Gli interessi specifici degli Stati membri sembra pesino più degli obiettivi collettivi della comunità, ragion per cui parlare di crisi simmetrica risuona dietrologico, strumentale e tendenzioso
“…Siamo l’Europa. Combattiamo l’emergenza con la solidarietà (…). La democrazia continua a funzionare, anche con nuovi strumenti…”.
Queste le affermazioni del presidente del Parlamento Europeo David Sassoli in merito alle posizioni dell’organizzazione comunitaria per affrontare la crisi Covid-19. L’emergenza sanitaria che si è abbattuta su tutto il globo sembra minare alle fondamenta dell’Unione Europea, creando allarmismo e confusione anche all’interno delle stesse istituzioni. I nuovi strumenti democratici di cui parla Sassoli, infatti, non sono molto chiari. Tra conferme e smentite l’unica cosa che attualmente appare certa è l’incertezza di Bruxelles. In buona sostanza gli interessi specifici degli Stati membri sembra pesino più degli obiettivi collettivi della comunità, ragion per cui parlare di crisi simmetrica risuona dietrologico, strumentale e tendenzioso.
A rendere ancor più fumosa la situazione è intervenuto il commissario europeo per il Mercato interno Thierry Breton. L’ex ministro dell’Economia francese ha minacciato gli Stati membri di possibili sanzioni se attueranno blocchi lungo i confini.
“…Sono pronto a utilizzare tutti gli strumenti a disposizione – ha dichiarato Breton – anche l’apertura di procedure d’infrazione, ma in questo momento è meglio un dialogo con gli Stati membri per modificare il loro approccio…”.
Il commissario, in videoconferenza con gli eurodeputati, è sembrato titubante e provato da una situazione che ogni giorno di più si appesantisce e costringe l’istituzione a fare i conti con le proprie contraddizioni interne. “…Ho alzato la voce – ha continuato il politico francese – affinché venissero aboliti tutti gli ostacoli che si erano creati e che erano illegali…”. In merito a quest’ultimo particolare Bretton si è detto fiducioso sull’inversione di marcia attuata da Polonia e Slovacchia. Più irresoluto si è mostrato, invece, sul discorso legato all’Ungheria. Anche il collega Sassoli si è brevemente soffermato sulla questione Orbán. Il presidente del Parlamento europeo, però, ha dichiarato che la situazione magiara deve essere ancora approfondita per capire se esistano o meno i margini di un intervento comunitario istituzionale. Nel frattempo il presidente dell’ex Stato socialista ha esautorato le camere legislative dai loro compiti accentrando su di esso tutto il potere. Nulla di nuovo però. Orbán è pratico di questi atti.
Già precedentemente il capo del governo di Budapest aveva tentato di stringere intorno a sé le redini del comando ma non vi era ancora riuscito completamente. Il Covid-19 sembra avergli fornito la scusa adatta per coronare il proprio sogno. E tutto ciò con l’assenso placido dell’Europa che ancora una volta si è mostrata incapace di mostrare i muscoli al momento opportuno. Breton ha concluso dicendo che UE non esclude il ricorso a strumenti tecnologici sofisticati per monitorare più dettagliatamente la diffusione del contagio. Secondo il commissario infatti: “…Non escludiamo a priori l’utilizzo delle app nazionali. Ma il rispetto della privacy deve restare al centro…”. Operazione complessa, soprattutto sotto il profilo della privacy che per andare in porto avrà necessità di attingere ai vari server nazionali.
“…Per riuscirci – ha spiegato – abbiamo bisogno di dati aggregati che una volta usati verranno distrutti, stiamo studiando insieme agli operatori come acquisirli in forma anonima nel rispetto della privacy…”.