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Google danneggia la concorrenza?

Nel mese di giugno scorso la notizia è passata quasi inosservata nel tam tam mediatico quando avrebbe meritato più attenzione. Google nei guai seri.

Roma – La Commissione Europea ha informato Google sui risultati preliminari dell’indagine per abuso di posizione dominante nel mercato della pubblicità online. Il colosso statunitense potrebbe essere accusato di aver distorto la concorrenza violando le norme comunitarie. Google avrebbe tratto profitto per i suoi servizi pubblicitari, sfruttando la sua posizione dominante nella raccolta pubblicitaria. Sono vari gli strumenti a disposizione di Google nel mercato della raccolta pubblicitaria. Attraverso Google Ads e dv 360, vende pubblicità tout court, con DoubleClick for Pubblishers (DFP) gli editori hanno la possibilità di vendere spazi pubblicitari e, per finire, con Adx permette a domanda ed offerta di pubblicità di incontrarsi.

Google sotto indagine

Pare che, grazie alla posizione dominante, Google avrebbe favorito il suo servizio di intermediazione Adx, sia scegliendolo al posto della concorrenza al fine di farne crescere il valore, sia utilizzando i dati raccolti dagli editori. In questo modo riusciva a conoscere le offerte pubblicitarie concorrenti prima di mettere sul mercato le proprie.

Si comprende che così otteneva una vantaggio competitivo. La Commissione ritiene che il comportamento di Google fosse premeditato per far aumentare il valore dei suoi servizi. L’azienda, così, riusciva a mantenere alti i prezzi, violando le norme anti-trust del mercato comunitario. Se l’accusa fosse confermata, dopo aver espletato le procedure burocratiche, per rimediare al… misfatto, Google dovrebbe cedere alcune attività del mercato pubblicitario online.

Accuse e controversie

Lì accusato, ovviamente, non poteva essere altrimenti, ha rilasciato un comunicato in cui dichiara di non condividere il punto di vista della Commissione Europa. Qui, non si tratta di una disputa filosofica, per cui si può non condividere, legittimamente, il pensiero altrui. Siamo di fronte, invece, in una situazione in cui bisogna dimostrare se l’accusa è vera o falsa. Non si è mai visto un ladro accusato di furto che ha dichiarato di non condividere il punto di vista dell’accusatore. E’ come chiedere all’acquaiolo, come si diceva un tempo, com’è l’acqua? Domanda retorica e risposta scontata. Il forte sospetto è che tutto possa finire a “tarallucci e vino”, come si dice quando un contenzioso terminerà in modo amichevole, in un nulla di fatto. Noi in Italia siamo esperti del settore. L’ex Fininvest, poi Mediaset, per anni ha assunto una posizione dominante nell’ambito della raccolta pubblicitaria, provocando una distorsione del mercato.

Ma nonostante denunce e proteste, la situazione non è mai mutata, anzi il quasi monopolio si è accentuato. Qualora Google fosse condannata sarebbe una notizia da prendere con sollievo in quanto il controllo della raccolta pubblicitaria, soprattutto nel settore editoriale, può influire in maniera determinante sulla libertà di pensiero. Inoltre, sarebbe soddisfacente per noi cittadini comunitari che la legge venga fatta rispettare. Speriamo che sia così e che la lunga mano degli interessi lobbistici non abbia partita vinta!

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