Nel crollo al supermercato Esselunga due degli operai uccisi pare fossero clandestini. Storie schiacciate sotto il peso dei subappalti.
Firenze – Mohamed, Taoufik, Bouzekri. Nomi stranieri, sconosciuti ai più. Come è sconosciuta la loro identità, per la società, per il datore di lavoro, per il fisco, per il mondo. Clandestini senza tutele e senza paracadute. Questi fantasmi, come titolò Edoardo De Filippo una commedia tragica – e in questo caso anche cinica – che nasceva dal buio, e che dal buio prendeva le mosse. Lo stesso buio che ha avvolto le vite di alcuni degli operai morti nel crollo del cantiere Esselunga di Firenze. Due di loro erano fantasmi – secondo una prima ricostruzione dei fatti degli investigatori – e il loro nome, il loro volto, sono usciti allo scoperto nella morte.
La Procura di Firenze ha aperto un fascicolo, al momento senza indagati, per crollo colposo e omicidio colposo. Il cantiere è finito sotto sequestro, e i tecnici della Asl stanno ascoltando personale che stava lavorando all’opera per capire cosa accadeva nel cantiere della morte. Ma man mano che passano le ore e si fa la conta dei morti, emergono particolari inquietanti e raccapriccianti, elementi che fanno indignare nell’Italia avanguardista del 2024.
Il primo particolare è lo status di due degli operai morti: se fosse accertato quanto emerso dalle prime indagini, non avevano status. Erano clandestini alla mercè del sistema dei subappalti. Non solo. Emerge che l’azienda committente e la ditta appaltatrice dei lavori sono le stesse di un incidente avvenuto nel cantiere di un altro supermercato, a Genova, il 10 febbraio 2023, in cui tre operai erano rimasti feriti a causa del cedimento di una rampa del parcheggio a uso della nuova Esselunga.
E non finisce qui: tre mesi dopo, nello stesso cantiere, un altro episodio. Una cancellata, cadendo, aveva travolto, ferendolo in maniera grave, un altro lavoratore. La Asl3 di Genova aveva ordinato il sequestro dell’area e la procura di Genova aveva aperto un fascicolo. Dopo il dissequestro il cantiere era ripartito. Ebbene sì, era ripartito, e la ditta pure, travolgendo altre vite. Quelle di tre marocchini di 56, 24 e 43 anni e un tunisino di 19 anni sepolti a Firenze. Due di loro – con il beneficio del dubbio fino a conclusione delle indagini – pare non fossero in regola con il permesso di soggiorno.
Come loro, tanti operai impiegati dalle ditte in subappalto, un sistema che, se non gestito correttamente, porta inevitabilmente a situazioni di sfruttamento e di mancato rispetto delle norme di sicurezza sul lavoro. Rientrato in anticipo da Gerusalemme e interrogato sulla questione, il sindaco di Firenze Dario Nardella criticando le “poche regole nell’edilizia privata” risponde: “C’è un’indagine in corso e non posso dire niente”. Niente sulle presunte irregolarità di due lavoratori originari del Maghreb, non in regola con i documenti.
Due volti di quel gigantesco mondo sommerso che è il lavoro nero, fatto di lavoratori subordinati ma senza aver comunicato l’assunzione al Centro per l’Impiego, con ogni conseguenza sotto il profilo retributivo, contributivo e fiscale. Non solo. Il lavoratore che presta la propria attività lavorativa in assenza di regolare contratto di lavoro non ha copertura assicurativa nè tutela se licenziato.
Il lavoro irregolare è una illecita occupazione di lavoratori, la cui assunzione non risulta dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria: a livello pratico, è una vera e propria instaurazione di un rapporto di lavoro in evidente violazione di tutte le prescrizioni normative dettate al riguardo, quali, ad esempio, l’omessa comunicazione di assunzione al Centro per l’impiego, l’omessa denuncia nominativa all’Inail, ovvero l’omessa registrazione sul libro matricola che consente agli organi di vigilanza l’immediato riscontro del personale occupato. Ebbene, due degli operai morti in via Mariti, nella verifica, non esisterebbero in quel libro.
