contessa vacca agusta

Il giallo della contessa Francesca Vacca Agusta: cronaca di un caso che segnò la TV italiana

La scomparsa di una vedova dell’alta società che cambiò per sempre il giornalismo italiano.

Portofino – L’8 gennaio 2001, nelle acque cristalline di Portofino, si consumava un mistero destinato a diventare uno dei casi di cronaca nera più seguiti e dibattuti della televisione italiana. La scomparsa di Francesca Vacca Agusta, vedova del magnate dell’aviazione Corrado Agusta, non fu solo la tragica fine di una donna ma rappresentò un momento di svolta nel modo di raccontare la cronaca nera in Italia.

Un’ascesa sociale da favola nera

Francesca Vacca Agusta incarnava perfettamente il mito dell’ascesa sociale. Nata nel 1942 a Genova come Francesca Vacca Graffagni, aveva trascorso gli anni Sessanta lavorando come commessa, lontana anni luce dal mondo dorato che avrebbe poi abitato. La sua vita cambiò radicalmente nel 1974, quando sposò il conte Corrado Agusta, erede dell’impero aeronautico di famiglia e vent’anni più grande di lei.

La contessa e il marito Corrado Agusta

Il matrimonio con Agusta la catapultò in un universo di lusso sfrenato e relazioni eccellenti. Come raccontò la giornalista Wanda Valli, la coppia visse “nottate folli, giri intorno al mondo sul mega yacht ‘Mau Mau’ e cene in casa dello Scià di Persia”. Era un mondo dove si intrecciavano affari, politica e alta società, con figure come Vittorio Emanuele di Savoia e Bettino Craxi che frequentavano regolarmente Villa Altachiara.

Tuttavia, negli anni Ottanta il matrimonio da favola iniziò a scricchiolare. Nel 1984, dopo dieci anni di vita coniugale caratterizzata da eccessi e mondanità, i due si separarono. La separazione non fu indolore: Francesca si trovò a dover affrontare non solo la fine di un matrimonio ma anche complesse questioni ereditarie che la videro scontrarsi duramente con Riccardo “Rocky” Agusta, figlio del conte nato da una precedente relazione.

La battaglia per l’eredità e l’incontro con Raggio

Quando Corrado Agusta morì nel 1989, si aprì una delle più intricate battaglie legali per un’eredità nella storia della cronaca italiana. Francesca, pur essendo già separata dal marito, riuscì a ottenere una parte consistente del patrimonio, inclusa la prestigiosa Villa Altachiara. Ma la vittoria legale non fu semplice: dovette affrontare “vicende complicate” che la opposero principalmente a Rocky Agusta, determinato a limitare le pretese della matrigna.

Fu proprio in questo periodo di transizione, mentre si delineava la sua nuova vita da vedova ricchissima ma sola, che Francesca incontrò Maurizio Raggio. L’incontro con il ristoratore ligure rappresentò per lei non solo una nuova storia d’amore ma anche l’ingresso in un mondo diverso, più legato alla Riviera ligure e ai suoi ambienti.

Raggio non era un personaggio qualunque: figlio di colui che “inventò la ‘Gritta’, l’american bar più famoso del Tigullio negli anni Sessanta”, portava con sé un patrimonio di relazioni e conoscenze che si rivelarono fondamentali per la nuova vita di Francesca. La Gritta era stata un punto di riferimento per la dolce vita ligure, frequentata da personaggi del mondo dello spettacolo, dell’imprenditoria e della politica.

Il trasferimento di Francesca a Villa Altachiara con Raggio segnò l’inizio di una nuova fase della sua vita. Non più la moglie del “re degli elicotteri”, ma una donna indipendente che gestiva un patrimonio immenso e continuava a muoversi negli ambienti che contavano. Raggio, con la sua conoscenza del territorio e delle sue dinamiche, divenne non solo il suo compagno ma anche una sorta di gestore dei suoi interessi.

Villa Altachiara: un palcoscenico di lusso e intrighi

La villa che divenne il teatro del mistero finale era essa stessa un simbolo di grandeur e storia. Con i suoi mille metri quadrati immersi in un parco di oltre 30mila metri quadrati, Villa Altachiara prendeva il nome da Highclere Castle, la residenza inglese dei Carnarvon che avrebbe ospitato secoli dopo le riprese di “Downton Abbey”. Tra le 30-40 stanze della villa si nascondevano storie di esplorazioni archeologiche: uno dei Carnarvon aveva infatti finanziato la scoperta della tomba di Tutankhamen e aveva vissuto per un periodo nella residenza ligure.

