Il nuovo piano pandemico, tra scontro politico e la ricerca della verità sulle vittime

Dai vaccini allo stop ai Dpcm. Ecco cosa prevede il testo inviato il 19 febbraio alla Conferenza Stato-Regioni per essere esaminato.

Roma – C’è un nuovo Piano nazionale pandemico, inviato il 19 febbraio alla Conferenza Stato-Regioni per essere esaminato. Il Governo ha previsto un documento aggiornato per una eventuale futura emergenza sanitaria: la notizia è emersa il 20 febbraio, a cinque anni esatti da quando, nel 2020, all’ospedale di Codogno arrivò il risultato del tampone effettuato su un giovane, Mattia Maestri, il noto “paziente 1”. Seguirono mesi durissimi, ma se l’emergenza è superata, gli esperti dell’Istituto superiore di sanità (Iss) invitano a non dimenticare quanto accaduto perché il monitoraggio del virus non va interrotto. Rispetto a cinque anni fa, abbiamo tuttavia un piano aggiornato per affrontare una nuova pandemia, ma resta il nodo critico dei fondi.

Sono stati oltre 197mila i morti in totale, un drammatico bilancio della pandemia di Covid-19 in Italia dal giorno in cui il virus SarsCov2 ha fatto “ufficialmente” il suo ingresso nel nostro Paese. Ma cosa prevede questo nuovo piano? Intanto il ministro della Salute Orazio Schillaci, richiamando subito alla memoria le forti polemiche di chi ha criticato la gestione del coronavirus dei premier che hanno dovuto affrontare gli anni più difficili della pandemia, Giuseppe Conte e Mario Draghi, afferma: “Saranno tutelate le libertà e soprattutto i cittadini”. Dai vaccini alle misure come test e isolamento, fino ai poteri del governo in caso di emergenza, ecco cosa prevede il Piano. Il documento, visionato dall’ANSA e anticipato dal Corriere della Sera, presenta diverse modifiche rispetto alle bozze circolate nei mesi scorsi.

Partendo dai vaccini: ne riconosce l’importanza per il contrasto alle pandemie ma allo stesso tempo la limita mettendo in chiaro che “non possono essere considerati gli unici strumenti per il contrasto agli agenti patogeni ma vanno utilizzati insieme ai presidi terapeutici disponibili”. Tutte le misure che verranno adottate dovranno comunque “essere periodicamente aggiustate in base alle circostanze locali e alle caratteristiche epidemiologiche e cliniche dell’infezione e ad altri fattori come l’immunità della popolazione, la capacità dei servizi sanitari e la disponibilità di contromisure mediche efficaci come i vaccini e le terapie”. Ecco che si arriva ai tanto contestati Dpcm.

Durante la pandemia da Covid-19, i partiti che adesso sono a Palazzo Chigi avevano spesso sottolineato un uso improprio dei Dpcm (decreti del presidente del Consiglio dei ministri), atti amministrativi e non legislativi, per imporre le regole da seguire per fermare il contagio. Non succederà più: viene escluso “l’utilizzo di atti amministrativi per l’adozione di ogni misura che possa essere coercitiva della libertà personale o compressiva dei diritti civili e sociali”. Si procederà dunque “solo con leggi o atti aventi forza di legge e nel rispetto dei principi costituzionali” nel caso in cui si debbano imporre “misure temporanee, straordinarie ed eccezionali. Per atti aventi forza di legge si intendono decreti legislativi e decreti legge.

E il Commissario straordinario? Come successo durante il coronavirus, “in caso di necessità” il Piano prevede e conferma la nomina di questa figura per gestire l’emergenza, “un ufficiale nominato dal governo che agisce in deroga alle disposizioni ordinarie e per un tempo determinato, allo scopo di far fronte a eventi straordinari attraverso poteri esecutivi speciali”. Sulle informazioni alla popolazione, si evidenzia che saranno divulgate dalle istituzioni preposte, tanto al personale medico-sanitario quanto ai non addetti ai lavori, in maniera tempestiva e puntuale, attraverso piani comunicativi pubblici e redatti in un linguaggio semplice e chiaro”. Ma ci sono precisazioni sul consenso informato: “È necessario informare debitamente la popolazione in modo che sia pienamente consapevole delle misure di sanità pubblica e degli atti medici individuali per cui è previsto per legge un consenso informato”.

