Ritratto di un artista: Gianluca Rando
Difficilmente, andando indietro nella memoria, troveremo momenti rilevanti della nostra vita affettiva che non siano legati ad una melodia, perché la musica ci emoziona, evoca ricordi, è importante per tutti noi. Gianluca Rando, messinese, classe 76, polistrumentista, look retrò, la musica ce l’ha nel DNA, scorre nelle sue vene, permea tutto il suo corpo.
Ancora bambino, scopre quella che diventerà la sua passione, che, nel tempo, farà emergere un talento innato; comincia lo studio prima del basso tuba e poi, condizionato dalle influenze musicali del momento, si innamora di uno strumento diverso, la chitarra. Non appena avutala in regalo, ispirandosi ai grandi chitarristi, intraprende un percorso da autodidatta e, per carpire idee, suoni e tendenze, ascolta tantissima musica. Poi, per migliorare il ritmo, decide di studiare il basso e il pianoforte.
Artista talentuoso, Gianluca, dal tecnicismo e virtuosismo impagabile, ma parallelamente brillante studente: due lauree e un dottorato di ricerca. Iscritto alla SIAE dal 1999, ha composto e inciso centinaia di brani. “Eoliana”, il suo undicesimo album interamente strumentale, è stato registrato interamente dal vivo, durante un tour nelle Isole Eolie.
Kenny Carpenter, dello Studio 54 di New York, dopo averlo ascoltato per caso, nel 2018 vuole che registri lui le chitarre per “How will I know”, il celebre brano della grande Whitney Houston, remixato da Carpenter e Federico d’Alessio. Il suo stile spazia dalla fusion al jazz, al rock, al flamenco e al pop.
Ha suonato con musicisti del calibro di Sagi Rei, Nico Di Palo dei New Trolls, Fausto Leali, Barbara Cola, Chiara Taigi, Leonardo Monteiro, e ha supportato spettacoli di artisti come Enrico Montesano, Massimo Lopez, Gianfranco D’Angelo, Enzo De Caro, Serena Autieri, Caterina Vertova, Maria Grazia Cucinotta e Nino Frassica, per citarne qualcuno.
Rando, per Frassica, suo conterraneo, ha composto le sigle del programma trasmesso su Rai Radio 1 “La mia audiobiografia 70% vera 80% falsa” di e con Nino Frassica e, successivamente, è stato autore delle musiche e live in acustico per “Programmone”, nel palinsesto di Rai Radio 2. Ha, tra l’altro, composto la colonna sonora del film “Annamaura” per la regia di Salvo Grasso e, recentemente, di “Fiore di Agave” del regista Salvatore Arimatea. Oltre le nuvole è la sua ultima fatica: un brano strumentale, dal sapore mediterraneo, nato dall’espressività e dall’alchimia artistica creatasi con Danilo Ballo, tastierista e arrangiatore dei Pooh dal 2000.
POP lo ha intervistato per voi:
Gianluca, cosa c’è oltre le nuvole?
“Oltre le nuvole c’è sicuramente la voglia di fare e di pensare che al di là di un mondo contaminato dall’elettronica, dai network e dai social ci sono valori più importanti: amicizia, amore in primis”.
Come sono le dinamiche nella scrittura di un brano a quattro mani come quello tra te e Ballo, “Oltre le nuvole”?
“Il brano è nato da sé, dall’amicizia che ci lega, non ci siamo prefissi di scriverlo per fini commerciali. I bei brani nascono dalla semplicità, non a tavolino. “Oltre le nuvole”, è un titolo palesemente significativo per riscoprire i valori tradizionali, che oggi vanno perdendosi; non ci sono grandi virtuosismi ma c’è tanto cuore”.
A quale genere musicale ti senti più legato?
