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“Effetto forno” a Rebibbia: Alemanno denuncia il caldo infernale e il sovraffollamento

L’ex sindaco di Roma dal carcere: “La politica dorme con l’aria condizionata mentre i detenuti soffrono”. Un suicidio ogni cinque giorni nei primi sei mesi del 2025.

Roma – Dal carcere di Rebibbia arriva una denuncia cruda e dettagliata sulle condizioni disumane che i detenuti sono costretti a sopportare durante l’estate. A scriverla è Gianni Alemanno, ex sindaco di Roma, che nel suo dodicesimo “Diario di cella” descrive un quadro allarmante fatto di sovraffollamento, caldo torrido e totale indifferenza politica.

Il percorso giudiziario dell’ex sindaco

Alemanno, che ha guidato Roma dal 2008 al 2013, sta scontando una condanna definitiva nell’ambito dell’inchiesta “Mondo di Mezzo” sul sistema corruttivo che aveva inquinato gli appalti pubblici della Capitale. L’ex sindaco è stato condannato a 1 anno e 10 mesi di reclusione per corruzione e finanziamento illecito ai partiti. La sua detenzione a Rebibbia, iniziata a dicembre 2024, rappresenta l’epilogo di un lungo iter giudiziario che ha coinvolto numerosi esponenti politici e imprenditori romani. Dal carcere capitolino, Alemanno ha avviato la pubblicazione dei “Diari di cella”, trasformando la sua esperienza detentiva in una testimonianza pubblica sulle condizioni del sistema penitenziario italiano.

Carcere di Rebibbia

Il “gradiente termico” dell’inferno

“Se uno studente volesse sperimentare il significato del concetto fisico di gradiente termico dovrebbe venire qui a Rebibbia”, scrive Alemanno dal suo 180° giorno di detenzione. La sua cella, situata all’ultimo piano e nell’ultima posizione del corridoio, è esposta al sole su tre lati, creando un vero e proprio “effetto forno”. La temperatura aumenta di circa due gradi per ogni rampa di scale, arrivando a quasi dieci gradi in più rispetto al piano terra.

Il carcere, costruito negli anni ’70 in cemento armato senza coibentazione, diventa una trappola termica durante l’estate. Senza impianti di condizionamento nelle celle, i detenuti sono costretti a inventarsi “miserevoli trucchi” per sopravvivere al caldo. Luciano, il compagno di cella di Alemanno, ha creato un sistema di vasi comunicanti per rinfrescare l’ambiente, mentre i ventilatori – quando disponibili – sono un lusso per chi ha soldi sul conto corrente.

Burocrazia inefficiente e assenze di controllo

L’ex sindaco denuncia anche l’inefficienza dell’amministrazione penitenziaria: “Troppo impegnata a organizzare pletorici eventi sportivi e d’intrattenimento dentro il carcere, molto utili a fare bella figura nei TG, di scarso interesse per le persone detenute, non riesce a dare impulso neanche alle più semplici pratiche burocratiche”. Da quindici giorni aspetta la consegna di un ventilatore acquistato, mentre nel suo braccio manca da settimane il Caporeparto.

Questa disorganizzazione porta a situazioni paradossali: persone malate di scabbia inserite in reparti normali, detenuti alloggiati in sezioni sbagliate, anziani costretti a restare in carcere nonostante abbiano ottenuto i domiciliari. È il caso di Mario, 81 anni, arrestato per reati finanziari di quindici anni prima, che pur avendo ottenuto il diritto agli arresti domiciliari cinque giorni fa, è ancora in cella “con le sue gambe piene di piaghe e di croste”.

I numeri della tragedia

Le cifre che Alemanno riporta sono drammatiche: 14.000 detenuti in più rispetto alla capienza regolamentare degli istituti penitenziari italiani. Nel 2024, 71 persone detenute si sono suicidate, mentre nei primi sei mesi del 2025 si sono già registrati 38 suicidi“un suicidio ogni cinque giorni”, come sottolinea l’ex sindaco. “Numeri che gridano vendetta, ma che non fanno rumore, perché chi muore in carcere, spesso, muore due volte, nella cella e nell’indifferenza collettiva”.

38 suicidi dall’inizio dell’anno

Le soluzioni inadeguate

La risposta del governo al sovraffollamento appare del tutto insufficiente: l’acquisto di strutture prefabbricate per 32 milioni di euro che ospiteranno appena 384 detenuti in più, al costo di 83.000 euro per ogni detenuto. “Considerati i mesi necessari per l’installazione”, osserva Alemanno, “questi prefabbricati non riusciranno neanche a ospitare le nuove persone che nel frattempo saranno state portate in carcere”.

L’accusa alla politica

Il ritornello che attraversa tutto il diario è lapidario: “Ma la politica dorme (con l’aria condizionata)”. Alemanno accusa la classe dirigente di voltarsi dall’altra parte, aspettando “indifferentemente che la Corte europea dei Diritti dell’Uomo sanzioni l’Italia per trattamento inumano e tortura delle persone detenute“.

L’ex sindaco rivendica il proprio passato da amministratore: “Quando si fa politica, e soprattutto si prendono impegni istituzionali, non si può volgere la testa dall’altra parte, non si può chiudere gli occhi perché non conviene vedere. Perché questo non è solo uno sbaglio, è una vergogna”.

Vittime dimenticate

Nel suo j’accuse, Alemanno non dimentica gli agenti di Polizia penitenziaria, “seconde vittime del caldo e del sovraffollamento, che girano nell’aria rovente dei reparti, senza neppure potersi togliere di dosso la divisa mimetica”.

Polizia Penitenziaria

Il diario si chiude con un’amara riflessione sui media, che parlano del caldo che colpisce “cittadini e turisti” ma mai dei detenuti: “Problema rimosso, anche giornalisticamente?”. Una domanda che suona come un ultimo, disperato appello a non dimenticare chi vive nell’ombra del sistema penitenziario italiano.

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