Il presidente del colosso automotive ribadisce le sue intenzioni di investimento: “Nuovo Ceo sarà annunciato entro la prima metà dell’anno”.
Roma – “Per noi l’Italia ricopre un ruolo centrale”. Il presidente di Stellantis John Elkann, in audizione in Parlamento, prova a fugare subito ogni dubbio. I dubbi del governo, quelli delle varie forze politiche che continuano a nutrirli e ad attaccare, e anche quelli dei tanti lavoratori che da mesi si interrogano sulle loro sorti. Parte dall’inizio della storia, che nasce con la Fiat di cui “noi siamo, io personalmente lo sono, molto orgoglioso”. Della morte del nonno, Gianni Agnelli, nel 2003, delle “due epocali operazioni di consolidamento” prima con Chrysler, poi con Psa: “Molti parlavano nel 2004 della Fiat come un’azienda spacciata, fallita o da nazionalizzare”, ricorda, ma “la mia famiglia si è assunta la responsabilità di difendere l’azienda e chi ci lavorava”.
“Lottavamo per la sopravvivenza. Oggi siamo fra i primi costruttori al mondo. Di questo straordinario percorso di sviluppo, l’Italia e gli italiani hanno avuto grande merito e a tutto il Paese va la nostra gratitudine”. Quindi rivendica: “Quali vantaggi ha oggi l’Italia da Stellantis? Se non ci fosse oggi non saremmo qui, perché l’auto italiana sarebbe già scomparsa da tempo, come l’informatica dopo l’Olivetti o la chimica dopo la Montedison”. Elkann torna nello stesso luogo dove l’11 ottobre era stato ascoltato l’ex Ceo del gruppo, Carlos Tavares, in una tesa audizione. Ma oggi Elkann garantisce che la sua successione, dopo le dimissioni il primo dicembre, “sta procedendo secondo i tempi stabiliti: il nuovo Ceo di Stellantis sarà annunciato entro la prima metà dell’anno”. Conferma gli impegni presi al tavolo con Mimit del 17 dicembre, illustra il piano che prevede “10 nuovi prodotti nel 2026”.

L’investimento nello stabilimento di Biella annunciato nelle scorse ore, che ammonta a oltre 38 milioni di euro, rientra appunto nelle attività propedeutiche alla realizzazione del Piano Italia, presentato lo scorso 17 dicembre al MIMIT, che pone il nostro Paese al centro delle strategie di Stellantis, attraverso l’aumento dei modelli in produzione, elettrici e ibridi, e la salvaguardia dei livelli occupazionali, in linea con gli investimenti produttivi e avviando processi di inserimento, aggiornamento e riqualificazione delle persone del Gruppo. Sono iniziati da qualche settimana nello stabilimento Stellantis di Verrone, i lavori per l’allestimento di 56 macchine utensili che, una volta ultimate (sei sono già in fase di installazione), produrranno componenti essenziali per la costruzione di moduli di propulsione elettrica (EDM) che vengono attualmente prodotti in vari impianti del Gruppo in Europa. L’avvio della produzione a Verrone è previsto per la fine del 2027.
Quanto alla gigafactory di Termoli è ancora in fase di realizzazione. Chiede alla Ue regole chiare per l’auto, e rilancia l’allarme delle imprese per lo “svantaggio strutturale” per gli alti costi dell’energia. L’erede dell’Avvocato porta in Parlamento uno studio della Luiss sul “contributo all’economia del Paese”: dal 2004 al 2023 ha prodotto in Italia 16,7 milioni di autovetture e veicoli commerciali, per un valore complessivo della produzione nazionale di quasi 700 miliardi di euro. Calcolando gli effetti sulla filiera e le ricadute sui consumi delle famiglie, il valore complessivo della produzione in Italia negli ultimi venti anni sale a 1.700 miliardi di euro, con un valore aggiunto di 417 miliardi: per ogni euro di valore creato da Stellantis, se ne generano 9 nel resto dell’economia. “In questi 20 anni – sono le cifre elencate da Elkann – l’azienda ha pagato direttamente 14 miliardi di imposte all’erario. Se si tiene conto anche del gettito legato all’Iva e alle imposte versate per conto dei dipendenti, questo valore sale a 32,2 miliardi”.

“Questi dati ci dicono che l’Italia e la Fiat, oggi Stellantis, sono cresciute insieme”, e l’invito: “Spero che il bilancio dare/avere tra il Paese e l’azienda non sia più un tema divisivo, ma un’opportunità”. Chiude poi all’ipotesi che il futuro dell’auto sia la riconversione nella industria bellica: dipenderà da “quello che i Paesi decidono in termini di politica industriale”, cioè “dove ritengono che sia importante mettere risorse ed energie”. Se per il ministro Adolfo Urso, Elkann “ha ribadito gli impegni” e “siamo sulla strada giusta”, per il segretario della Fiom Michele De Palma l’audizione “conferma le nostre preoccupazioni” perché “non sono emerse novità” e se “il presidente di Stellantis davvero vuole rilanciare il suo gruppo nel nostro Paese, smetta di delegare e si assuma in prima persona la responsabilità di ad”.
La segretaria del Pd Elly Schlein chiede che Stellantis “si assuma le sue responsabilità e ci aspettiamo una iniziativa forte anche da parte del governo italiano”. Critico anche il leader di Azione Carlo Calenda: “Quest’anno siamo arrivati al minimo della produzione”. E la Lega attacca: “Il signor Elkann dovrebbe scusarsi coi lavoratori, e restituire i miliardi incassati dal nostro Paese”. Ferdinando Uliano, segretario generale Fim-Cisl in una nota accoglie “positivamente l’impegno assunto anche in sede parlamentare, di considerare l’Italia come un paese centrale nella strategia di Stellantis e di non chiudere stabilimenti. Tuttavia, – sottolinea – è fondamentale che vengano rispettati i tempi dei lanci produttivi già comunicati alle organizzazioni sindacali, poiché questo consentirebbe una riduzione dell’impatto negativo che la cassa integrazione continua ad avere su tutti gli stabilimenti del Gruppo”.

Le “iniziative sindacali intraprese nel corso del 2024, – prosegue – che hanno portato anche alla rimozione dell’amministratore delegato Tavares, hanno determinato un cambio di rotta strategico. In particolare, l’adozione di motorizzazioni ibride per cogliere le opportunità di mercato rappresenta un passo importante per aumentare i volumi produttivi. Tale rilancio è necessario per mettere in sicurezza l’occupazione in realtà strategiche come Mirafiori e Modena. Inoltre, reputiamo indispensabile che Stellantis investa in una gigafactory nel nostro paese – evidenzia -. Se non è possibile realizzarla con ACC, occorre trovare sinergie con altri soggetti, ma l’Italia deve dotarsi di una produzione di batterie in grado di rendere più competitive le nostre produzioni automobilistiche. Allo stesso tempo, la politica e i parlamentari italiani devono lavorare per modificare le posizioni del piano UE sull’auto”, conclude.