Il discorso di fine anno di Sergio Mattarella, la pace è in primo piano

Alle 20,30 di questa sera per il decimo anno consecutivo il Capo dello Stato farà gli auguri all’Italia: tanti i temi che affronterà.

Roma – Alle 20,30, questa sera, il Capo dello Stato come di consueto farà gli auguri all’Italia. Quello di Capodanno, è un discorso sempre molto atteso da tutta la Nazione. Sergio Mattarella si rivolge a tutti i cittadini facendo un bilancio dei mesi che ci si è lasciati alle spalle e guardando al futuro. Appare inevitabile – anche questa sera, per il decimo anno consecutivo – quel ricorrente riferimento alle attese e alle paure dei cittadini, perché non potrà non essere in primo piano la grave situazione internazionale, segnata dai conflitti più gravi, quelli in Ucraina e in Medio Oriente. In primo piano dunque, come il Capo dello Stato ha sottolineato proprio nei discorsi agli ambasciatori, la riproposizione della necessità di indicare una via per la pace. Una pace che non sia però solo la ‘sterilizzazione’ del conflitto ma capace di difendere i diritti e di restituire giustizia.

Niente letture e interpretazioni per un intervento che sarà diretto e partirà proprio dalle attese e dalle paure dei cittadini. Il presidente della Repubblica – nel tradizionale intervento registrato di 15 minuti circa e trasmesso a reti unificate – farà anche un riferimento, sia pure breve, al Giubileo. E sempre nella logica dell’approccio diretto verso tutti si soffermerà su diversi argomenti che hanno anche caratterizzato le cronache giornalistiche dell’anno che sta volgendo al termine. Tra questi, la sicurezza e i morti sul lavoro, l’occupazione e il precariato, i giovani, i femminicidi. Il presidente dovrebbe fare anche riferimento ad altri temi che ha mostrato in più occasioni di avere molto a cuore, come la questione dell’astensionismo elettorale e la necessità della partecipazione come sale della democrazia.

La tragedia delle morti sul lavoro

Riguardo la violenza sulle donne e i femminicidi, il presidente della Repubblica ha sottolineato lo scorso 25 novembre che “la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica, nota anche come Convenzione di Istanbul, è il primo strumento giuridicamente vincolante ad aver riconosciuto la violenza di genere come una violazione dei diritti umani”. Ma ha evidenziato che “quanto fatto finora non è, tuttavia, sufficiente a salvaguardare le donne, anche giovanissime, che continuano a vedere i loro diritti violati. È un’emergenza che continua. Si tratta di madri, sorelle, figlie, persone con sogni e progetti che vedono violato il diritto di poter vivere una vita libera e dignitosa, donne che lottano per la propria indipendenza, per poter scegliere il proprio destino”, conclude Mattarella.

In materia di sicurezza sul lavoro, il 13 ottobre, in occasione della 74ª Giornata nazionale per le vittime degli incidenti sul lavoro, organizzata dall’Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi sul Lavoro (Anmil), il ricordo di queste tragedie è stato particolarmente doloroso, specialmente alla luce dei recenti eventi. Tra le tragedie più devastanti degli ultimi 12 mesi si ricordano il terribile incidente di Brandizzo, dove operai furono travolti da un treno, l’esplosione della centrale di Bargi, il crollo dell’ipermercato Esselunga a Firenze e la tragedia di Casteldaccia. La sicurezza sul lavoro – ha detto il Capo dello Stato – è una priorità permanente per la Repubblica. Ogni vita persa, ogni vita compromessa chiama un impegno corale per prevenire ulteriori perdite della salute e della dignità di chi lavora. La sicurezza sul lavoro, oltre che una prescrizione costituzionale, è anzitutto una questione di dignità umana”.

L’emergenza femminicidi

Mattarella parlerà, com’è ovvio, di immigrazione e, forse anche, dell’immigrazione al contrario: cioè dei tanti giovani italiani costretti a emigrare perché in patria, specie nel Sud, faticano a trovare lavoro o ricevono paghe ridicole nonostante la laurea. Una fuga di cervelli che ci priva delle energie migliori, ci rende meno competitivi, alla lunga ci snatura. Non mancherà un’esortazione urbi et orbi (o una bacchettata, se si preferisce). Il presidente chiederà più partecipazione alle scelte collettive. Piccole fazioni rumorose si combattono in un mare di indifferenza che cresce a vista d’occhio. La disaffezione si misura nel livello di astensionismo.

Il 2024 ha registrato il punto più basso dell’Italia repubblicana: alle elezioni europee si è affacciato in cabina il 48,31 per cento degli aventi diritto, meno della metà. Nelle sette Regioni chiamate alle urne nel corso dell’ultimo anno il crollo dell’affluenza ha rappresentato una costante. Mattarella ricorderà che la democrazia non vive se viene svuotata da dentro. E se i cittadini fuggiranno dalla politica a vincere saranno quei poteri economici che controllano le nuove tecnologie, che amministrano l’intelligenza artificiale, che spadroneggiano nei social media, che si sottraggono a qualunque legge degli Stati sovrani. Italia compresa. Nella tradizione culturale e religiosa del Capo dello Stato, non mancheranno, sia pure in un periodo non facile, note di ottimismo e di speranza.

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