Al centro del processo il fallimento pilotato di una casa di riposo sull’Appennino bolognese e presunte minacce mafiose a dipendenti.
Bologna – La Direzione Distrettuale Antimafia di Bologna ha chiesto 15 condanne, con pene variabili da due a nove anni di reclusione, nell’ambito del processo scaturito dall’operazione “Ragnatela” condotta nel 2021 dai Carabinieri e dalla Guardia di Finanza. L’indagine aveva portato all’arresto di Francesco Zuccalà e Fiore Moliterni, entrambi originari di Crotone, e al sequestro preventivo di beni per diverse centinaia di migliaia di euro.
A guidare l’accusa è il pubblico ministero Roberto Ceroni, che ha illustrato davanti al collegio presieduto dal giudice Massimiliano Cenni un quadro giudiziario denso di reati: estorsione, bancarotta fraudolenta, reati fiscali e tributari. Per Fiore Moliterni, la condanna richiesta è la più alta: nove anni, con l’aggravante del metodo mafioso, contestata anche ad Omar Mohamed, per il quale sono stati richiesti sette anni e sei mesi.
Il caso della casa di riposo sull’Appennino
Secondo la ricostruzione dell’accusa, il gruppo avrebbe acquisito il controllo della casa di riposo “Sassocardo” di Alto Reno Terme, svuotandola di ogni liquidità attraverso una gestione fraudolenta e portandola al fallimento nel 2016. A quel punto, è stata costituita una nuova cooperativa, utilizzando prestanome, per riprendere l’attività sotto altra forma.
I dipendenti sarebbero stati minacciati e costretti alle dimissioni, per poi essere riassunti con condizioni differenti, un meccanismo che, secondo la Dda, avrebbe riprodotto logiche e pressioni tipiche delle organizzazioni mafiose.
Estorsioni e pressioni: il ruolo di Omar Mohamed
Tra le accuse più gravi figura quella rivolta a Omar Mohamed, noto per la gestione di locali notturni nel capoluogo emiliano. Il 7 luglio 2021, secondo gli inquirenti, l’uomo si sarebbe reso protagonista di un episodio di tentata estorsione in parte avvenuto nei locali del Dopolavoro Ferroviario di Bologna.
Le pressioni avrebbero avuto l’obiettivo di ottenere vantaggi economici e la gestione di spazi commerciali, attraverso metodi definiti “intimidatori”.
Patteggiamenti e udienze separate
Le posizioni di Francesco Zuccalà e di un altro imputato sono state stralciate dal processo principale dopo una richiesta di patteggiamento. Per loro si aprirà un’udienza separata davanti a un altro collegio del Tribunale.
Nel frattempo, la Procura ha chiesto anche la confisca dei beni già sottoposti a sequestro durante le indagini preliminari, tra cui immobili, conti correnti e partecipazioni societarie.
Nel procedimento si sono costituite parti civili la Regione Emilia-Romagna, rappresentata dall’avvocato Alessandro Gamberini, e la Città metropolitana di Bologna, con l’avvocato Salvatore Tesoriero. Le due istituzioni hanno chiesto il risarcimento del danno d’immagine e sociale, legato alle gravi violazioni contestate agli imputati.
La sentenza del processo è attesa dopo la pausa estiva, mentre proseguono le indagini patrimoniali e i possibili sviluppi processuali legati alle posizioni stralciate.