Pop ne parla con Marco Voltolina, esperto del settore e “emigrato” in Cina per conseguire un doppio titolo di laurea in compartecipazione con il Politecnico di Milano
Si è appena concluso il primo ventennio del XXI secolo e, guardando indietro, risalta immediatamente la sproporzionata evoluzione tecnologica e sociale che abbiamo vissuto: specialmente gli anni ’10 saranno facilmente ridefiniti come gli “anni dei social”. Prima con Facebook, poi con Instagram (solo per citare i più diffusi), il nostro agire quotidiano è radicalmente cambiato perché ci siamo abituati a uno stretto rapporto con il mondo virtuale, con le sue mille sfaccettature e i suoi diversi modi di comunicare.
Con l’avvento di WeChat in Cina, nel 2011, però, questo rapporto sta subendo una nuova metamorfosi. Le innumerevoli funzioni e opportunità che offre l’applicazione fuoriescono dal mondo della messaggistica e della condivisione, avvicinandosi a settori nuovi, impensabili solo qualche anno fa. Sebbene WeChat non sia ancora definitivamente uscita dai confini cinesi (la piattaforma può contare comunque già su più di 1 miliardo di utenti attivi), il successo di questo strumento è indiscutibile e sempre in costante crescita.
Per comprendere meglio i fattori che stanno contribuendo a questa inesorabile ascesa ci siamo rivolti a Marco Voltolina, studente di Architettura in trasferta all’Università Tongji di Shanghai: “Anzitutto, ammetto che all’inizio è stato strano usare WeChat, ero naturalmente abituato ai servizi di Google e al resto, ma qua è tutto oscurato. Con il passare dei giorni e delle settimane, però, mi sono adattato, e anche piuttosto facilmente. Con una VPN poi posso comunque rimanere in contatto con parenti e amici, dandomi questa l’accesso ad app quali Instagram o WhatsApp”.
Quando gli abbiamo chiesto quali fossero le situazioni più particolari in cui si può ricorrere a WeChat, Marco ha risposto:
“La prima cosa che mi viene in mente è che appena arrivai creammo subito un gruppo per ogni corso accademico, con i professori. Anche con l’ufficio internazionale dell’università è possibile comunicare con WeChat. Qui la mail è uno strumento quasi sconosciuto”. Se vai a comprare in un qualsiasi esercizio commerciale, ti basta scansionare il codice QR che hanno lì con il tuo telefono e puoi già tornare a casa. Se hai un conto in una banca cinese e lo colleghi a WeChat puoi andare dovunque. Ti trovi al ristorante e vuoi ordinare? Semplice, leggi il QR posizionato su ogni tavolo, scegli dal menu che si apre sullo smartphone e poi attendi comodamente che ti arrivi quello che hai ordinato”.
Stupiti dell’utilità e della versatilità dell’app, ci sorge perciò spontanea una domanda: si useranno ancora i contanti? E la carta di credito?
“Se dovessi dirvi quanti contanti mi servono a Shanghai, pochi è la risposta giusta. All’incirca nel 90% dei casi posso tranquillamente utilizzare WeChat, raramente mi tocca tirare fuori il portafoglio. Persino gli artisti di strada, grazie al QR code, ricevono denaro tramite l’app”.
Quando infine gli chiediamo un giudizio complessivo sull’utilizzo di questa piattaforma, la risposta è piuttosto netta:
“Avere un così ampio apparato a portata di mano è fantastico, quasi non sembra vero. Sarà strano, quando farò ritorno in Italia, dover riprendere confidenza con contanti e carte. Tutta questa comodità ha tuttavia un prezzo, che non so se valga la pena pagare. In Cina, con questo sistema all-in-one, si è esposti ancor di più che con gli altri social. C’è una concentrazione di dati assurda ed è tutta a disposizione delle aziende e del governo stesso, pronto a censurare ciò che non approva. Sarà pure un sistema pratico e vantaggioso per l’utente, ma sarebbe meglio poter preservare anche solo una parte della privacy che ci rimane”.
Usufruire di tanti vantaggi, come mandare messaggi, prenotare un albergo o pagare un qualsiasi prodotto con una semplice app è sicuramente comodo e fa risparmiare molto tempo. Allo stesso modo, però, una simile praticità si paga poi in termini di restrizione della libertà, che ci viene sottratta ogni volta che inseriamo il nostro numero di telefono oppure le nostre coordinate bancarie. Tale consapevolezza non può lasciare del tutto tranquilli.
Sicuramente più di qualcuno, dalle nostre parti, starà già pregustando la possibilità di avere un giorno un intero universo di servizi, come WeChat, a propria disposizione. Ma c’è davvero da augurarselo? Cederemo definitivamente la nostra identità solo per rendere un po’ più comode le nostre vite?