Gelosia mortale: la tragica fine di Marzia Bettino. Ergastolo per il marito

Un femminicidio scaturito da rabbia e gelosia ma anche per questioni d’interesse. L’uomo ha chiesto scusa ai suoi familiari mentre i figli, parte civile contro il padre, hanno ottenuto un risarcimento.

GENOVA – L’ha strangolata con un cordino per zittirla ma non aveva premeditato il femminicidio. Cosi la Corte d’Appello di Genova ha comminato il fine pena mai, senza l’aggravante della premeditazione, a Sebastiano Cannella, 58 anni, operaio edile, riconosciuto colpevole della morte della moglie Marzia Bettino, coetanea del marito, ammazzata in casa lo scorso 27 luglio.

La tragica vicenda trae origine dalla separazione dei due coniugi che la moglie aveva chiesto per il ripetersi di scenate di gelosia da parte dell’uomo che non consentivano più alla vittima di vivere serenamente un rapporto sentimentale ormai deteriorato. Cannella non l’aveva presa bene e aveva detto alla moglie, più volte, di tornare sulle sue decisioni ma la donna non aveva inteso ripensarci e dunque continuava dritta per la sua strada sino alla separazione che avrebbe ottenuto di lì a poco.

Sebastiano Cannella

Cannella aveva anche un altro problema: avrebbe considerato in parte anche sua la villetta di proprietà di Marzia Bettino poiché il muratore avrebbe contribuito alla manodopera per ristrutturarla e alle spese per l’acquisto di materiali. La donna, infatti, gli aveva concesso di abitare nella foresteria attigua alla villetta. Anche per questo motivo dunque i due, ogni volta che si incontravano, iniziavano a litigare e anche quel maledetto 27 luglio del 2022 quando l’alterco era diventato più violento degli altri. Al culmine del diverbio, infatti, Cannella avrebbe afferrato un cordino di quelli utilizzati per stendere al biancheria e l’avrebbe avvolto intorno al collo della moglie stringendolo sino a quando la donna si accasciava sul pavimento della dependance ormai cadavere.

A questo punto l’uomo si sarebbe allontanato dalla villetta di San Biagio a Genova vagando per la città per poi decidere di chiamare i carabinieri piuttosto che partecipare al funerale della madre che, ironia della sorte, si sarebbe celebrato proprio la mattina dell’omicidio. “Ho ucciso mia moglie, venite a prendermi…Non ce la facevo più”, aveva detto Cannella ai militari che lo ammanettavano in strada nel quartiere Valpolcevera dove l’uomo aveva girovagato da solo prima di essere fermato.

I due figli della coppia non erano in casa quando si consumava il delitto ma qualche ora dopo era stato il figlio Andrea, di 32 anni, a scoprire il cadavere della madre. Successivamente giungevano sul posto i carabinieri e lo stesso reo confesso che aveva indicato ai militari l’indirizzo di casa prima di chiudersi in un ostinato mutismo che si sarebbe protratto anche dopo il trasferimento dell’uomo in carcere. Cannella veniva dunque rinviato a giudizio per omicidio volontario aggravato dalla premeditazione poiché gli inquirenti avevano ritenuto che quel nodo scorsoio ritrovato sul cordino utilizzato per strangolare la moglie fosse stato preparato ad arte  e prima di consumare l’omicidio. Il consesso giudicante, invece, non disponeva l’aggravante ma di fatto la pena rimaneva invariata.

I carabinieri durante il sopralluogo in casa della vittima

Durante il processo era stato ascoltato lo psichiatra nominato come CTU dal pubblico ministero Federico Panichi, che aveva descritto Cannella come una persona con un disturbo paranoide narcisistico ma capace di sostenere il giudizio. Successivamente l’imputato era stato ritenuto capace di intendere e di volere ed il procedimento penale continuava spedito sino al verdetto finale:

“Era un periodo in cui attraversavo una forte depressione per la perdita di mia madre e per la separazione – aveva detto Cannella in aula – nessuno mi dava aiuto. Quel giorno abbiamo litigato poi abbiamo avuto un rapporto sessuale e lei mi ha rimproverato ancora. Volevo zittirla…Allora sono uscito a prendere una boccata d’aria poi ho avuto un blackout e mi sono ripreso ma mia moglie era a terra…”.

Pochi minuti prima della lettura del dispositivo Cannella ha chiesto scusa ai suoi familiari, ai figli con i quali non c’era un buon rapporto, e a tutti quelli a cui l’uomo avrebbe fatto del male. Momenti di tensione in aula dopo il verdetto tra i familiari di Cannella e uno dei figli, che si sono costituiti parte civile contro il padre chiedendo un risarcimento, al punto che si è reso necessario l’intervento dei carabinieri per calmare gli animi.

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