministro dell’Interno.
L’oggetto del messaggio istituzionale parlava di modifiche alle elezioni degli enti locali. Il destinatario, più precisamente la vittima sacrificale designata da Rino, non era altri che l’ingegner Giovanni Salizzoni, capolista del Pdl all’epoca dei fatti e già vicesindaco del capoluogo emiliano. Nel supposto messaggio del Viminale sarebbero state indicate nuove linee guida elettorali che se fossero state autentiche avrebbero messo in seria difficoltà l’elezione del noto candidato. A parte il movente, rimasto in parte sconosciuto, Rino Senatore si professava estraneo ai fatti mentre la locale Prefettura dichiarava falso il documento giunto al povero Salizzoni, giustamente preoccupato:

”… Sono il delegato politico della lista Democrazia Cristiana-Terzo Polo – diceva in sua difesa ai giornalisti il buon Rino piuttosto risentito – la lista sostiene la candidatura a sindaco di Cazzola. L’altra sera ci siamo incontrati con Salizzoni e poi lui questa mattina mi ha chiesto di inviargliela. La posta elettronica aveva dei problemi e così ho usato il fax… Sconosco chi mi ha spedito la mail…”.
Da questo ultimo episodio (che gli costava altri guai giudiziari) e per qualche anno Rino Senatore si dileguava come un fantasma salvo riapparire, sempre a Bologna, nei panni di don Michel Upmann della Congrega di Papa Leone XIII prima e di San Michele Arcangelo dopo. Nei panni di don Michel, Rino Senatore esercitava la sua opera pia e di solidarietà sociale in alcuni appartamenti, di proprietà del Fondo edifici di culto del Ministero dell’Interno, in via De’ Monari 6. In questa sede avrebbe eletto domicilio la Casa Generalizia della Congregazione religiosa Papa Leone XIII, sodalizio religioso che avrebbe avuto a capo tale David Bell, sedicente cardinale inglese e fondatore della Roman Catholic Society of Pope Leo XIII con migliaia di seguaci in tutto il mondo, almeno sino al 2009.
Monsignor Bell (che pare sia stato davvero un cardinale della Chiesa di Roma) avrebbe ordinato decine di diaconi e sacerdoti tra cui Rino Senatore. Qualche mese dopo Rino-Don Michel si trasferisce a San Giovanni in Valdarno, in provincia di Arezzo, dove diventa addetto stampa e portavoce delle suore Clarisse del Cuore Immacolato di Maria con sede nel locale convento di località Montecarlo, pare di proprietà dei Frati Minori, per lo meno all’epoca dei fatti.

Nella chiesetta adiacente al convento (in cui erano in corso lavori di ristrutturazione grazie ai soldi che ricevevano da tutta Italia le suorine di “clausura”) il cardinale inglese avrebbe ordinato diaconi lo stesso Michel Upmann e un collega di tonaca, tale Antonio Fabbroni. E mentre Michel non perdeva tempo nel battezzare e somministrare altri sacramenti, le suorine giravano il Bel Paese a caccia di soldini per, dicevano loro, rimettere in piedi il convento in larga parte pericolante ma non di loro proprietà… E mentre le suore, false o vere che siano state, vendevano unguenti e creme per la pelle agli ignari cittadini di Bologna, Firenze e Torino, piangendo miseria, don Michel si dileguava un’altra volta.
Il vescovo di Fiesole, di contro, faceva piazza pulita e ordinava la restituzione del convento ai Francescani sciogliendo anche il presunto ordine monastico. Don Rino rispuntava a Bologna nelle nuove vesti di “Superiore dell’Opera San Michele Arcangelo“. Per raccattare qualche euro l’ex grande chef pare affittasse le camere di via De’ Monari a studenti ed extracomunitari ma la polizia é sulle sue tracce e giù altri guai giudiziari che culminavano con il suo arresto. Nel frattempo la vicenda della Casa Generalizia, delle due congreghe e dello strano mondo che orbitava intorno ad altre due sedi, si allargava a macchia d’olio prima di cadere nell’oblio, e siamo nel 2012.

