Il Ponte sullo Stretto? Ricade nella “zona rossa” della faglia (quindi per legge non si può fare)

Secondo uno studio presentato dal Comune di Villa San Giovanni, la struttura è prevista in un’area a rischio sismico e quindi totalmente non edificabile.

Il prossimo 2 giugno, quindi fra pochissimo, scade il termine dei 60 giorni per le osservazioni al piano degli espropri depositato dalla società Stretto di Messina al ministero delle Infrastrutture, preliminare alla realizzazione del “ponte della discordia”. Un tema sul quale il Comune di Villa San Giovanni – facente parte della Città metropolitana di Reggio Calabria – ha tenuto oggi un Consiglio comunale aperto, nel quale il grande protagonista è stato lo studio firmato dall’ingegnere Paolo Nuvolone che il Comune depositerà al ministero insieme alle altre osservazioni.

Secondo quanto anticipato da Repubblica, infatti, lo studio mostra che «a norma di legge il Ponte sullo Stretto non si può fare. Sul versante calabrese la struttura ricade per intero nella fascia di non edificabilità stabilita nel 2015 all’esito gli approfondimenti avviati dall’Ispra sulle faglie attive in Italia […] I punti di ancoraggio, il pilone, il pontile e gli svincoli previsti ricadono esattamente nell’area di totale inedificabilità indicata per legge».

Si tratta dell’ennesimo gigantesco problema per un’opera che sin dal nascere ha sollevato soltanto polemiche e che solo qualche anno fa lo stesso ministro Matteo Salvini, che ora la difende a spada tratta, considerava inutile e costosa.

Vittime del terremoto del 1908: furono tra le 75 e le 82mila

Il Ponte è contestato non solo dagli ambientalisti, ma anche da numerosi esperti – in primis il geologo Mario Tozzi – i quali sollevano dubbi e perplessità non solo sui costi esorbitanti e sulla fattibilità oggettiva. La zona è da sempre a forte rischio sismico: basti pensare al famigerato terremoto del 28 dicembre 1908 che colpì Messina e Reggio Calabria – di magnitudo 7,1 – seguito da uno spaventoso maremoto che rase al suolo i due centri quasi completamente.

L’apocalittico evento costò la vita a metà della popolazione della città siciliana e a un terzo di quella della città calabrese. Fu la più grave catastrofe naturale in Europa per numero di vittime – tra le 75 e le 82mila, si stima – a memoria d’uomo, e il disastro naturale di maggiori dimensioni che abbia mai colpito il territorio italiano in tempi storici. Ora lo studio reso pubblico dal Comune di Villa San Giovanni, ennesimo capitolo di una storia che non vuole finire.

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