Operazione contro falsi riconoscimenti di paternità: la truffa dietro compenso o favori. La centrale operativa in un campo rom della capitale.
Gli investigatori del Commissariato di P.S. Viminale, con il coordinamento della Procura della Repubblica di Roma, hanno arrestato tre persone e sottoposto ad indagine e perquisizione altre quattro nell’ambito di un’inchiesta su un sistema di falsi riconoscimenti di paternità.
L’indagine ha rivelato come alcuni cittadini italiani, dietro compenso o favori, attestassero falsamente di essere padri di minori nati da donne in condizioni di marginalità. L’obiettivo era consentire il rilascio dei permessi di soggiorno per le madri dei bambini.
Il sistema era orchestrato da un soggetto di origine sinti, operante da un campo nomadi della zona dell’Arco di Travertino, che reclutava persone disposte a dichiarare falsamente la paternità. In alcuni casi, ai soggetti coinvolti venivano offerti sigarette e pasti gratuiti in cambio della loro complicità.
Nel circuito illecito erano coinvolti anche i padri biologici, che pagavano l’intermediario per ottenere la collaborazione di un cittadino italiano disponibile al riconoscimento. Uno di loro, pentito e deciso a collaborare con la polizia, è stato oggetto di intimidazioni e minacce, così come un altro “padre putativo” che aveva manifestato l’intenzione di ritrattare. In un caso, il padre naturale ha richiesto la restituzione dei 3.000 euro versati all’intermediario per l’operazione fraudolenta.
La scoperta delle indagini ha portato all’annullamento di un battesimo già pianificato per uno dei minori, in cui il falso padre avrebbe dovuto ricoprire il ruolo di padrino.
L’operazione conferma l’impegno delle forze dell’ordine nel contrastare le frode documentali finalizzate all’ottenimento di permessi di soggiorno, tutelando la legalità e prevenendo abusi nel sistema amministrativo.