Un passo indietro è d’obbligo: tra la fine del 2009 e gli inizia del 2010 Rino Senatore, stavolta in abiti civili, nei locali presi in affitto (e mai pagato) da altro ordine monastico, inaugurava la redazione de “Il Popolo d’Italia, nazionale” di cui diventava editore e direttore. Giusto il tempo di combinare altri guai. Senatore, nei panni di giornalista d’assalto, avrebbe ricevuto la confessione di una donna che diceva di essere, assieme al fratello, la sorellastra di Luca Cordero di Montezemolo, capo della Casa automobilistica di Maranello dal 1991 al 2014. Una analisi del Dna, ricavato dalla saliva del famoso presidente della Ferrari prelevata su un bicchiere in cui Montezemolo aveva bevuto durante una festa, lo avrebbe dimostrato.
Per non pubblicare quella notizia il direttore-don Rino avrebbe chiesto ben 180mila euro e cosi scattava l’ennesima denuncia e gli inevitabili macigni giudiziari. Nonostante Senatore avesse sempre dichiarato che si trattava di soldi richiesti, ma mai ottenuti, e riferiti all’acquisto di pubblicità sul suo giornale. Cosa sempre negata dalla controparte. Ma Senatore o meglio Michel Upmann diventava, nel frattempo, reporter di guerra, con il compito di realizzare un reportage in Libia per le manifestazioni contro Gheddafi e Al Cairo durante la Primavera Araba. In questa ultima occasione don Rino, alias il reporter Upmann veniva ferito da un colpo d’arma da fuoco sparato da un cecchino e riparava in un ospedale da campo in zona d’operazioni.

In quell’occasione alcune associazioni italiane, con ampi articoli pubblicati sul web, avallavano il racconto di Senatore salvo poi cancellare i post per timore di essere coinvolte in uno scandalo. Dopo alti e bassi, fra condanne e assoluzioni, altre denunce e frequenti presenze nelle aule di giustizia, Fra’ Rino approdava (d’ufficio) in una comunità di Noto, in provincia di Siracusa, nei panni di eremita urbano o, se preferite, di frate laico. Correva l’anno 2017 e Senatore giungeva in terra siciliana per un presunto cammino di conversione.
Sinceramente “pentito” dei suoi trascorsi l’eremita sembrava rigare dritto per alcuni mesi tanto da guadagnarsi il ruolo di collaboratore del diacono responsabile della mensa. Poi un’altra tegola si abbatteva sulla sua testa con tanto di chierica: in chiesa qualcuno aveva rubato i soldi delle elemosine. Il video di una telecamera installata dal diacono avrebbe ripreso proprio Fra’ Rino in azione mentre apriva la cassa per prendere il denaro. Fine dell’ennesima storiaccia: intervento della polizia e altre denunce. Anche in questo caso Senatore si dichiarava vittima di una macchinazione e faceva scrivere ai giornali dal suo difensore dell’epoca minacciando querele.

Da allora, per ben 8 anni, di lui si sarebbero perdute le tracce ma alcuni mesi addietro è scoppiata l’infinitesima bomba: don Rino è vivo e vegeto e si è trasferito in Romania. Una signora, sapendolo coinvolto in opere di beneficenza e assistenza ai più deboli e diseredati, ha pensato bene di sborsargli 100mila euro. Dopo di che l’irriducibile frate dal saio iuventino non avrebbe più dato notizie di sé. Vero o falso?

In quel di Baia Mare, presso la Casa Famiglia San Michele, e per nome e conto di un sodalizio Onlus con sede a Roma, fra Rino presterebbe la sua opera di religioso laico occupandosi di ragazze in difficoltà, disabili e bambini abbandonati a cui darebbe un tetto, cibo e assistenza. Stranamente però la struttura ricettiva, una sorta di elegante casale con diverse decine di vani, è pubblicizzata su Booking come un resort o, meglio, come un B&B per usufruire del quale, su prenotazione, occorre sborsare un bel po’ di soldi.
E proprio in Romania Fra’ Rino è stato raggiunto da Nina Palmieri, inviata de “Le Iene” di Italia 1, che lo ha inseguito per saperne di più sui soldi che avrebbe ricevuto da più persone. Rino Senatore ha risposto che è tutto a posto e che non teme nulla mentre pare che anche la polizia rumena si stia interessando del caso. Insomma l’indomabile confratello non conosce limiti territoriali ma, ahimè, la sua fama ormai lo precede e non c’è più un posto sicuro per il nostro trasformista che non demorde nel mettere a segno i suoi colpi di…fortuna.
https://www.iene.mediaset.it/video/nina-fra-rino-colpisce-ancora_1396293.shtml
Don Michel, Fra’ Rino o se volete il grande cuoco dell’imperatore del Giappone, pare non abbia mai agito da solo. Ieri come oggi più persone lo avrebbero sostenuto nelle sue imprese. Nel passato un alto prelato inglese, spalleggiato magari da prelati italiani “veri” a caccia di emozioni, oggi da un’associazione non lucrativa di utilità sociale che tramite il frate italiano perseguirebbe i propri fini istituzionali, ovviamente meritori e di grande rilevanza sociale. Ma sarà proprio cosi?