Il conte Agusta aveva addirittura fatto costruire un eliporto per ospitare al meglio il suo amico Bettino Craxi, trasformando la villa in un crocevia di potere politico ed economico. Era qui che si consumavano affari milionari e si tessevano relazioni che avrebbero segnato la storia italiana degli anni Settanta e Ottanta.

Gli anni di Tangentopoli: fuga e ritorno

La morte del conte Agusta nel 1989 non segnò la fine dei problemi legali per Francesca. Negli anni di Tangentopoli, infatti, fu accusata insieme al compagno Maurizio Raggio di ricettazione e di aver contribuito a spostare denaro all’estero per conto di Craxi. L’accusa era grave e nel 1994 venne emesso un ordine di custodia cautelare nei loro confronti.

Bettino Craxi

La risposta della coppia fu drammatica e cinematografica: fuggirono in Messico, dove Francesca possedeva una delle “tante, miliardarie dimore” ereditate dall’ex marito. La fuga durò tre anni, fino al 1997, quando la contessa decise di tornare in Italia. Dopo un patteggiamento, fu condannata ad alcuni mesi di detenzione domiciliare, una sentenza che sembrava chiudere un capitolo difficile della sua vita.

L’ultima sera: mistero in pantofole e accappatoio

La sera del fatale 8 gennaio 2001, il palcoscenico di Villa Altachiara ospitava gli ultimi attori del dramma che si stava per consumare. Maurizio Raggio si trovava in Florida per lavoro, mentre con Francesca c’erano il nuovo compagno messicano, Tirzo Chazaro, e Susanna Torretta, descritta dai media come “dama di compagnia” della contessa.

Quella mattina Francesca si era alzata all’ora di pranzo e aveva trascorso l’intera giornata in casa, aggirandosi in accappatoio e ciabatte. Durante il giorno aveva fatto diversi giri nella “stanza rossa”, la camera che aveva riservato a Maurizio Raggio, un dettaglio che avrebbe fatto molto discutere in seguito. Dal pomeriggio, come risultava dai tabulati telefonici, aveva chiamato prima il fratello Domenico e poi lo stesso Raggio.

Maurizio Raggio

L’ultima immagine di Francesca Vacca Agusta è di un’intimità domestica che contrasta drammaticamente con il mistero che seguì: alle 19, annunciò la sua intenzione di uscire in giardino con un semplice “vado a farmi un bagno”. Era un’immagine quasi surreale per una donna abituata al lusso e all’eleganza, che si dirigeva verso la scogliera indossando semplicemente pantofole e accappatoio.

Dopo due ore, quando Francesca non fece ritorno, da Villa Altachiara scattò l’allarme. Prima si allertarono amici e conoscenti, poi furono chiamati i carabinieri.

Il ritrovamento e le mille teorie

I primi risultati arrivarono dopo 70 ore di ricerche intense. I sommozzatori trovarono un accappatoio bianco, squarciato sul dorso, a 18 metri di profondità tra le rocce sottomarine: apparteneva alla contessa. Successivamente, in una piccola insenatura della parete scoscesa che dalla terrazza di Villa Altachiara terminava a picco nel mare, i carabinieri repertarono una ciabatta e un paio di occhiali.

Il corpo, però, rimase irreperibile fino al 22 gennaio, quando due turisti notarono un cadavere al largo delle acque di Cap Bénat, in Costa Azzurra, a circa 300 chilometri da Portofino. Il 24 gennaio le autorità francesi sospettarono che quei resti, martoriati dai pesci e in acqua da due settimane, potessero essere quelli della contessa. Domenico Vacca Graffagni, il fratello di Francesca, si precipitò in Francia per il riconoscimento.

L’esame autoptico eseguito in Francia rivelò, oltre a lesioni superficiali su gambe e braccia, una ferita sospetta sul cranio. Il dettaglio cruciale emerso fu che nei polmoni non c’era acqua, segno che la morte non era avvenuta per annegamento ma prima dell’arrivo in mare. A Genova si fece una seconda autopsia che stabilì che quella ferita sospetta era non soltanto la causa della morte ma risultava compatibile con una caduta accidentale.

