Il ministro Nordio snocciola il suo programma per rimettere in piedi il sistema, dalle intercettazioni alla separazione delle carriere. Ma un’indagine di Astraricerche svela che il livello di gradimento dei cittadini per i giudici e la legge è ai minimi storici.
Roma – È un momento cruciale per la Giustizia. Prescrizione, intercettazioni, separazione delle carriere, abuso d’ufficio. Il cantiere delle riforme va avanti a spron battuto. A fare il punto sui lavori in corso – spesso interrotti da incidenti di percorso e bagarre parlamentari – è stato il ministro della Giustizia Carlo Nordio, illustrando la sua relazione alla Camera.
I proclami sono stati molti per una serie di riforme ambiziose nel sistema giudiziario italiano, che mirerebbero a modernizzare le pratiche, rafforzare la trasparenza e affrontare le sfide emergenti. Il primo risultato incassato dal governo e dal Guardasigilli è senz’altro l’approvazione in Commissione Giustizia al Senato, del ddl sulle intercettazioni, che vieta la pubblicazione di quelle che tirano in ballo terze persone finite nelle maglie delle indagini.
“Una norma di civiltà”, ha detto Nordio criticando la brutta piega che questo fenomeno aveva assunto, con eccessi nell’utilizzo delle intercettazioni che tanto è costato in termini di spesa alle Procure. Ecco perché si vorrebbe porre un freno con l’introduzione di un tetto di spesa agli uffici giudiziari.
Ma al di là dei proclami, quanta fiducia hanno gli italiani nella giustizia? La risposta, secondo un’indagine realizzata da Astraricerche e illustrata nella sala stampa della Camera – in occasione della presentazione dell’Osservatorio dei Laici nell’Ordinamento giudiziario, organismo informale nato a ‘supporto’ della componente non togata del Csm – sarebbe poco confortante. Una fiducia “molto contenuta, decisamente bassa, come è molto limitato anche il loro apprezzamento per l’operato dei giudici. Sono alcuni aspetti emersi dall’indagine ‘Gli italiani, la Giustizia e i giudici’.
Il report conta circa mille interviste a persone tra i 18 e i 70 anni. Il direttore di Astraricerche, Cosimo
Finzi, ha segnalato che meno di un terzo del campione ha espresso un voto alto per l’operato dei giudici del processo civile e dei giudici di pace (32,9%), più o meno lo stesso per i giudici del processo penale e i pm (32%), e gli avvocati (29,9%). Un livello di fiducia molto limitato, ha osservato Finzi. Nella maggior parte dei casi, l’esperienza diretta con l’amministrazione della giustizia avviene tramite la figura dell’avvocato.
Il 75% degli intervistati ha avuto contatti diretti almeno una volta (il 18,4% molte volte) con un avvocato, e almeno una volta il 47,1% ha avuto a che fare con un giudice del processo civile o di pace, con i giudici del
processo penale (31,9%) e i pubblici ministeri (30,3%). Se dovesse capitare di essere chiamati in giudizio, per un fatto per il quale si ritiene di avere ragione, la fiducia riposta nella giustizia è bassa. Ha molta o abbastanza fiducia solo poco più di un intervistato su tre (37,8%), il 34,9% si fida così così e ben il 27,4% ha poca o addirittura nessuna fiducia: si tratta in particolare delle donne 55-70enni (42%) e delle 35-44enni (35%).
Gli italiani si fidano assai più del proprio avvocato (il 61% molto o abbastanza) che delle leggi (39,7%) o dei giudici da cui si deve essere giudicati (39,4%). Alla domanda su chi valuta i giudici, l’opinione dominante è
che il loro operato sia sottoposto al controllo da parte di soggetti preposti. Solo il 12,3% ritiene che nessun soggetto effettui tale controllo, circa un intervistato su tre invece indica quale soggetto – preposto al controllo e alla valutazione dell’operato dei giudici – la Corte Costituzionale (31,9%) oppure altri magistrati, una loro associazione, un loro organo rappresentativo (31,2%).
Quasi l’80% degli intervistati afferma di aver già sentito nominare il Consiglio superiore della magistratura: il 35,9% ne conosce anche il suo ruolo di monitoraggio e valutazione dell’attività dei magistrati. Un intervistato su cinque però non conosce nemmeno l’esistenza del Csm. Il campione ritiene (molto o abbastanza) che l’organo di autogoverno sia fondamentale per garantire l’indipendenza della magistratura (50,6%). Ma una gran parte ritiene anche che sia in conflitto di interessi perché i giudici sono valutati da altri giudici (48,8%) e che la composizione non ne garantisca l’indipendenza dalla politica (47,7%).
Già, quella politica che è chiamata a decidere sulle leggi, sulla legge, sulla giustizia. Una indagine che non sorprende, e che evidenzia ancora una volta la cattiva percezione di questo tema da parte dei cittadini. Sempre più giù. Il livello di fiducia degli italiani nei confronti della giustizia è ai minimi storici.