Al momento i presunti assassini di Marco Vannini attendono il giudizio della Cassazione ma, nel frattempo, difendono le loro verità sui social e in diverse trasmissioni televisive:”…Non so chi permette a questi signori tutto questo – dice Marina Conte, mamma del povero Marco – io aspetto fiduciosa la sentenza della Cassazione prevista per il prossimo 3 maggio…”.
Roma – I social network, oltre che piazze libere dove gridare il proprio disappunto contro la società e le istituzioni, sono diventati anche una sorta di liberi tribunali dove difendersi dai propri guai giudiziari.
Meglio sarebbe sviscerare i propri argomenti difensivi in udienza ma c’è chi la pensa diversamente. Fra questi Federico Ciontoli, 29 anni, figlio di Antonio Ciontoli, 53 anni, quest’ultimo ritenuto l’autore materiale dell’omicidio di Marco Vannini, 20 anni, ucciso con un colpo di pistola il 18 maggio 2015.
Il giovane, con video e dichiarazioni, ha riempito di post i suoi due profili Facebook, tentando di scagionarsi dalle accuse che l’hanno visto condannato a 9 anni e 4 mesi di carcere in Corte d’Assise e d’Appello per concorso in omicidio.
Capo d’imputazione che è stato esteso agli altri componenti della famiglia con medesima condanna ovvero alla madre Maria Pezzillo e alla sorella Martina. Il padre Antonio, invece, è stato condannato a 14 anni di reclusione per omicidio volontario con dolo eventuale.
Fra i tanti punti oscuri di quella notte drammatica Federico Ciontoli prende in esame gli eventi accaduti presso il pronto soccorso e la caserma dei carabinieri:
”… Quella sera, al Pit, nessuno tra medici e infermieri aveva capito cosa realmente stesse succedendo a Marco – scrive Federico su Fb – i medici, sapendo quello che avevo saputo io dopo aver trovato il bossolo, ovvero che il proiettile era nel braccio, non si riuscivano a spiegare la reazione di Marco. Nessuno di loro aveva intuito il possibile percorso interno del proiettile, né tantomeno avevano capito che un’emorragia interna fosse in corso. L’ogiva, infatti, non fu visibile fino a dopo l’arresto e il massaggio cardiaco… E in quel momento io ero già nella caserma dei carabinieri a Ladispoli…”.
Insomma Federico pare fosse convinto che Marco era stato solo ferito al braccio. Dunque avrebbe potuto salvarsi. Una volta in caserma, fra i momenti concitati di quella notte infinita, Federico Ciontoli avrebbe appreso dal padre del decesso di Marco:
”… Vado via con la consapevolezza che Marco avesse un proiettile nel braccio – continua a scrivere il giovane – e che, come disse il dottor Matera, quella non era una cosa importante in quel momento. La cosa primaria era far calmare Marco, e per questo chiesero a Marina se avesse assunto droghe, dopo aver iniettato una sostanza inibente, un antidoto contro stupefacenti (come testimoniato da loro)…
…Arrivati in caserma, mio padre andò in una stanza con i carabinieri e io rimasi nella sala d’attesa con Viola. Mia madre e mia sorella in quel momento erano andate in bagno. Quando mio padre tornò con il maresciallo Izzo nella sala di attesa, urlava e sbatteva tutto, e allora mi rivolsi a lui dicendo:
“…Papà, ma ti rendi conto cosa poteva succedere?” (sicuro del fatto che il proiettile era nel braccio e che essendo Marco con dei medici non c’era nulla di cui preoccuparsi) Lui rispose: “Ma che cazzo dici, Marco è morto. Mio padre urlava, piangeva, bestemmiava e chiedeva ai carabinieri di arrestarlo, di mettergli le manette…diceva che era finita… Quando poi mia sorella tornò dal bagno, fu la fine…Fino a quel momento, la possibilità che la vita di Marco fosse a rischio non aveva mai sfiorato i miei pensieri…non penso di aver mai vissuto una sensazione così annientante…un buio alienante…Ho sperato tante volte quella notte (e anche in questi anni) di svegliarmi e realizzare che Marco era qui e fosse solo un incubo…”.
In buona sostanza Federico non avrebbe avuto la percezione della tragedia, come lascia intendere anche suo padre Antonio durante la tanto controversa intervista con Selvaggia Lucarelli durante la trasmissione L’Ultima Difesa su Discovery +.
Parole che, in udienza, pare non abbiano avuto riscontri:”…Non so chi permette a questi signori tutto questo – dice Marina Conte, mamma del povero Marco – io aspetto fiduciosa la sentenza della Cassazione prevista per il prossimo 3 maggio. Ho rifiutato di partecipare ad un confronto televisivo con l’assassino di mio figlio…”.
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