Giorno della Memoria, il dovere di ricordare la tragedia inconcepibile dell’Olocausto

Il 27 gennaio 1945 l’Armata rossa entrava ad Auschwitz rivelando al mondo l’orrore dei campi di sterminio. Iniziative in tutta Italia, mentre dilagano gli episodi di antisemitismo: sfregiato il murales del Binario 21 al Memoriale della Shoah di Milano. Stop ai cortei pro Palestina.

Il 27 gennaio del 1945, alle 8 del mattino, le truppe dell’Armata rossa, impegnate nella offensiva Vistola-Oder in direzione della Germania, fecero il loro ingresso nel campo di concentramento di Auschwitz, nell’odierna Polonia, rivelando al mondo l’agghiacciante volto dell’orrore. All’interno del lager c’erano circa settemila uomini, detenuti in condizioni pietose: gli ultimi sopravvissuti del milione e più di deportati che tra il 1940 e il 1944 vi avevano trovato la morte.

Imprigionate, torturate dai loro aguzzini, disumanizzate, costrette a vivere nel terrore perenne, in stato di denutrizione, nella sporcizia e tra le malattie più atroci, le vittime erano state condannate allo sterminio dai deliri del regime nazista (e dei suoi alleati) per il solo fatto di essere ebrei oppure di appartenere ad altre categorie di “indesiderabili”: zingari e rom, neri europei, slavi, disabili, omosessuali, testimoni di Geova, dissidenti politici e altre minoranze. L’Olocausto provocò la folle cifra di 15 milioni di morti. Di questi quasi 6 milioni erano ebrei: un genocidio che preferiscono indicare con il termine di derivazione biblica Shoah, che significa “catastrofe, distruzione” a ben rappresentare un calvario quasi innominabile.

I binari di Auschwitz

Il complesso dei campi di Auschwitz, il più grande mai realizzato dal nazismo, svolse un ruolo fondamentale nel progetto di “soluzione finale” della questione ebraica, ossia la loro completa cancellazione come “razza”. Ne facevano parte tre campi principali (Auschwitz I, Auschwitz II-Birkenau e Auschwitz III-Monowitz ) e ben 45 sotto-campi. L’area di interesse del campo (Interessengebiet) arrivò a ricoprire, dal dicembre 1941, la superficie complessiva di circa quaranta chilometri quadrati dentro i quali avevano sede anche alcune aziende in cui i deportati venivano sfruttati come schiavi prima di morire di stenti o essere uccisi.

Prigionieri in un lager

Ciascuno dei tre campi principali aveva una funzione specifica. Auschwitz I era un Konzentrationslager (campo di concentramento) dove i prigionieri erano costretti a lavorare e vivere in condizioni impossibili tra torture, atroci privazioni e la fame più nera. Auschwitz II-Birkenau era il Vernichtungslager (campo di sterminio). Qui i prigionieri venivano selezionati poco dopo l’arrivo sui famigerati vagoni piombati: gli «inabili al lavoro» (anziani, donne e bambini soprattutto) finivano immediatamente nelle camere a gas, gli altri erano avviati al lager dove la morte era solo una questione di tempo. Auschwitz III-Monowitz, infine, era l’Arbeitslager (campo di lavoro), dove i prigionieri (tra loro anche Primo Levi ed Elie Wiesel) erano costretti a lavorare in stato schiavile per il grande impianto chimico “Buna Werke”, allora in costruzione (e che non vide mai la luce). Migliaia morirono di stenti o furono uccisi una volta divenuti “inabili” a causa delle condizioni di vita impossibili. I prigionieri erano “accolti” dalla scritta Arbeit macht frei (“Il lavoro rende liberi”) posta sopra al cancello d’ingresso del complesso, una frase beffarda e cinica perché in realtà l’unica “liberazione” a cui potevano aspirare era la morte.

La scritta “Arbeit macht frei”, il lavoro rende liberi, all’ingresso di Auschwitz

Il doveroso ricordo delle indicibili atrocità di quello che fu tra i più grandi genocidi della storia è mantenuto vivo il 27 gennaio di ogni anno dalle celebrazioni del Giorno della Memoria, istituito dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite l’1 novembre 2005 (con la risoluzione 60/7) nel 60mo anniversario della liberazione dei lager nazisti proprio per ricordare le vittime dell’Olocausto. Anche l’Italia celebra il Giorno della Memoria con moltissime iniziative in tutto il Paese: incontri, mostre, conferenze, convegni, concerti e spettacoli, ma anche momenti di riflessione e ricordo ai quali partecipano istituzioni e personalità politiche nel tentativo di costruire, su questi tragici e incancellabili fatti, una memoria condivisa.

Il binario 21 della stazione Centrale di Milano con i vagoni utilizzati per la deportazione degli ebrei

Tra i luoghi-simbolo della Shoah c’è, a Milano, il famigerato Binario 21 della Stazione Centrale, dal quale il 6 dicembre 1943 partì il primo convoglio di prigionieri ebrei diretto ad Auschwitz-Birkenau: delle 169 persone avviate al lager ne tornarono solamente 5. Il binario fu attivo fino al 1945 con convogli diretti anche ad altri campi del Reich (come Mauthausen) o ai campi italiani di raccolta come Fossoli e Bolzano. E da qui il 30 gennaio 1944 partì anche il treno merci che deportò ad Auschwitz-Birkenau 605 persone. Solo 22 sopravvissero: tra loro anche Liliana Segre, allora tredicenne, oggi senatrice a vita.

L’opera “Binario 21, I Simpson ebrei deportati ad Auschwitz” di aleXsandro Palombo sui muri del Memoriale della Shoah di Milano, deturpati dalle scritte antisemite.

Qui si trova la sede del Memoriale della Shoah di Milano, che sorge nella zona sottostante il piano dei binari dove i prigionieri provenienti dalle carceri di San Vittore venivano caricati su carri bestiame in partenza per i lager. E proprio qui, sul murales “Binario 21, I Simpson ebrei deportati ad Auschwitz” dipinto da aleXsandro Palombo sui muri del Memoriale, ieri sono apparse le sconcertanti scritte “W Hitler”, “M****e” e “Fuck Israele”, ennesimo episodio di antisemitismo alla vigilia del Giorno della Memoria. L’artista aveva ritratto la famiglia Simpson deportata nei campi di concentramento nazisti per raccontare il “prima” e il “dopo” l’orrore dell’Olocausto. A un anno dalla sua realizzazione, l’opera è stata sfregiata già per la quarta volta.

Gli episodi di antisemitismo e intolleranza si sono moltiplicati, a Milano come altrove in Europa e nel mondo, dopo il 7 ottobre scorso, data di inizio del conflitto armato scoppiato in conseguenza dell’attacco di Hamas a Israele del 2023. Un’escalation di episodi preoccupanti – tra i quali minacce, aggressioni, sfregi a luoghi di culto e sinagoghe e vandalismi ai danni delle pietre d’inciampo – che hanno alzato il livello di attenzione e indotto il Ministro degli Interni Piantedosi a disporre lo stop ai cortei pro Palestina organizzati nel Giorno della Memoria. A Milano il sindaco Beppe Sala ha comunicato il divieto suscitando le vive proteste dei Giovani Palestinesi. Loro, hanno detto, scenderanno in piazza lo stesso.

Facebook
Twitter
LinkedIn
WhatsApp
Email
Stampa