La direttiva sul lavoro tramite piattaforma renderà più trasparente l’uso di algoritmi nella gestione delle risorse umane con più garanzie.
Roma – Via libera definitivo dagli Stati membri Ue alla direttiva sui diritti dei lavoratori delle piattaforme digitali, come i rider. Il Consiglio Ue Ambiente di Lussemburgo ha confermato l’accordo raggiunto con gli Stati membri a marzo sulle nuove norme per migliorare le condizioni delle persone che lavorano per le piattaforme online regolando per la prima volta l’uso dei sistemi di algoritmi sul posto di lavoro. Solo la Germania si è astenuta.
In una nota il Consiglio ricorda che la direttiva sarà ora firmata dal Consiglio e dal Parlamento europeo ed entrerà in vigore dopo la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Ue. Gli Stati membri avranno quindi due anni di tempo per adeguare il diritto interno alle nuove norme comunitarie. Il Consiglio dell’Ue ha adottato le nuove norme volte a migliorare le condizioni di lavoro per gli oltre 28 milioni di persone che lavorano nelle piattaforme di lavoro digitali in tutta l’Ue, la cosiddetta direttiva rider. Aiuterà inoltre a determinare correttamente lo stato occupazionale delle persone che lavorano per le piattaforme, consentendo loro di beneficiare di tutti i diritti del lavoro a cui hanno diritto.
Gli Stati membri stabiliranno una presunzione legale di occupazione nei loro sistemi giuridici che verrà attivata quando verranno riscontrati determinati fatti che indicano controllo e direzione. La direttiva verrà ora firmata sia dal Consiglio che dal Parlamento europeo ed entrerà in vigore dopo la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Ue. Gli Stati membri avranno quindi due anni per recepire le disposizioni della direttiva nella loro legislazione nazionale.
L’analisi della Commissione europea del 2021 ha rilevato che esistono più di 500 piattaforme di lavoro digitali attive e che il settore dà lavoro a oltre 28 milioni di persone, cifra che dovrebbe raggiungere i 43 milioni entro il 2025. Le piattaforme di lavoro digitali sono presenti in una varietà di settori economici, sia “in loco”, come per i conducenti di viaggi e le consegne di cibo, o online con servizi come la codifica dei dati e la traduzione. Mentre la maggior parte dei lavoratori delle piattaforme digitali è formalmente autonoma, circa 5,5 milioni di persone potrebbero essere erroneamente classificate come lavoratori autonomi.
Con l’adozione di questa legislazione, il Parlamento risponde alle aspettative dei cittadini sui mercati del lavoro inclusivi e sull’innovazione digitale per rafforzare l’economia sociale e sostenibile. Le autorità nazionali incontrano difficoltà nell’accesso ai dati sulle piattaforme digitali e sulle persone che lavorano mediante le stesse, oltre che sui termini e sulle condizioni applicati dalle piattaforme stesse. Le questioni di tracciabilità sono particolarmente rilevanti quando le piattaforme digitali operano a livello transfrontaliero in diversi Stati membri e risulta quindi poco chiaro dove venga svolto il lavoro mediante piattaforme digitali e da chi. Tali situazioni dovrebbero essere chiarite con l’obiettivo di migliorare la certezza del diritto, creare condizioni di parità tra le piattaforme di lavoro digitali e i fornitori di servizi offline e favorire la crescita sostenibile delle piattaforme di lavoro digitali nell’Unione.
Il principale compromesso ottenuto con questo nuovo accordo riguarda la determinazione dei criteri che definiscono se un lavoratore debba essere considerato dipendente, con conseguente accesso ai relativi diritti. Inizialmente, la proposta prevedeva che tali criteri fossero stabiliti dalla Commissione europea per garantire uniformità, ma durante le negoziazioni è emersa un’altra prospettiva. Ora, sarà compito degli Stati membri, basandosi sui contratti collettivi e sulla giurisprudenza dell’Ue, definire i fattori (presunzione legale) necessari per considerare l’effettiva sussistenza di un rapporto di subordinazione tra un lavoratore e la piattaforma.