È morto Graziano Mesina: l’ex ‘primula rossa’ del banditismo aveva 83 anni

Detenuto a Opera, era gravemente malato da tempo. Il Tribunale di Sorveglianza ieri aveva accolto la richiesta dei legali disponendo la detenzione domiciliare in ospedale.

Milano – Graziano Mesina è morto alle 8 di questa mattina. L’ex primula rossa del banditismo sardo aveva 83 anni. Nelle scorse ore aveva lasciato il carcere per le sue gravi condizioni di salute. Era gravemente malato da tempo. Il Tribunale di Sorveglianza aveva accolto la richiesta di differimento pena presentata dai suoi legali disponendo la detenzione domiciliare in ospedale. Gli avvocati avevano evidenziato nella loro istanza l’aggravarsi delle sue condizioni di salute nel carcere di Opera. I giudici della Sorveglianza di Milano hanno accolto l’istanza prendendo atto delle effettive gravi condizioni di salute di Mesina e ritenendole incompatibili col carcere. “Le sue condizioni di salute erano già da tempo precarie ma negli ultimi due mesi sono precipitate”, avevano spiegato le sue avvocate Beatrice Goddi e Maria Luisa Vernier dopo averlo visitato.

La sua figura, indubbiamente, ha segnato la cronaca nera italiana per decenni: al centro di libri, film e un immaginario collettivo forte. La sua scomparsa chiude un capitolo controverso della storia sarda, lasciando dietro di sé un’eredità complessa e un’eco che continuerà a risuonare nel dibattito sulla criminalità e sulla giustizia. Graziano Mesina, noto come “Gratzianeddu”, era nato a Orgosolo il 4 aprile 1942 e dal 2022 si trovava nel carcere di Opera dopo essere stato scoperto, a seguito di una nuova ed ennesima latitanza, tra il 17 e il 18 dicembre 2021 a Desulo. La lunga storia dei conti di Mesina con la giustizia comincia nel 1956. Aveva 14 anni e venne arrestato per porto abusivo di pistola e oltraggio a pubblico ufficiale. Ottenne il perdono giudiziale, ma il conflitto con la legge ha poi scandito tutte le tappe della vita di quello che è stato a lungo definito “l’ultimo balente” e che ha trascorso in carcere circa 40 dei suoi 71 anni di vita.

E’ notoria la grande considerazione che ebbe di lui Indro Montanelli, tra i primi a battersi perché gli fosse concessa la grazia, ma sono in pochi probabilmente a ricordare che ad opporsi nel novembre del ’91 alla concessione del provvedimento fu Giovanni Falcone, all’epoca direttore generale degli affari penali del ministero della Giustizia che disse “no” all’allora presidente della Repubblica Francesco Cossiga. Era il 14 novembre e Cossiga, in visita a Barcellona, espresse “avviso favorevole” alla concessione della grazia a Mesina, il quale si trovava in libertà vigilata condizionale dal 18 ottobre su decisione del tribunale di sorveglianza di Torino (che nel 1993 revocò tale provvedimento).

“Salvo i rari casi in cui sussistano gravi ragioni per eliminare, con un successivo atto di grazia, la libertà vigilata che per legge consegue alla libertà condizionale, l’Ufficio non usa avanzare – scrisse Falcone, nel motivare il rigetto – proposte di grazia in favore di condannati ammessi a liberazione condizionale. Tali gravi ragioni non sembrano, allo stato, sussistere per il Mesina”.

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