Il ‘nuovo’ piano pandemico e la logica del ‘tutto cambia perché nulla cambi’

Lockdown, limitazioni della libertà individuale, vaccini, medici in vigile attesa, ospedali che scoppiano e potenziamento dei posti letto ancora da completare. Ma non è il film già visto durante il Covid19?

Roma – Lockdown, limitazioni della libertà individuale per tutelare la salute della collettività, vaccini, medici in vigile attesa e ospedali che scoppiano. Ma non è un film già visto? Impossibile non ricordarlo, sono esattamente le stesse misure adottate per contrastare il Covid 19. Ma quindi c’è lo spettro che quei tempi tornino di nuovo? Ebbene sì, secondo quanto contenuto nella bozza di 218 pagine del ‘nuovo’ piano pandemico del Ministero della Salute 2024-2028 che ora è al vaglio della Conferenza Stato-Regioni. Ma cosa c’è di ‘nuovo’? In linea di massima, pur trattandosi di una bozza, pressoché nulla sul piano formale e strutturale.

La situazione è di gattopardiana memoria, con la logica del ‘cambiare tutto per non cambiare niente’. Perchè la bozza del piano pandemico aggiornato 2024-2028 trapelata in queste ore, sembra ripercorrere gli stessi schemi, per non dire errori, che sono costati vite umane, processi alle intenzioni e alle persone, e tante storture che potevano essere evitate. Il governo attuale vuole percorrere le stesse strade che ha criticato aspramente? Sembra uno scherzo ma non lo è. I nemici di Conte e Speranza stanno ripetendo lo stesso copione.

Si tratta di una bozza ma da quanto è dato sapere non dovrebbero esserci modifiche strutturali, una limatina al massimo prima dell’approvazione della Conferenza Stato-Regioni e la conseguente pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. C’è un che di sbalorditivo nell’assistere a una commedia trita e ritrita, e sembrerebbe uno scherzo se non avessimo ascoltato le parole del direttore generale dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus che – intervenendo al World Economic Forum a Davos – ha definito il Covid ‘la prima malattia X’ dicendo che ‘può succedere ancora’.

Il direttore generale dell’Oms

E la chiusura di Tedros di fronte alla platea di Davos è da film dell’orrore: “Il tempo di prepararsi alla nuova pandemia è adesso, non quando arriva”. Tra le righe messaggi di certo non subliminali, mantenere lo stato d’allerta perenne, credere al Dio vaccino anche se sperimentale, essere coscienti che la libertà non esiste, e se esiste si è tra i sobillatori e fomentatori di ostilità contro l’ordine costituito. Ecco che allora gli errori commessi durante il coronavirus entrano a pieno titolo a fare parte del ‘sistema’.

Il Governo insieme alle Regioni sarebbero alle battute finali per la stesura del piano realizzato tenendo in considerazione le indicazioni pubblicate dall’OMS nel 2023 con il documento “Preparedness and Resilience for Emerging Threats Module 1: Planning for respiratory pathogen pandemics Version 1.0”. E presenta alcune ‘innovazioni’ rispetto al Piano strategico-operativo nazionale di preparazione e risposta a una pandemia influenzale (PanFlu) 2021-2023.

Cinque i principali obiettivi fissati: ridurre gli effetti di una pandemia; consentire azioni appropriate e tempestive; ridurre l’impatto della pandemia sui servizi sanitari e sociali; tutelare la salute degli operatori sanitari; informare e responsabilizzare la comunità. Indicato come essenziale anche il monitoraggio, con un “ampliamento degli operatori sanitari nelle attività di contrasto alla pandemia”. Tra le misure, priorità a test diagnostici, distanziamento fisico, mascherine, isolamento e limitazione degli assembramenti, ma anche potenziamento dei laboratori virologici e tracciamento costante dei contatti.

Ma partiamo dall’argomento più dibattuto, che ha scatenato bagarre politiche, battaglie all’ultimo sangue e manifestazioni di piazza. I vaccini, che, nonostante si siano verificati non pochi casi di reazioni avverse, continuano a essere il Verbo. Definiti a priori le misure ‘preventive più efficaci contraddistinte da un rapporto rischi-benefici significativamente favorevole’, sono innalzati nelle sfere del più alto valore solidaristico per la protezione di sé stessi e della collettività. Ai vaccini viene attribuito ancora una volta un ruolo rilevante. Per questo viene considerata cruciale la sensibilizzazione delle persone attraverso una comunicazione semplice ed efficace dei benefici e dei rischi correlati a tale atto, contrastando la disinformazione e fornendo risposte adeguate alle preoccupazioni e alle incertezze.

Nella comunicazione di una eventuale campagna vaccinale pandemica, devono essere opportunamente chiariti i limiti della vaccinazione, che deve essere comunque affiancata dall’adozione di buone norme di prevenzione volte al contenimento del contagio. E se la parola lockdown non compare in modo chiaro e diretto, a un certo punto vengono elencate le misure a “Protezione della comunità”. È tra le righe delle voci “limitazione degli assembramenti”, “chiusura delle attività lavorative non essenziali”, “chiusura delle scuole e attivazione della DaD”, distanziamento fisico”, “permanenza in casa della popolazione” e “limitazione degli spostamenti della popolazione”.

Il tanto discusso lockdown insomma esce dalla porta e rientra dalla finestra, seppure sia limitato a casi estremi e in condizioni emergenziali. E’ qui che potrebbe diventare “necessario imporre limitazioni alle libertà dei singoli individui al fine di tutelare la salute della collettività”. Nel contrasto ad una pandemia, si prevede anche in questo caso, come già successo negli anni del Covid, la possibilità di assumere decisioni che vadano a limitare la libertà personale. 

