Il piccolo borgo incastonato tra gli scogli liguri si trasformò in teatro di una mattanza lunga 40 anni. Tra il 1944 e il 1985 a Bargagli vennero trucidate almeno 27 persone. C’era chi gridava al mostro ma le radici della strage potrebbero essere ben più profonde.
Genova – Questa è una storia di banditi, di sangue, di partigiani e di nazisti, di segreti e tesori. Se tutto questo fosse stato un film il titolo non poteva essere che quello dei fratelli Cohen: “Non è un paese per vecchi”. Una pellicola in cui i protagonisti si ritrovano per le mani qualcosa che scotta. Un film in cui si ammazza senza pietà. L’oscuro quarantennio post bellico del piccolo paesino ligure di Bargagli è costellato di verità nascoste: almeno 27 i cadaveri che si possono contare in un periodo in cui le speculazioni si rincorrono e, a poco a poco, sfumano in impalpabile leggenda. Forse più per convenienza che per convinzione gli inquirenti batteranno con sorda insistenza la pista del serial killer, ma gli aranciati mattoni di quel borgo a strapiombo sul mare potrebbero celare una verità completamente diversa. Tutto ha inizio nel 1941, nell’affamatissima Genova sfiancata dalla guerra.
La banda dei vitelli
Gli anni ‘40 sono gli anni del contrabbando, del razionamento e della borsa nera. I tafficanti di carne bovina traggono un florido business dal macello e vendita delle parti più pregiate al mercato nero. È proprio da una di queste bande che tutto ha inizio: la cosiddetta “Banda dei Vitelli”. Un giro decisamente redditizio quello del sodalizio di delinquenti che, tra Genova e hinterland, espande i propri tentacoli criminali indisturbatamente, almeno fino al 1941. Il 22 novembre del ‘41, infatti, i carabinieri Candido Cammereri e Carmine Scotti, in seguito ad indagini capillari, riuscivano a sgominare la banda facendo arrestare alcuni degli affiliati più pericolosi.

Gli anni passano, tre per l’esattezza, e l’appuntato Scotti, passato alle formazioni della Resistenza, viene avvicinato con l’inganno da alcuni sedicenti partigiani dai quali veniva rapito. Dopo due giorni di sevizie il graduato verrà giustiziato a colpi di arma da fuoco. Anche Cammerreri veniva ucciso il 5 novembre del ‘44 durante un presunto quanto improbabile scontro a fuoco con truppe naziste. Nel frattempo il processo d’Appello svoltosi il primo febbraio del 1945 vedrà per la “Banda dei Vitelli” la sospensione del giudizio e il conseguente proscioglimento degli imputati. Al tempo ogni percorso logico per la spiegazione del duplice omicidio dei militari, puntava verso il movente della ritorsione personale nei confronti di chi aveva ostacolato il succulento affare del mercato nero bovino, se non che a Bargagli si continuava a morire. Il 24 aprile del 1945 quattro partigiani venivano ammazzati a colpi di mitragliatrice in un rifugio nelle campagne Genovesi. Due giorni più tardi altri 4 partigiani, probabilmente ex borsisti, venivano uccisi da una bomba a mano durante una festa nella frazione di Borgonuovo.
Il dopoguerra
Una volta deposte le armi, nel 1946, la magistratura iniziava a indagare sull’omicidio Scotti e la presunta implicazione della “Banda dei Vitelli” interrogando inizialmente un carabiniere di Bargagli, Armando Grandi, poi Federico Musso, il becchino del paese, le cui rivelazioni furono fondamentali al fine del ritrovamento della salma di Scotti. Gli sforzi investigativi però si riveleranno un fuoco di paglia e l’inchiesta segnerà il passo poco più tardi.
Arrivano gli anni ‘60, il mondo è cambiato e i fantasmi della guerra sembrano essersi sopiti per sempre. Ma il passato, spesso torna prepotentemente alla carica per tentare di riappropriarsi con violenza del destino di alcune persone. Il 9 novembre 1961 veniva rinvenuto sfracellato tra le rocce di in un dirupo Federico Musso, otto anni più tardi è il cadavere di Assunta Balletto a spuntare fuori. La donna, ex-staffetta partigiana, veniva rinvenuta con la testa fracassata. Gli anni settanta faranno da proscenio ad una vera e propria carneficina. Sempre in quel piccolo borgo ligure moriranno diverse persone. Il 21 aprile 1971 toccherà a Cesare Moresco, campanaro della chiesa del paese, ucciso a sprangate. L’abitazione di quest’ultimo verrà ritrovata totalmente a soqquadro.

