Aumento dei tassi: i cannoni di Putin hanno portato l’inflazione in Europa, l’artiglieria della Banca centrale rischia di fare altri danni. L’Italia è sempre più povera.
Roma – Dall’alto della scintillante Eurotower, sede della Banca centrale europea, grattacielo che troneggia sul distretto finanziario di Francoforte, la presidente Christine Lagarde, guardiana dell’euro, continua a bombardare l’inflazione a colpi di rialzo dei tassi. L’ultimo, di 25 punti base, porta il costo del denaro in Europa al 4,5%, il massimo storico. In soldoni il provvedimento si traduce in minor credito alle imprese, contrazione dell’economia in Eurolandia – e infatti le previsioni sul Pil sono state aggiornate al ribasso – e nuovi salassi per le famiglie con mutui a tasso variabile.
Lagarde fa il suo mestiere, l’inflazione è una bestia che va domata, tuttavia la risposta della vestale della moneta unica all’impennata dei prezzi appare una ricetta scolastica, di quelle contenute nel manuale del buon economista: i prezzi si raffreddano usando la leva dei tassi. Sebbene l’Eurotower svetti così in alto nel cielo d’Europa, alla Bce e alla sua presidente sembra oggi mancare la visione d’insieme e ancora di più il giusto timing negli interventi. Lagarde ha già fatto pubblica ammenda per l’attendismo del 2022, quando allo scoppio della guerra in Ucraina e al conseguente shock energetico colpevole della spirale inflattiva, la Bce al contrario della Fed americana, non rispose con una decisa stretta monetaria lasciando che l’inflazione cominciasse a galoppare.
Ora per fermarla serve appunto una cura da cavallo, ma non è detto che l’interventismo di questi mesi possa rappresentare la toppa ideale per il buco procurato un anno fa. Ancora dal manuale del buon economista: l’inflazione come il Covid ha numerose varianti, possono servire vaccini diversi. C’è un’ inflazione interna, una sorta di febbre di crescita che colpisce l’economia sana capace di macinare risultati positivi; poi c’è l’inflazione indotta da elementi esterni, un virus che si annida nel corpo economico e procura danni. La prima è la conseguenza dell’aumento della domanda interna (come avviene negli Stati Uniti), la seconda è indotta dal balzo dei prezzi delle materie prime, il caso appunto dell’Europa. Se trova il tempo di sporgersi dalla finestra del suo luminoso ufficio Lagarde potrà constatare che l’economia europea non viaggia ai ritmi di quella americana. Qui da noi fatica, e di brutto, perfino l’ormai ex locomotiva Germania.
L’unica cosa che non ci possiamo permettere è che l’eccesso di rigore monetario indebolisca i consumi e rallenti la domanda in Eurolandia. Si chiama stagflazione, l’incubo peggiore, quello che unisce aumento dei prezzi e mancata crescita. La speranza è che la presidente della Bce si conceda oggi quel tempo di attesa che non doveva prendersi un anno fa, prima che la cura finisca per uccidere il paziente.