Giornalisti sotto attacco: il prezzo della verità in Russia, Tunisia e Venezuela

La maratona di raccolta firme di Amnesty International a sostegno di Elena Milashina, Mohamed Boughalleb e Carlos Julio Rojas.

Roma – Nel mondo, il giornalismo indipendente è spesso un atto di coraggio che si paga a caro prezzo. Centinaia di operatori dell’informazione vengono perseguitati, minacciati, incarcerati o uccisi per aver cercato di raccontare la verità, specialmente in contesti di conflitto, regimi autoritari o crisi umanitarie. Le storie di Elena Milashina in Russia, Mohamed Boughalleb in Tunisia e Carlos Julio Rojas in Venezuela, sostenuti dalla campagna di Amnesty International per la libertà di stampa dal 3 maggio al 3 giugno, sono emblematiche di questa lotta per la libertà di espressione.

Elena Milashina, giornalista investigativa di Novaya Gazeta, segue le orme di Anna Politkovskaja, assassinata nel 2006 per le sue inchieste sulle violazioni dei diritti umani in Cecenia. Milashina ha denunciato rapimenti, torture, esecuzioni extragiudiziali e campagne omofobe nella regione, attirando l’ira del leader ceceno Ramzan Kadyrov. Nel 2017, ha rivelato l’esecuzione di massa di 27 uomini ceceni e la persecuzione della comunità LGBTQIA+, suscitando condanne globali ma nessuna risposta concreta da parte delle autorità russe.

La sua vita è costantemente a rischio: nel 2020, Milashina e l’avvocata Marina Dubrovina sono state aggredite a Grozny, senza che i responsabili fossero puniti. Nello stesso anno, Kadyrov l’ha minacciata di morte per un articolo sulla gestione della pandemia in Cecenia. Nonostante le intimidazioni, Milashina continua a denunciare arresti illegali e torture, come nel caso delle rivelazioni del 2021 basate sulla testimonianza di un ex ufficiale ceceno. La Russia, specialmente dopo l’invasione dell’Ucraina nel 2022, ha intensificato la repressione dei media indipendenti, con almeno 30 giornalisti detenuti e oltre 18.500 siti web bloccati per la copertura della guerra.

In Tunisia, il presidente Kais Saied ha dichiarato guerra alla libertà di stampa, utilizzando il Decreto legge 2022-54 sui reati informatici per silenziare i critici. Mohamed Boughalleb, giornalista di Carthage Plus e Cap FM, è stato arrestato il 22 marzo 2024 per aver criticato la gestione del Ministero degli Affari Religiosi. Condannato a otto mesi per diffamazione, ha subito un grave peggioramento delle condizioni di salute in carcere. Rilasciato in libertà provvisoria il 20 febbraio 2025, è ancora soggetto a un divieto di viaggio e rischia fino a cinque anni di carcere.

Dal 2021, Saied ha consolidato il potere attraverso arresti arbitrari di giornalisti, attivisti e oppositori. Altre figure come Borhen Bsaies, Mourad Zeghidi e Sonia Dahmani sono state condannate per reati informatici, in un contesto in cui oltre 70 persone sono state perseguitate per aver esercitato i loro diritti. La repressione viola trattati internazionali come il Patto internazionale sui diritti civili e politici, di cui la Tunisia è parte.

In Venezuela, la crisi dei diritti umani si intreccia con la repressione della libertà di espressione. Carlos Julio Rojas, giornalista e attivista, è stato arrestato il 15 aprile 2024 a Caracas con accuse infondate di terrorismo e tentato omicidio del presidente Maduro. Detenuto a El Helicoide, sotto la custodia del Sebin, Rojas è considerato un prigioniero di coscienza da Amnesty International. Il suo lavoro di denuncia delle condizioni della sua comunità lo ha reso un bersaglio del regime.

Secondo Foro Penal, al 17 febbraio 2025, 1.061 persone erano detenute arbitrariamente per motivi politici, tra cui 198 minorenni arrestati dopo le contestate elezioni del 2024. La “legge anti-Ong” e altre normative repressive minacciano ulteriormente la società civile, mentre detenzioni arbitrarie, sparizioni forzate e torture restano prassi comuni.

La campagna di Amnesty International (www.amnesty.it) invita a firmare per proteggere Milashina, Boughalleb e Rojas, simboli di una lotta globale per la verità. Il giornalismo non è un reato: è un pilastro della democrazia e dei diritti umani. Chiedere protezione per questi coraggiosi operatori dell’informazione significa difendere il diritto di tutti a un’informazione libera e indipendente.

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