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Falcone era favorevole o contrario alla separazione delle carriere? La querelle

Il ministro Nordio ha dedicato il provvedimento alla memoria del giudice ucciso dalla mafia, ma c’è chi evoca la P2 e si ribella all’idea.

Roma – Elly Schlein e Giuseppe Conte sono d’accordo su una cosa: non vogliono la separazione delle carriere tra magistratura requirente e giudicante. Il Partito democratico è “contrario rispetto a questa riforma spot elettorale, che non affronta i veri nodi” della giustizia, dice la segretaria dem sottolineando che nel settore della giustizia, “mancano risorse, personale, mentre si fa uno spot con la separazione delle carriere”. Il leader del M5S invece esagera e evoca addirittura la P2. “La separazione carriere non porta al miglioramento della giustizia, è un vecchio piano di Licio Gelli, della P2”. “Già oggi – spiega Conte – avviene rarissimamente che un pm diventi giudicante o viceversa. Noi siamo fermissimi, fortemente contrari. La loro prospettiva è controllare la magistratura”.

Il leader pentastellato cita le iniziativa contro i ‘trojan’, “la legge bavaglio per i giornalisti” e aggiunge: “E’ la vecchia politica che torna alla grande, con forza. Sono solo specchietti per le allodole, è la reazione di una politica che non vuole essere giudicata”. Peccato che la separazione delle carriere – diversamente dalle evocazioni di Conte – la volesse, come dicono molti addetti ai lavori, anche il miglior servitore dello Stato come Giovanni Falcone, che aveva assai caldeggiato il provvedimento prima che venisse ucciso dalla mafia. Ora, la proposta del Ministro Carlo Nordio – che non ha caso ha dedicato l’approvazione del provvedimento al giudice eroe – si limita a disciplinare nell’ordinamento giudiziario le carriere distinte, con concorsi distinti.

Ma c’è qualcuno che contesta il fatto che Falcone fosse favorevole alla separazione delle carriere: Alfredo Morvillo, l’ex giudice nonché fratello della magistrata Francesca Morvillo ha ribadito che le affermazioni del giudice ucciso dalla mafia sono state “decontestualizzate“: infatti, ha spiegato, c’era una necessità. I pm non avevano esperienza di coordinamento delle indagini, per questo “avrebbero dovuto avere una preparazione supplementare, al di là delle semplici materie del concorso. D’altra parte se parliamo di separazione delle carriere dovremmo anche ricordare che tipo di carriera ha fatto Giovanni”.

E addirittura anche Morvillo va all’attacco evocando la P2: “i fautori della riforma si fanno scudo con le parole del magistrato ucciso il 23 maggio senza però ricordare che la separazione delle carriere era contenuta nel Piano di rinascita democratica della P2 di Licio Gelli. Per questo dico a Nordio di lasciar riposare in pace i morti. Vada pure avanti con le sue riforme, anche più inutili di questa, ma la smetta di citare a sproposito il nome di chi non c’è più e non può replicare”. Anche Piero Grasso ha reagito: “Falcone si sta rivoltando nella tomba”, ha detto l’ex procuratore nazionale antimafia. Il quale, dopo aver sostenuto che “lo sport più diffuso è quello di attribuire a Falcone dopo la sua morte idee che non lo avevano nemmeno sfiorato”, ha parlato esplicitamente di “fake news”.

Giovanni Falcone

Una annosa querelle quella sul pensiero del giudice eroe, per cui vale la pena pubblicare un estratto dell’intervista che Giovanni Falcone rilasciò a Mario Pirani di Repubblica il 3 ottobre 1991. Si parlava della riforma Vassalli e del nuovo codice di procedura penale. Quelle che seguono sono le parole, mai smentite, di Falcone: “Un sistema accusatorio parte dal presupposto di un pubblico ministero che raccoglie e coordina gli elementi della prova da raggiungersi nel corso del dibattimento, dove egli rappresenta una parte in causa. Gli occorrono, quindi, esperienze, competenze, capacità, preparazione anche tecnica per perseguire l’obbiettivo. E nel dibattimento non deve avere nessun tipo di parentela col giudice e non essere, come invece oggi è, una specie di para-giudice“.

“Il giudice, in questo quadro, – prosegue – si staglia come figura neutrale, non coinvolta, al di sopra delle parti. Contraddice tutto ciò il fatto che, avendo formazione e carriere unificate, con destinazioni e ruoli intercambiabili, giudici e Pm siano, in realtà, indistinguibili gli uni dagli altri. Chi, come me, richiede che siano, invece, due figure strutturalmente differenziate nelle competenze e nella carriera, viene bollato come nemico dell’indipendenza del magistrato, un nostalgico della discrezionalità dell’azione penale, desideroso di porre il Pm sotto il controllo dell’Esecutivo”.

Carlo Nordio

Le stesse, pretestuose, accuse che Giovanni Falcone lamentava di subire da certi suoi colleghi per aver sostenuto la necessità di “una differenziazione strutturale nelle competenze e nella carriera” di pm e gip vengono oggi rivolte al ministro Carlo Nordio. Il tema che i nuovi organismi per l’esercizio disciplinare non siano coincidenti, e che i membri di tali organismi debbano essere sorteggiati tra soggetti del sistema giudiziario estratti a sorte, smentisce ogni dubbio sulla permeabilità del sistema utile per i governi di turno e per le corporazioni, come racconta l’incresciosa storia di Palamara.

Così come resta attuale il monito del giudice ucciso a Capaci, sui rischi di un’azione giudiziaria fatta da magistrati non preparati, non adeguatamente formati: “Il pm dovrà creare il suo diverso – totalmente diverso – ambito mentale rispetto a quello di adesso. Avremo di fronte anche una polizia giudiziaria che da un lato sarà svincolata anch’essa da vecchi preconcetti e dall’altro sarà posta a fianco del pm”. “E se è un brocco?”, gli domandano gli interlocutori. “Se è un brocco sono guai, se è un brocco sono guai – ripete Falcone – Per questo dico che dovrà cambiare la mentalità e dovrà cambiare per voi come per noi. Altrimenti… saranno guai”.

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