Il piano Lollobrigida: carabinieri forestali sotto controllo e sanzioni agli animalisti

Il provvedimento che approda stasera in Cdm solleva da parte delle opposizioni sospetti di favoritismo verso il mondo venatorio.

Roma – Carabinieri forestali sotto il controllo del ministero dell’Agricoltura, sanzioni ad hoc per gli animalisti e esercito in campo contro la peste. Dovrebbero essere i punti chiave del piano proposto dal ministro Francesco Lollobrigida: due mesi fa lo aveva promesso e ora il decreto è in dirittura d’arrivo. Dovrebbe finire nell’ordine del giorno del Consiglio dei ministri di questa sera. Un piano che solleva preoccupazioni per le sue implicazioni potenzialmente controverse.

La proposta di integrare i carabinieri forestali sotto il suo controllo suscita dubbi riguardo alla neutralità delle forze dell’ordine, nell’applicazione delle leggi ambientali. Inoltre, l’idea di introdurre sanzioni ad hoc per gli animalisti pone interrogativi sulla libertà di espressione. E la decisione di coinvolgere l’esercito per la gestione della peste suina, sarebbe giustificabile solo in situazioni di grave emergenza sanitaria. Secondo le critiche, il provvedimento strizza l’occhio al mondo venatorio, favorendo cacciatori e bracconieri. In modo particolare, nelle disposizioni in cui si prevede la limitazione dell’attività dei carabinieri forestali, nelle funzioni volte alla tutela ambientale. Se oggi venisse approvato in Cdm, dicono gli oppositori, i controlli per la tutela dell’ambiente sarebbero indeboliti.

Il ministero dell’Agricoltura, secondo il piano, assume i poteri sul Comando unità forestali, ambientali e agroalimentari (CUFAA), meglio noti come carabinieri forestali. Sanzioni per gli animalisti, con una norma dedicata e costruita su misura. E infine, terzo passaggio. La questione della diffusione della peste suina. “Si propone l’abbattimento indiscriminato per mano di contadini e cacciatori, eseguito in modo arbitrario”, accusa l’opposizione che solleva preoccupazioni riguardo alla gestione etica della fauna selvatica e alla protezione delle specie in pericolo. Inoltre, l’intervento dell’esercito è previsto per affrontare l’emergenza della peste suina. “Un approccio drastico e militarizzato della gestione delle crisi sanitarie”, incalzano le opposizioni.

L’articolo 7 del decreto punta sulla questione della peste suina, una malattia virale che può avere gravi conseguenze sull’economia agricola in generale, prevedendo per l’anno 2024 e il 2025, rispettivamente cinque milioni e quindici milioni i euro. Il piano di abbattimento dei suini è disciplinato dall’articolo 7. La disposizione autorizza le forze armate a svolgere il servizio per un periodo massimo di dodici mesi, rinnovabile una sola volta. Un’azione temporanea e limitata nel tempo, anche se l’impiego di 177 unità indica un impegno considerevole.

“Il decreto-legge del ministro Lollobrigida è devastante per gli animali e per i diritti“. Questo il commento di Luana Zanellacapogruppo di Alleanza Verdi e Sinistra alla Camera. “Seguendo il progetto leghista in discussione in commissione Agricoltura, in sostanza, si vuole dare libertà di caccia alle specie selvatiche, mettendo al bando le linee guida dettate dalla scienza”. Per il momento il piano al vaglio del Cdm ha avuto una prima conseguenza. L’ex presidente di ArciCaccia, Osvaldo Veneziano, si è dimesso dal Comitato scientifico dell’associazione per la perdita di identità dell’ArciCaccia.

Motivo? “Ritiene necessario un nuovo orientamento strategico, culturale e sociale della caccia che va in direzione contraria a quello prospettato anche in queste ore dal governo Meloni della caccia selvaggia e dei Carabinieri forestali sotto il controllo di Lollobrigida e con l’Ispra depotenziata fino all’inconsistenza”. Veneziano ricorda che l’ArciCaccia non aveva mai avuto remore a prendere posizioni poco popolari tra i cacciatori: ha voluto i Parchi, s’è opposta alla caccia primaverile e all’uccellagione, ha chiesto la chiusura della caccia al fringuello, ha combattuto per far estromettere la Federcaccia dal Coni “Così il Paese ha riconosciuto che la caccia non è uno sport”.

Veneziano è, nonostante tutto, fiducioso nella trasformazione “sostenibile” della pratica venatoria ma nella sua lettera di dimissioni ha avvertito che “per trasformare il residuo brandello che anche noi chiamiamo caccia (già in necrosi), in cultura e pratica della gestione faunistica, vedo una sola possibilità: gestione e prelievo conservativo, rispettosi di quei principi scientifici di precauzione, fotocopiando il significato riportato nei nuovi vocabolari online così da concorrere a garantire la biodiversità, il suo futuro e non il suo consumo”. 

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