Nel piano vengono ipotizzati diversi scenari: in quello peggiore, che il Piano associa a un coronavirus caratterizzato da patogenicità “grave”, i ricoveri complessivi potrebbero oscillare da 570.715 a 3.047.150 e gli accessi in terapia intensiva da 68.697 a 366.787. Al picco potrebbero essere necessari tra 20.986 e 2 milioni di posti letto per ricoveri ordinari e tra 2.779 e 269mila in terapia intensiva. Il picco di posti letto in terapia intensiva, durante la pandemia da Covid 19 è stato registrato il 3 aprile 2020, quando 4.068 persone erano ricoverate in terapia intensiva. In una nota la deputata Alice Buonguerrieri, capogruppo di Fratelli d’Italia in commissione bicamerale d’inchiesta sul Covid tiene a precisare: “Mai più norme vessatorie nei confronti dei cittadini. Mai più le Camere disautorate da un inopinato autoritarismo attuato col favore delle tenebre”.

Il nuovo Piano nazionale pandemico inviato in Conferenza Stato-Regioni, afferma, “costituisce una svolta nel segno della libertà e del buonsenso scientifico. Esso esclude, infatti, l’utilizzo di atti amministrativi per l’adozione di misure di contrasto ad eventuali nuove pandemie che comprimano i diritti individuali. Non solo. La nuova strategia, infatti, riconosce sì l’importanza dei vaccini, ma non esclude l’utilizzo di altri presidi terapeutici per contrastare agenti patogeni. Prevista, inoltre, una comunicazione chiara e costante per divulgare a medici e non addetti ai lavori le evidenze scientifiche dietro a ogni misura presa. Questo nuovo Piano nazionale pandemico chiude finalmente l’epoca buia della gestione della pandemia di Covid e apre una nuova stagione all’insegna della trasparenza”.

Di parere diverso la senatrice Pd Ylenia Zambito, capogruppo in commissione d’inchiesta Covid: “In ritardo di due anni, oggi le Regioni hanno ricevuto dal Ministero il nuovo piano pandemico nazionale. Un piano, come abbiamo potuto apprendere dalle bozze, – afferma – che attua pedissequamente le disposizioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Una buona notizia, viene da dire. Ma rimane il dubbio, fortissimo, che proprio per questo motivo il piano pandemico possa essere rimasto ostaggio delle divisioni dentro la maggioranza. E’ nota a tutti la volontà di un pezzo della coalizione di Governo, la Lega, di portare l’Italia fuori dall’Oms. Ha ragione Bassetti, il piano pandemico è scienza e prevenzione, non può in nessun modo essere condizionato dalla politica. Anche perchè parliamo della stessa politica che sta usando una commissione parlamentare, quella Covid, come strumento di lotta politica e non come organo di analisi e confronto”.

Intanto però, fuori dalla querelle politica, restano i morti e le loro famiglie. Le associazioni e familiari delle vittime per Covid-19 si sono riuniti proprio in queste ore in un presidio davanti al palazzo di giustizia di Firenze. E chiedono indagini sui decessi per Covid avvenuti in ospedale e giustizia per chi sarebbe rimasto danneggiato dal vaccino. Nei prossimi giorni si terranno altri presidi davanti ai tribunali di Bologna, Bergamo, Monza, Brescia, Genova e Ravenna. L’iniziativa culminerà con un presidio il prossimo 9 giugno davanti al ministero della Salute a Roma. “Abbiamo deciso di dare vita a queste manifestazioni proprio per chiedere al governo e alla magistratura di intraprendere indagini perché vogliamo che venga preso in carico ciò che è successo ai nostri cari, deceduti negli ospedali, e a tutti coloro che sono stati danneggiati dai sieri”, spiegano Simonetta Filippini e Tania Bertelli, organizzatrici della manifestazione.

Simonetta Filippini a causa del Covid perse il marito con il quale nel 2021 era andata in India per completare l’adozione della loro bambina. I due coniugi e la figlia adottiva a Nuova Delhi contrassero il Covid e rimasero bloccati in India. Al ritorno in Italia l’uomo venne ricoverato e morì in ospedale. “Vogliamo che venga accertato e riconosciuto quello che è successo ai nostri familiari che non sono più usciti dagli ospedali – aggiungono Filippini e Bertelli – Abbiamo prove, filmati e ci sono le cartelle che parlano, ma in questo momento la magistratura è assente e silente. Vogliamo avere risposte chiare e lo stesso per i sieri, vorremmo che fossero riconosciuti le correlazioni e gli effetti avversi che hanno provocato sia le morti ma anche tutte quelle sofferenze che tante persone continuano a portarsi addosso”.

L’avvocato Carlo Taormina, che assiste queste associazioni aggiunge: “Abbiamo presentato denunce e istanze di riapertura dei procedimenti che si sono in precedenza chiusi con provvedimenti di archiviazione. Abbiamo ottenuto anche qualche risultato ma c’è una lentezza straordinaria nell’affrontare questi problemi”.

Facebook
Twitter
LinkedIn
WhatsApp
Email
Stampa