Questi elementi alimentarono immediatamente le speculazioni più diverse. Le teorie si moltiplicarono: si parlò di possibili effetti di alcol e farmaci, di testamenti controversi e di eventuali moventi legati all’eredità. Nel 2011, una perizia psichiatrica postuma concluse che la contessa soffriva di una forma di “regressione infantile” che si manifestava nei momenti di difficoltà, portandola a nascondersi “come una bambina nella speranza che qualcuno venisse a cercarla”.

La rivoluzione mediatica: quando la cronaca nera diventa spettacolo

Il caso Vacca Agusta rappresentò una svolta epocale nel giornalismo italiano. Come scrisse Marco Imarisio sul Corriere della Sera, “fu il primo caso che portò la cronaca nera nei salotti tv”, inaugurando un’era in cui “furono condivisi in pubblico sentimenti, dolori e finzioni, da esprimere comunque in favore di telecamera”.

La contessa e il marito

L’episodio simbolico di questa trasformazione fu la discesa in corda doppia dei dirigenti del RIS di Parma dalla scogliera di Villa Altachiara il 5 febbraio, ripresa dalle telecamere del TG1 da una pilotina appostata al largo. Nacque così quella che Imarisio definì “una compagnia di giro composta da esperti e psicologi di vario genere, usa a ritrovarsi sui luoghi dei delitti più o meno celebri, e soprattutto nei salotti televisivi”.

I protagonisti: tra cronaca rosa e nera

I tre figuranti di Villa Altachiara – Chazaro, Torretta e Raggio – divennero figure centrali di un circo mediatico senza precedenti. Caratterizzati dalla stampa con etichette che oscillavano tra il pittoresco e il sinistro (“faccendiere”, “dama di compagnia”, “playboy”, “factotum” di Craxi), incarnavano perfettamente quel mondo di confine tra alta società e sottosuolo che tanto affascinava il pubblico televisivo.

Susanna Torretta, in particolare, rappresentò l’emblema di questa nuova celebrità mediatica: già nel 2003 partecipò alla prima edizione dell’Isola dei Famosi, trasformando la sua presenza in un caso di cronaca nera in un trampolino di lancio per la televisione commerciale.

La morte della contessa venne archiviata come accidentale: Francesca Vacca Agusta sarebbe scivolata da sola giù dalla scogliera.

L’eredità di Villa Altachiara: dai misteri italiani agli oligarchi russi

Anche dopo la morte della contessa, Villa Altachiara continuò a essere al centro di storie che sembravano uscite da un romanzo. Nel 2015, Maurizio Raggio, diventato proprietario della villa, la vendette per venticinque milioni di euro. L’acquirente fu identificato in Eduard Khudaynatov, amministratore delegato della società petrolifera russa Rosneft, anche se altre fonti indicavano Andrej Melnichenko, il “79esimo uomo più ricco del mondo”.

Villa Altachiara

A fine 2020, si parlò addirittura di una possibile vendita al “braccio destro di Putin”, chiudendo simbolicamente il cerchio di una proprietà che aveva attraversato decenni di storia italiana, da Craxi agli oligarchi russi, mantenendo sempre un’aura di mistero e potere.

Un caso che definì un’epoca

La morte di Francesca Vacca Agusta non fu solo un fatto di cronaca ma un momento di passaggio nella cultura mediatica italiana. Il caso inaugurò l’era della cronaca nera come intrattenimento, dove la linea tra informazione e spettacolo si fece sempre più sottile. Come spesso accade, l’interesse del pubblico si spostò presto verso altri misteri – il delitto di Novi Ligure il 21 febbraio 2001, quello di Cogne il 30 gennaio 2002 – ma l’impronta lasciata dal caso Vacca Agusta rimase indelebile.

La contessa, che aveva vissuto una vita da favola nera tra lusso e intrighi, divenne post mortem il simbolo di una trasformazione epocale del giornalismo italiano. La sua storia rappresenta un perfetto spaccato di un’Italia in cui si intrecciavano affari sporchi e mondanità, politica e crimine, alta società e sottobosco, anticipando temi che sarebbero diventati centrali nei decenni successivi.

Vent’anni dopo, mentre Villa Altachiara passa di mano in mano tra magnati internazionali, il mistero della morte di Francesca Vacca Agusta rimane un caso esemplare di come la cronaca nera possa trasformarsi in fenomeno culturale, definendo non solo il modo di raccontare i fatti ma anche il rapporto stesso tra realtà e spettacolo nella società contemporanea.

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