Man mano che passano le ore quei fantasmi assumono forma, sostanza, emozioni. Diventano storie reali. Una delle vittime, Mohamed Toukabri, 54 anni, tunisino, era residente a Genova. Il più giovane tra quelli estratti al momento dalle macerie, Mohamed El Farhane, 24 anni, marocchino, viveva invece a Brescia, così come Taoufik Haidar, 43 anni, anch’egli marocchino, che in passato aveva vissuto a Perugia. Una moglie e due figli in Marocco, era arrivato in Italia nel 2009 e aveva trascorso un periodo con alcuni parenti nel capoluogo umbro.
Storie che emergono in tutta la loro tragicità anche per i parenti. “Non sapevo niente, non sapevo nulla, è questo il problema. Sono arrivato adesso da Bergamo” dice lo zio materno di una delle vittime. Non ha voglia di parlare, affretta il passo, dice con voce emozionata di “essere stato avvisato adesso”, ripete di non sapere niente, neanche di ricordare l’età del nipote e da quanto tempo lavorasse nel cantiere del supermercato. “Non so cosa abbia fatto qua”, ha anche detto cercando di reperire informazioni dalle autorità.
Intanto, nella tragedia c’è uno spiraglio di luce: gli operai rimasti feriti sono tre pazienti, tutti e tre svegli, ricoverati in area terapia intensiva e subintensiva. Per un operaio verrà sciolta la prognosi nelle prossime 24/48 ore per un trauma toracico lieve, il secondo è in terapia intensiva ha un trauma toraco-addominale-vertebrale ma che coinvolge il midollo spinale. Verrà operato lunedì mattina per la stabilizzazione della frattura. Il terzo paziente, sempre in terapia intensiva, perché è stato operato per un ematoma a livello cranico è già sveglio e cosciente. Verrà sciolta la prognosi anche per lui nelle prossime ore”. Lo ha detto Manuela Bonizzoli, medico del reparto di terapia intensiva ed emergenze del trauma dell’ospedale Careggi di Firenze facendo il punto sulla loro condizione.
La società appaltatrice dei lavori, parla di “una tragedia immane”. “Siamo sopraffatti dallo stupore e dal cordoglio”, dicono in una nota inviata all’Ansa i responsabili di Attività Edilizie Pavesi (Aep). “È il momento del silenzio e del dolore – prosegue l’impresa -. Siamo a completa disposizione delle autorità, per assicurare tutte le condizioni atte a fare chiarezza su questo drammatico incidente”. Nel frattempo il ministro del Lavoro Marina Calderone annuncia “nuovi interventi per la sicurezza del lavoro. Andremo avanti per attuare quanto già adottato da quando il governo si è insediato. Ma altro sarà fatto”, dice evidenziando che all’autorità giudiziaria “si sta fornendo ogni supporto necessario attraverso il personale dell’Ispettorato nazionale del lavoro e i carabinieri del Comando per la Tutela del lavoro”.
Nella nota si ricordano anche i diversi interventi adottati negli ultimi 16 mesi “per rendere i luoghi di lavoro – e quindi i lavoratori – più sicuri, a cominciare dalle maggiori risorse messe a disposizione dall’Inail per il 2024 per finanziare la formazione e la prevenzione e sostenere le aziende virtuose, pari a 1,5 miliardi di euro (il doppio rispetto al 2023)”. Inoltre, “a seguito dell’ingresso in organico presso l’Ispettorato del Lavoro di 850 ispettori tecnici nel 2023, inoltre, le ispezioni nei luoghi di lavoro nel corso del 2024 saliranno da 70 a 100mila”.
Intanto, mentre ancora a Firenze si cerca l’ultimo disperso del terribile incidente, un altro operaio è morto a Frascineto, nel Cosentino. Si chiamava Edison Malaj, aveva 54 anni ed era originario dell’Albania. A ucciderlo una lastra di cemento caduta da una gru, che lo ha schiacciato senza lasciargli scampo. Per cause ancora da accertare, il lastrone trasportato dalla gru si è staccato colpendolo in pieno. Inutile l’intervento dei medici del 118. Ennesima storia di una carneficina ormai all’ordine del giorno, che va oltre le parole.