Il 24 settembre dello stesso anno è la volta di Maria Ricci, la donna che per prima rinvenne il corpo della Balletto, colpita con un colpo di spranga alla testa. La donna riesce a salvarsi, ma dichiarerà di non ricordare nulla né dell’aggressione né dei responsabili. Passa poco più di un anno e Gerolamo Canobbio, 76enne ex partigiano e giardiniere della popolare baronessa De Magistris, subiva un agguato a colpi di spranga. Riusciva a salvarsi anche lui, ma anche stavolta nessuna informazione utile agli inquirenti. L’infausto destino lo attenderà il 13 novembre 1972 quando il suo corpo verrà ritrovato con il cranio sfondato da una spranga, lungo una sabbiosa viuzza di campagna.
Il 23 marzo 1974 stessa sorte toccherà alla presunta amante di Canobbio, Giulia Viacava. Per l’omicidio veniva inizialmente indiziato tale Pietro Cevasco, già amante della vittima, che il 26 gennaio 1976 verrá trovato morto suicida per impiccagione. Il sostituto procuratore Luigi Carli nel 1974 aprirà nuovamente un’inchiesta sul caso Scotti, incentrando i sospetti su Francesco Pistone, ex carabiniere di 65 anni, che nel 1944 disertò per entrare a far parte della Resistenza. Secondo gli inquirenti sarebbe stato proprio Pistone ad attirare Scotti nell’agguato mortale, purtroppo uno dei testimoni chiave dell’inchiesta sarebbe stato Pietro Cevasco ma la sua sospetat dipertita, in pratica, metteva a mollo le indagini. Infatti la Procura non disponendo di alcuna prova materiale per validare le accuse su Pistone chiudeva per sempre il fascicolo. La scia di sangue però non si arrestava: il 18 giugno 1978 Carlo Spallarossa, 63 anni, volava nel vuoto di una scarpata. Non si trattava di suicidio: la sua testa era stata sfondata a sprangate.
L’oro nazista
Quella che sembra una mattanza senza fine si trascina fino agli anni ‘80. Il 10 novembre 1980, difatti, viene ferito a fucilate Francesco Fumera, contadino sardo 70enne che bada ai terreni della Curia. il 20 dicembre dello stesso anno, le fucilate se le becca Carmelo Arena, disoccupato siciliano apparentemente senza alcun legame con le precedenti vittime. Anche lui dapprima ferito morirà dopo un’agonia di cinque giorni. Il 30 luglio 1983 è la volta di una morte da carta patinata: viene uccisa la baronessa Anita De Magistris, trovata con il cranio fratturato da un colpo di spranga.

Oltre ad essere un personaggio molto conosciuto nei salotti nobiliari del Nord Italia, la donna è anche vedova di Paul Drews, un ufficiale tedesco di istanza a Bargagli durante la guerra e ucciso nell’agguato partigiano del 19 aprile 1945 nel bosco della Tecosa, sempre a Bargagli. Il 20 marzo 1985 viene rinvenuto impiccato Francesco Pistone, uno dei principali indiziati nel caso Scotti. Improvvisamente non ci sono altri morti. Oltre all’identità del killer rimane tuttora un rebus il movente che spinse la mano o le mani assassine ad una simile barbarie lunga 40 anni. Le ipotesi fatte sono state tante.
Si dice che il 19 Aprile del ’45 un reparto della Wehrmacht proveniente dai cantieri navali di Riva Trigoso, stava risalendo la Val Bisagno addentrandosi nel bosco della Tescosa, vicino Bargagli. Nel corso del tragitto il reparto subisce un’imboscata e, nonostante la resa, l’intera brigata veniva trucidata a colpi di mitra. Le voci parlano di un agguato organizzato da alcuni borsari, forse proprio quelli appartenenti alla “Banda dei Vitelli”, arruolatisi poi nei ranghi partigiani. Pare che il convoglio tedesco trasportasse banconote della riserva numeraria della Banca d’Italia provenienti da Genova, sterline d’oro e preziosi razziati agli ebrei in seguito ai rastrellamenti di Chiavari.

Sembra che il valore totale del bottino si potesse aggirare intorno ai 130 milioni di lire dell’epoca, pari a circa otto miliardi di euro attuali. In seguito al colpo, probabilmente, la banda si sarebbe riunita in gran segreto per dividere il bottino, ma con molta probabilità qualcosa andava storto e 4 partigiani ci rimettevano la vita. Ma che cosa era successo? Mistero. Due giorni dopo, durante una festa rionale nella piazza di Borgonuovo, improvvisamente scoppiava una bomba e altri quattro partigiani venivano ammazzati dalle schegge. Successivamente verranno identificati come affiliati alla “Banda dei Vitelli“.
Il fatto che il marito della baronessa De Magistris, fosse uno degli ufficiali tedeschi morto ammazzato nell’agguato della Tescosa e che molte altre vittime fossero partigiani o individui legati strettamente al paesino di Bargagli, potrebbe avvalorare la tesi di un fil rouge che percorse il piccolo borgo dal dopoguerra fino a metà degli anni ‘80. Un filo conduttore che porta direttamente alla fortuna nazista dispersa. Se così fosse un vero e proprio tesoro si troverebbe ancora lì, fra quel paesino ligure ed i suoi pittoreschi dintorni. Oppure nascosto dietro vecchi mattoni di una casa distrutta dalle bombe oppure sepolto sotto diversi metri di terreno compatto. Quel tesoro, se esistesse davvero, potrebbe spiegare molte cose imbarazzanti. Cosi come se si venisse a sapere chi potrebbe averlo rubato. Forse.