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Il lavoro nuoce alla salute mentale dei giovani

Il lavoro è il feticcio su cui è stata fondata la società. Se ne sei privo sorgono problemi, se sei occupato… anche.

Roma – Che il lavoro sia dannoso in entrambi i casi, è dimostrato dallo stretto legame tra condizione lavorativa e salute mentale, soprattutto tra i giovani. Quasi il 50% della Generazione Z, ovvero le persone nate nate tra i medio-tardi anni ’90 del ventesimo secolo e i primi anni 2010, e dei Millennials, generazione nata tra gli anni ’80 e la prima metà dei ’90, ha manifestato situazioni di stress, ansia e, finanche, di burnout. Quest’ultimo è stato definito dall’OMS (Organizzazione mondiale della sanità) come “uno stato di stress cronico lavoro-correlato caratterizzato dalla sensazione di completo esaurimento delle proprie energie fisiche e mentali”.

A soffrirne di più, come sempre, le donne. Deloitte, multinazionale leader mondiale nella consulenza d’impresa, ha diffuso un report sull’argomento. Ebbene, le nuove generazioni sono preoccupate per il loro futuro professionale e, subito dopo, per la salute mentale. Alla base dei loro timori ci sono varie motivazioni, tra cui: turni di lavoro massacranti; impossibilità di conciliare il lavoro con la vita privata, ambiente lavorativo insalubre, incapacità di trovare una dimensione umana sul posto di lavoro. Ma non è solo l’aspetto lavorativo ad incidere. C’è l’emergere di nuove necessità: la casa, la famiglia, le necessità di cura per i figli e/o per i genitori anziani. Conciliare questi aspetti col lavoro incide molto sulla loro salute mentale.

C’è da dire che la frammentazione dei rapporti sociali di comunità hanno giocato un ruolo negativo nell’inasprimento del fenomeno. Alle preoccupazioni per la famiglia e il lavoro, si aggiungono i social media. La loro rapida diffusione, secondo i giovani intervistati, fa crescere la solitudine e l’incapacità di affrontare la situazione. In questa ricerca l’ambiente di lavoro appare come il luogo in cui vengono bruciate le energie positive. Infatti, una buona parte di giovani ha dichiarato di sentirsi esausto a causa del tempo trascorso al lavoro. Inoltre, si sente distaccato dalla propria occupazione e fatica ad esprimere il meglio di sé stessa.

Sono tutti aspetti che dovrebbero allarmare le aziende e che avrebbero tutto l’interesse di creare un ambiente di lavoro sano. La percezione delle nuove generazioni sulle organizzazioni aziendali è di non fare abbastanza per invertire la rotta. Oltre l’80% ritiene che la capacità di salvaguardare la salute mentale da parte delle aziende sia tra gli elementi più rilevanti per valutare eventuali nuove offerte di lavoro. Ma, con molta probabilità, questo è un fenomeno che va arginato non solo in azienda. Nel senso che la salute mentale rappresenta ancora un argomento tabù. Molti giovani, infatti, hanno dichiarato di provare disagio nel parlare di stress e ansia. Inoltre, coloro che hanno avuto bisogno di cure adeguate non hanno dichiarato all’azienda il motivo della loro assenza.

La Generazione Z, in parte, si è mostrata più a suo agio nell’affrontare questa problematica, ma il cammino di un’accettazione senza pregiudizi della cura inerente alla salute mentale è ancora lungo. Secondo il campione dello studio, ci sono varie misure per contrastare il fenomeno. Per un buon equilibrio tra lavoro e vita privata, la flessibilità attraverso lo smart working e la settimana lavorativa di 4 giorni, sono due condizioni essenziali. Inoltre, un ambiente di lavoro più inclusivo, che faciliti la fiducia e l’empatia tra le persone. Ma perché l’umanità, considerata la specie più intelligente della natura, ha creato il lavoro, una categoria ambigua e infida, perché ti frega sia se ce l’hai sia se ne sei sprovvisto?

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