Le manifestazioni di protesta per i lockdown

“Un contesto nell’ambito del quale il diritto alla tutela della salute esige limitazioni di altre libertà del singolo e della collettività è sicuramente quello che si caratterizza per la diffusione di malattie infettive: l’epidemia è un fatto emergenziale, empiricamente individuato e scientificamente provato, che mettendo in pericolo la salute dei singoli e la sopravvivenza della comunità nel suo insieme, impone al decisore pubblico di individuare le soluzioni idonee a neutralizzare o minimizzare i rischi anche attraverso le limitazioni di distinti diritti e libertà fondamentali”, si spiega nel piano. Ma si precisa che “eventuali restrizioni alla libertà individuale devono rimanere in vigore solamente lo stretto necessario ed essere proporzionate sia alla probabilità sia all’entità dell’evento”.

Oltre il vaccino, le ‘chiusure’, la restrizione delle libertà torna pure la vigile attesa. Ancora una volta la gestione delle future pandemie sarà esclusivamente ospedalocentrica. Non vengono evocate le cure domiciliari precoci, che pure hanno dimostrato di funzionare per evitare l’ospedalizzazione e i decessi. Ai medici vengono assegnati compiti di “sorveglianza” e “monitoraggio” dei pazienti. Praticamente una vigile attesa nella speranza che il paziente non peggiori per l’ospedale. Un film tragico già visto, appunto. Ma quello che allarma di più è che pur privilegiando l’ospedalizzazione si specifica che il potenziamento dei posti letto previsto nel 2020 per il Covid non risulta ancora completato.

In tre anni i lavori di potenziamento non sono terminati? No. Nel corso della pandemia da Sars-CoV-2 – si legge nel piano – sono state adottate alcune misure di potenziamento (Decreto-Legge n. 34 del 19 maggio 2020) che hanno previsto un incremento strutturale delle dotazioni ospedaliere: – 0,14 posti letto per 1.000 abitanti di Terapia Intensiva, comprensiva dell’adeguamento dei posti letto di terapia intensiva nei centri Hub pediatrici, con dotazione a regime di 8.679 posti letto, di cui 3.500 di nuova attivazione; – 0,07 posti letto per 1.000 abitanti di Terapia semintensiva, di cui il 50% dotati di strumentazione di ventilazione invasiva e monitoraggio per l’immediata conversione in posti letto di Terapia Intensiva, ed il restante 50% dotati di ventilatori non invasivi, con dotazione a regime di 4.225 posti letto complessivi, di cui 2.113 convertibili in posti letto di Terapia Intensiva.

Posti letto rianimazione

Ma nonostante ciò, il “potenziamento strutturale dei posti letto previsti dal DL 34/2020 risulta allo stato ancora in fieri e non ancora completato, con uno stato di realizzazione diversificato a livello regionale: nei Piani pandemici regionali sarà necessario programmare la risposta in caso di pandemia facendo riferimento alle dotazioni attuali, prevedendo modifiche in base alla progressiva attivazione di nuovi posti letto”. Quindi è tutto da rifare? Si dovrà fare il potenziamento del potenziamento? Dopo gli orrori della pandemia dovremmo aspettarci nuovi orrori e disorganizzazione? Il timore è più che fondato.

Se quando è esploso il Covid il mondo era impreparato, oggi è di nuovo impreparato. Anche il personale sanitario ha dovuto raccogliere una sfida pesantissima. Per questo nel piano si punta sulla loro formazione: ma non è servita a nulla l’esperienza sul campo nei giorni della pandemia? Quello che è certo è che l’obiettivo per le prossime invasioni batteriche è quello di predisporre azioni volte a rafforzare il personale a disposizione. “La formazione sulle tematiche correlate ai piani pandemici è considerata elemento essenziale per la risposta alle allerte e agli eventi pandemici (in tutte le fasi), in particolare relativamente alle attività di preparedness. La pandemia da Covid ha avuto un impatto sui sistemi sanitari e ha fatto emergere in modo chiaro il ruolo strategico della formazione”, dice il piano.

Personale sanitario

E ancora, un piccolo particolare che non sfugge è il problema delle risorse in campo che restano un’incognita. Il sostegno sul Piano finanziario è fondamentale sia per la fase di “prevenzione, preparazione e valutazione del rischio”, per le fasi di “allerta” e “risposta”, sia nelle fasi successive fino alla piena ripresa dell’operatività dell’intero sistema economico-produttivo, della sicurezza sociale, assistenziale e sanitaria italiana. “Le possibili fonti di finanziamento da utilizzare a copertura delle spese emergenti derivanti dall’applicazione del nuovo Piano sopra citate sono solo ‘teoriche‘ in quanto per l’identificazione effettiva delle coperture finanziarie si rinvia alle valutazioni governative basate sulla verifica degli oneri e delle relative coperture sul saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato, sul saldo di cassa delle amministrazioni pubbliche e sull’indebitamento netto del conto consolidato delle pubbliche amministrazioni”.

Tutto esattamente come prima. Anzi peggio. Perché se il mondo nel 2020 era impreparato al Coronavirus, oggi gli errori non sono ammessi. I giorni del “massimo tre persone” in auto, dell’isolamento, del green pass come unico viatico per vivere, dei giovani e degli anziani lasciati soli a se stessi, di morti senza i loro cari non devono tornare. Immediata la reazione dell’opposizione, che però questa volta raccoglie gli interrogativi di un Paese: “Anni ad occhieggiare ai novax, a contestare le misure di restrizione e mettere in dubbio l’efficacia dei vaccini, per poi preparare un piano che ricalca esattamente le stesse cose fatte dai tanto odiati Conte e Speranza. La destra è sinonimo di ipocrisia”, commenta il capogruppo Pd in commissione Affari sociali, Marco Furfaro. Prepariamoci al peggio.

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