Il canto degli uccelli, nel 2022, è stato oggetto di studio del King’s College di Londra che coordina il progetto “Urban mind”.
Roma – Stare a contatto con la natura fa bene alla salute della mente. Se distogliamo un attimo l’attenzione dalla vita urbana, dal traffico e dallo stress che produce la città e ci si fa cullare dai ricordi dell’infanzia, chi ha avuto la fortuna di crescere in piccoli paesi ricorderà con piacere gli enormi spazi verdi della campagna, in cui ci si sbizzarriva in vari giochi coi propri compagni d’avventura.
Soprattutto si era abituati a sentire gli odori, i profumi, i suoni degli animali e il canto degli uccelli, che avevano qualcosa di magico e il loro volo coordinato alla perfezione che aveva il sapore del mistero. Uno spettacolo che da bambini e adolescenti si ammirava sbalorditi ed estasiati da tale prodigio. Mentre nelle città non si sente altro che frastuono dei clacson o degli esseri umani, delle macchine, dei cantieri, molto numerosi in ogni città italiana, saranno i soldi investiti del PNRR, chissà! Invece, proprio il canto degli uccelli, nel 2022, è stato oggetto di studio del King’s College di Londra, uno dei due college fondatori dell’Università londinese, tra i più prestigiosi atenei al mondo.
Ebbene, stare a contatto con la natura, compresi minuscoli spazi in città, rallenta notevolmente eventuali disturbi mentali. Senza essere tacciati di mielosa sensibilità, i dati nudi e crudi hanno dimostrato che ascoltare il canto degli uccelli quotidianamente porta benefici a chi è depresso ma anche a tutte le persone. Lo studio invitava i medici a prescrivere, come terapia per disturbi psichiatrici e/o psicologici, la visita di parchi e boschi, in cui è massiccia la presenza di uccelli.
Gli autori dello studio sostenevano che “c’è la necessità di proteggere meglio l’ambiente e migliorare la biodiversità nelle aree urbane, suburbane e rurali al fine di preservare gli habitat degli uccelli“. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista inglese “Scientific Reports”. Grazie alle melodie di cardellini, pettirossi, gazze e altri bipedi alati, le “cavie” oltre ad assistere ad un vero spettacolo musicale della natura, hanno tutte espresso delle notevoli migliorie, anche coloro a cui era stato diagnosticato uno stato depressivo.
Dal 2018 il College coordina l’Urban Mind, un progetto che si propone di valutare l’impatto dell’ambiente urbano in cui si vive sulla salute psicologica, sia per quanto riguarda gli elementi sociali che quelli fisici. È noto che stare all’aria aperta, praticare attività sportiva fa bene alla salute del corpo. Ora si è dimostrato che i benefici sono anche per la mente, perché la natura è un valido supporto per la concentrazione e rallenta l’affaticamento mentale. Inoltre, migliora anche la memoria, l’attenzione e si riduce lo stress. È un invito a riconsiderare la natura e quei pochi angoli verdi nelle città, sopravvissuti al flagello cementizio. Perché prendersi cura della natura è come curare sé stessi.
La solitudine è stato un argomento che ha incuriosito i ricercatori. Soprattutto dopo la pandemia e il lockdown, che ci ha costretti alla reclusione forzata. Pochi contatti esterni, per sconfiggere il Covid-19, il malefico e perfido virus che tanti danni ha provocato, i cui effetti, con le sue varianti, fortunatamente meno pericolose dell’originale, sono ancora avvertiti soprattutto tra le persone anziane e fragili.
Ebbene stare a contatto con la natura produce un calo del 28% in meno di probabilità che il velenoso morso della solitudine produca i suoi deleteri esiti. Riappropriarsi di spazi verdi in città e avere la possibilità di potersi immergere nella natura, facendosi trascinare e travolgere è un’esperienza salutare e gioiosa. Quando si ascolta, estasiati, il canto degli uccelli o si assiste a quei meravigliosi, stupefacenti voli pindarici in gruppo con un’armonia e una perfezione che rasentano il divino, perché di un miracolo si tratta, bisogna stare attenti che durante il concerto o mentre si distendono nell’azzurro del cielo, non lascino qualche loro ricordino sotto forma di… guano. Non è un’esperienza piacevole, testimonianza di cronista!