Lo storico segretario del Partito Comunista Italiano morì l’11 giugno del 1984. Un omaggio alla Camera per ricordare lo storico leader.
Roma – Oggi, 11 giugno 2024, ricorrono i 40 anni dalla morte di Enrico Berlinguer, storico segretario del Partito Comunista, nonché uno dei leader più influenti e amati della sinistra italiana. La sua carriera ha lasciato un segno indelebile nella storia politica italiana, in particolare attraverso due importanti concetti che introdusse nel dibattito pubblico quando fu segretario: il cosiddetto “compromesso storico”, cioè un tentativo di avvicinamento tra Pci e Democrazia Cristiana dopo quasi trent’anni di esclusione dei comunisti dal governo; e la “questione morale”, che metteva l’accento su una deriva dei partiti che li aveva fatti diventare, a suo dire, “macchine di potere e di clientela”.
Oggi alla Camera gli è stato reso omaggio, per ricordare il leader di sinistra. Il Capo dello Stato Sergio Mattarella ha parlato di una “personalità politica stimata e popolare, capace di scelte coraggiose, che hanno rafforzato le basi della Repubblica e consolidato la crescita democratica del Paese. Berlinguer è stato leader del movimento comunista italiano in un decennio particolarmente difficile – ha aggiunto – che lo vide impegnato a difendere la Costituzione e la vita democratica da attacchi eversivi e dagli assalti del terrorismo. L’assillo della pace e della cooperazione internazionale lo condusse a proporre percorsi e scelte sempre più autonomi, nell’interesse del popolo. Il suo contributo, ideale e culturale – ha concluso Mattarella -, ha concorso ad associare i lavoratori che si riconoscevano nel Pci a quel cammino di integrazione europea che l’Italia è stata capace di percorrere da protagonista”.
Una delegazione del Partito democratico ha ricordato Enrico Berlinguer al cimitero Flaminio di Roma. “Un ricordo affettuoso per un uomo che ha segnato la storia del Paese – ha detto la capogruppo alla Camera, Chiara Braga – i suoi valori sono più vivi che mai, rappresentano una stella polare del nostro impegno politico. Il risultato ottenuto ci dà una spinta e una responsabilità, riportare il partito fra le persone è uno dei lasciti di Berlinguer”. “Un leader che ha schiuso le porte sui principali capitoli della modernità”, ha detto Gianni Cuperlo in aula alla Camera, sottolineando che “aveva una sola strategia, avvicinare il partito alla responsabilità del governo nazionale del Paese. E’ stato il leader che più si è avvicinato a quel traguardo”. Parole quelle del deputato del Pd, che hanno raccolto un lungo applauso e la standing ovation del gruppo dem al termine del suo intervento.
Berlinguer nacque il 25 maggio 1922 a Sassari, dove trascorse l’infanzia e l’adolescenza, frequentando il liceo classico Azuni e successivamente iscrivendosi alla facoltà di Giurisprudenza. Nel 1943 aderì al Partito Comunista Italiano e iniziò il suo impegno nelle lotte antifasciste. Arrestato nel 1944 per le manifestazioni per il pane, venne incarcerato per quattro mesi. Nel settembre dello stesso anno, si trasferì a Roma e poi a Milano, dove lavorò nel movimento politico Fronte della Gioventù. Nel ’48, a ventisei anni, entrò nella direzione del Pci e divenne segretario generale della Federazione Giovanile Comunista Italiana meno di un anno dopo. Nel 1956 lasciò l’organizzazione giovanile e l’anno successivo sposò Letizia Laurenti.
Nel 1958, entrò nella segreteria del partito, iniziando una stretta collaborazione con Palmiro Togliatti, che lo nominò responsabile dell’organizzazione del partito nel 1960 e un anno dopo gli chiese di scrivere la relazione finale del comitato centrale di partito. Diventato vicesegretario del Pci a fine anni ’60, Berlinguer promosse una visione del partito come forza centrale della società italiana, capace di contribuire alla gestione dei processi democratici. Nel ’72, divenne segretario del Pci e riprese la formula della collaborazione tra le grandi forze popolari: comunista, socialista e cattolica. Con una serie di articoli su Rinascita nel 1973, Berlinguer introdusse l’idea del “compromesso storico”, una strategia per stabilizzare la democrazia italiana attraverso la collaborazione tra i principali partiti di massa.
Il successo elettorale ottenuto dai comunisti italiani alle elezioni del 1975 e del 1976 confermò la validità delle intuizioni di Berlinguer. Nel 1976, ruppe definitivamente con il Partito Comunista sovietico, proponendo l’eurocomunismo, una forma di comunismo che valorizza la democrazia e il pluralismo. Con il compromesso storico e l’eurocomunismo, Berlinguer portò il Pci, dopo le elezioni del 1976, al primo governo della solidarietà nazionale, sostenendo un monocolore democristiano con l’astensione dei comunisti.
Nel 1981 infine, sollevò la questione morale in un’intervista a Eugenio Scalfari, denunciando la corruzione della classe politica italiana e l’occupazione delle strutture dello Stato da parte dei partiti. Sottolineò il rischio di un rifiuto della politica da parte dei cittadini. Una lezione sempre attuale, quasi un presagio per la politica recente. L’11 giugno 1984, mentre concludeva la campagna elettorale per le elezioni europee a Padova, venne colpito da un ictus e morì. Il suo funerale, vide la partecipazione di milioni di cittadini a Roma, testimoniando l’enorme impatto del suo operato.