Considerato il numero uno dell’Anonima sequestri sarda è l’unico detenuto che è riuscito ad evadere dal carcere dell’Asinara, uno dei più sicuri d’Europa. Nel 2003 venne uccisa a fucilate la figlia e l’omicidio è rimasto un caso insoluto. Oggi Matteo Luca Boe è un uomo libero, unico depositario dei suoi segreti.
Lula – Il nome “Asinara” fa ancora venire i brividi alle persone di una certa età, mentre ai giovani non dice proprio nulla. L’isola del Mediterraneo, posta fra il Mar di Sardegna e il Mare di Corsica, fa parte del comune di Porto Torres, in provincia di Sassari. Scoperta dai romani era stata adibita, nei primi anni del 1900, a luogo di quarantena per equipaggi di navi sospette di epidemie a bordo.
Nel 1915 divenne prigione per migliaia di soldati austroungarici, e poi colonia penale agricola. Tra il 1937 e il 1939 vennero trasferiti qui centinaia di prigionieri etiopi. Dal dopoguerra l’Asinara diventò a tutti gli effetti un’isola-carcere, luogo destinato ai fondatori delle brigate rosse. A seguito di una sanguinosa rivolta, il 2 ottobre del 1977, che denunciò torture e sevizie che si erano consumate negli anni in danno dei detenuti, il carcere venne temporaneamente dismesso negli anni 80 per poi riaprire, dopo le stragi mafiose, ai detenuti in regime di 41 bis.
Il carcere subì poi alterne vicende, durante le quali sevizie e maltrattamenti continuarono sino ad un provvedimento ministeriale che ne decretò la chiusura. Oggi l’Asinara è una riserva marina, un posto incantato ma lugubre a ricordo di tanta violenza e sopraffazione. Il carcere era stato dichiarato uno dei più sicuri e inviolabili. Questa certezza fu resa traballante dall’unico detenuto che riuscì ad evadere da quell’inferno di sangue e sofferenze: Matteo Luca Boe.
L’uomo, oggi di 65 anni, è stato uno dei maggiori esponenti dell’Anonima sequestri sarda. Diventato poi quasi una leggenda per via del suo credo politico e per l’attivismo nell’indipendentismo sardo, che ricorda da vicino il siciliano Salvatore Giuliano, Boe riuscì a fuggire dall’isola, dove era stato ristretto per scontare una condanna a sedici anni di carcere, nel 1983, in seguito al rapimento della giovane Sara Niccoli.
Rimanere in quella fortezza era come tenere in gabbia un leone. Cosi Boe decise di svignarsela assieme a Salvatore Duras, un altro conterraneo in galera per furto. Il piano, studiato a tavolino nei minimi particolari, risulterà perfetto. Dopo aver tramortito un’agente mentre svolgevano un lavoro nel padiglioni dei mestieri, i due galeotti riuscivano a raggiungere la costa dove una donna, Laura Manfredi, moglie di Boe e come lui impegnata politicamente, li aspettava a bordo di un gommone.
I due si erano conosciuti alla facoltà di Agraria dell’università di Bologna dove studiavano entrambi. Dopo il colpo di fulmine Laura e Matteo erano rimasti insieme legati dagli affetti e dalla politica. Il compagno di fuga di Boe venne catturato qualche settimana dopo mentre la latitanza del Papillon di Lula durò ben sei anni.
Boe, uccel di bosco, si macchiava di altri crimini. Rapiva a Roma il noto imprenditore Giulio De Angelis, e poi in Sardegna si rese responsabile del rapimento del piccolo Farouk Kassam, nel 1992, a cui fu brutalmente mozzato un orecchio. Il bambino fu lasciato libero dopo 177 giorni di prigionia, grazie anche alla mediazione di Graziano Mesina, altro criminale sardo oggi detenuto a Opera.
Nello stesso anno Boe veniva arrestato in Corsica, dove si trovava per alcuni giorni di vacanza con moglie e due figli. Estradato nel 1995 con una condanna a 25 anni di detenzione tornava in galera. Nel 2003 una scarica di pallettoni uccise la figlia Luisa, 14 anni, che si trovava sul balcone di casa per stendere la biancheria e che forse era stata scambiata per la moglie, il vero obiettivo del commando criminale:
”…In tutti questi anni – aveva detto Matteo Boe dal carcere – ho visto mia figlia soltanto attraverso un vetro. Le nostre mani ogni volta erano divise da una parete. Assurdo, me l’hanno uccisa senza darmi la possibilità di abbracciarla…”.
Luisa è un vittima innocente, una vittima di mafia. Per la ragazzina però nessuno organizza fiaccolate men che meno manifestazioni alla memoria e preghiere. Gli abitanti di Lula sono scossi ma non hanno il coraggio di scendere in piazza. La paura dei criminali e dell’ambiente a cui lo stesso Boe apparteneva costringono al silenzio tutti cittadini per bene del piccolo paese arroccato sulle montagne del Nuorese.
Gli inquirenti, nel frattempo, proseguno le indagini. Due sono le piste privilegiate: il delitto passionale e quello politico. Un po’ troppo frettolosamente si dà ampio spazio alla prima pista tanto che finirà dietro le sbarre un giovane di Lula che avrebbe avuto una presunta relazione con la vittima. Il giovane verrà assolto in Cassazione per non aver commesso il fatto. Chi ha ammazzato la figlia di Matteo Boe?
Laura Manfredi, a seguito dell’omicidio della ragazzina, accusò l’allora maresciallo dei carabinieri di non aver indagato a sufficienza e venne processata per calunnia, uscendone assolta. Ancora oggi l’uccisione della ragazzina è un caso insoluto. Matteo Luca Boe dal 2017 ed è un uomo libero. Ha tenuto per sé il segreto della fuga dalla Alcatraz italiana.