“Io provengo da una famiglia di musicisti, a casa mia si ascoltava e si suonava di tutto, dai grandi cantautori italiani al jazz, perciò scegliere un genere per me è riduttivo. Come tanti chitarristi anch’io sono partito dal rock, o meglio dall’ hard rock, senza tralasciare la tradizione italiana, ma quando sono riuscito a fare della mia passione un mestiere, ho attinto da tutte le contaminazioni alle quali ero stato esposto ed ho creato un mio genere, sicuramente di matrice latina, ma contaminato dal rock, e ispirato a grandi chitarristi come ad esempio Al Di Meola.”
E’ vero che la mamma ti chiese: vuoi un fratellino o una chitarra e tu scegliesti quest’ultima?
“Sì è vero, anche se sembra una barzelletta. Ho cominciato con uno strumento scelto, chissà come, dai miei: il basso tuba, lo strumento più pesante degli ottoni. Nel periodo adolescenziale, però, mi accorsi che con quello strumento difficilmente avrei conquistato le ragazze, mentre la chitarra avrei potuto portarla in spiaggia. Proprio in quel periodo avevo anche conosciuto un gruppo di ragazzi che facevano rock e mi sono innamorato della chitarra di uno di questi. Mia madre si accorse del mio disagio e mi fece quella domanda, io chiaramente scelsi la chitarra.”
C’è un brano che avresti voluto comporre tu?
“Ci sono brani che sono di una genialità pazzesca, che partono dal cuore e arrivano al cuore, uno di questi secondo me è Overjoyed di Stevie Wonder. Ogni qual volta lo ascolto mi dico: questo è un grande musicista con la M maiuscola, perché quando un brano riesce a farti venire la pelle d’oca significa che sei dentro il pezzo e sei un tutt’uno con il brano. Io avrei voluto comporre Overjoyed, ma non tanto musicalmente quanto per le emozioni che suscita.”
La musica influenza la nostra vita tutti i giorni. Pensi di riuscire a trasmettere un messaggio positivo a chi ti ascolta?
“Visto il feedback che ricevo dal mio pubblico, ritengo di riuscirci.
Non credo si possa salire sul palco, imbracciare una chitarra, fare dei virtuosismi per dimostrare di essere bravi musicisti, ma bisogna dimostrare di avere un cuore e trasmettere emozioni. E credo che il messaggio che io ho trasmesso in questi anni sia sempre stato positivo e ottimista, anche con una vena di realismo. Non puoi illudere i tuoi ascoltatori, empatia e sinergia sono importantissimi nel rapporto con il pubblico. Colgo negli occhi di chi mi ascolta che questo viene compreso e questo è l’aspetto migliore del mio mestiere.”
Ritieni che nel mondo della musica, come per altre forme d’arte, si possa emergere restando se stessi?
“Bisogna restare se stessi, perché la musica, come ogni forma d’arte, è l’espressione del nostro animo. Se noi pensiamo sia possibile diventare dei talenti cambiando il nostro modo di essere, otterremo soltanto un’emulazione, ma non genialità. La musica è lo specchio della tua anima, quando lo pubblichi metti a nudo te stesso ecco perché è fondamentale, per fare arte, restare se stessi.”
I tuoi progetti futuri?
“Dal 3 al 6 gennaio sarò a Roma ospite del “Meeting Internazionale dello Spettacolo”, organizzato dal “Village Music Academy”. Evento con tanti addetti ai lavori e vere possibilità per giovani talenti. Io, oltre a suonare, terrò delle Masterclass e farò i Casting insieme ad altri grandi nomi del panorama artistico.
Inoltre, nel 2020, uscirà il mio nuovo album “Blu”, un disco di inediti, la cui peculiarità è che, oltre la chitarra, suonerò io tutti gli strumenti. L’ho già fatto in passato ma, in quest’album, ho voluto rispolverare strumenti che non suonavo più, il mandolino, il banjo e il contrabasso.”
Un’ultima domanda, non propriamente artistica: taglierai i tuoi lunghi capelli che fanno tanto anni 70?
“Perché no, per adesso sono più concentrato sulla musica che non sui capelli o sugli outfit, ma … mai dire mai!”