Il mistero degli spettri nel casolare abbandonato continua a turbare la quiete della campagna: testimonianze di avvistamenti di fantasmi e urla strazianti.
SAN CIPRIANO PO’ (Pavia) – Gli unici spettri che sul finire della seconda guerra mondiale pare frequentassero l’Oltrepò pavese, straordinaria terra di vini e gastronomia eccellenti, pare fossero le truppe tedesche in ritirata e gli italiani repubblichini appartenenti alla famigerata Sicherheits Abteilung, la polizia speciale fascista, meglio conosciuta con il nome storpiato di Sicherai. Nelle zone del vogherese ma sino a Piacenza ed oltre, il ricordo drammatico delle stragi di partigiani e cittadini è ancora vivo nelle persone anziane che, a memoria, sentono ancora i brividi lungo la schiena quando ricordano le gesta di sangue degli aguzzini alleati delle SS.
Una breve prologo è d’obbligo. La Sicherai, ovvero Secondo battaglione italiano di polizia, era stata da fondata nel 1943 da Guido Alberto Alfieri (colonnello della Regia aviazione passato poi alla Repubblica sociale italiana) a Casteggio, in provincia di Pavia. Dopo un breve trasferimento a Voghera il comando dei militi senza scrupoli si trasferì a Varzi, in val Staffora, dove erano frequentissimi i combattimenti con i partigiani. Gli uomini che ne facevano parte erano fascisti toscani sbandati dopo l’armistizio dell’8 settembre, disertori e ogni sorta di ex militari che avevano prestato giuramento alla Repubblica di Salò ma che erano sotto il diretto controllo del comando germanico.
Non erano militi da battaglia ma utilizzavano i metodi degli infiltrati, dei delatori, delle donne compiacenti, per carpire notizie ed eliminare gli antifascisti con mezzi sbrigativi e senza processo. Insomma una banda di delinquenti che non piacevano nemmeno ai tedeschi che finivano per utilizzarli sapendo che erano più odiati loro di quanto non lo fossero i soldati di Hitler. Morto ammazzato il loro comandante Alfieri, per un banale errore di fuoco amico da parte dei suoi uomini, la Sicherai cadde nella mani di Felice Fiorentini, ingegnere, bersagliere e aviatore, già direttore della ferrovia Voghera-Varzi.
Con Fiorentini si diede inizio agli eccidi di uomini, donne e bambini considerati partigiani spesso a torto e le lapidi disseminate in tutto l’Oltrepò pavese ne sono la testimonianza. Il 28 aprile del ’45 Fiorentini venne catturato dai partigiani e, dopo la gogna della gabbia e a seguito di un processo sommario, condannato a morte il 3 maggio successivo a mezzo fucilazione alla periferia di Varzi, laddove l’ingegnere aveva trucidato tre giovani.
Quasi tutti gli ufficiali e sottufficiali della Sicherai subirono la medesima sorte. Fra morti partigiani e fascisti che cosa accada in un casolare alla periferia di San Cipriano Po’ è difficile da spiegare. Proprio in quella casa, ormai quasi del tutto distrutta, più esattamente sul retro dove insisteva un bel giardino, oggi coperto da fitta vegetazione infestante, erano stati ammazzati dagli uomini della Sicherai alcuni giovani come ricordano un paio di lapidi, di cui una ubicata davanti al casolare:
”… Mi piace passeggiare anche d’inverno in queste zone tranquille dai mille ricordi tragici – racconta A.D. di 40 anni, psicologa – lascio l’auto dove è possibile e mi addentro nei campi attraversando le stradine che delimitano le coltivazioni. Più di una volta, all’imbrunire, avevo notato dei bagliori provenire da una delle finestre di quel casolare abbandonato ma non avendo paura mi ero spiegata il fatto come un riflesso del tramonto sui vetri rotti che si notano ancora. In quella zona sono tornata altre volte, l’ultima delle quali mi ha davvero scosso non tanto per il fatto in sé quanto per l’evolversi del fenomeno come se fosse realtà. Ho visto alcune ombre verosimilmente di uomini e sentito come delle urla provenire dalla medesima finestra dalla quale avevo visto i bagliori di luce.
Sono rimasta impietrita a guardare e le urla erano strazianti mentre alcuni rumori indefiniti aumentavano di volume. Decidevo quindi di allungare il passo e, sulla stradina, in basso, notavo la lapide di uno dei tanti partigiani trucidati in zona. Sul marmo era incisa la data della morte: 26 aprile 1945. Anch’io ero passata di li il 26 aprile ma del 2016!.. Negatività sotto forma di energia? Chissà, da allora non sono più tornata…”.