Cassa integrazione e restrizioni hanno provocato la tragedia in casa di una famiglia bengalese. La vittima una bimba di 4 anni, ferito il fratello di 12. Il presunto assassino ha tentato il suicidio gettandosi nel pozzo del cortile ma i vigili del Fuoco l'hanno salvato.
Levane – Era depresso per la perdita del lavoro ed ha ucciso la figlia di 4 anni a colpi di roncola, poi ha tentato il suicidio. Un manovale di 39 anni, bengalese, ha prima ucciso la figlioletta, ferito il figlio maggiore e poi ha tentato, maldestramente, di togliersi la vita. La tragedia è accaduta a Levane in provincia di Arezzo, nella centrale via Togliatti all’interno di uno dei tanti appartamenti trasformati in loculi per famiglie di migranti. Al momento dei fatti in casa era presente anche il figlio di 12 anni, ferito alla testa dopo la colluttazione col padre, che è riuscito a salvarsi dal raptus violento del genitore rifugiandosi nell’abitazione dei vicini che in tutta fretta hanno avvisato il 112. L’operaio dopo aver colpito mortalmente la figlia alla gola e al mento con un coltello a forma di roncola, si è diretto verso il pozzo del giardino con la chiara intenzione di farla finita. L’impatto sul fondo della cisterna, però, ha solo ferito l’uomo che è stato soccorso dai vigili del Fuoco, dopo essere stato recuperato dalla base del pozzo, è trasportato nel vicino nosocomio della Gruccia, in Val d’Arno.
L’operaio sarebbe stato dimesso dai medici di turno ma sarebbe stato ricoverato la notte successiva alle Oblate di Firenze per un aggravamento delle sue condizioni di salute. Il presunto assassino aveva perduto il lavoro una ventina di giorni prima e non avrebbe visto alternative per il suo futuro, come migliaia di altri lavoratori. La moglie racconta di averlo visto peggiorare di giorno in giorno ma le restrizioni dovute alla pandemia non hanno fatto altro che peggiorare la situazione. Improvvisamente l’uomo, forse vistosi perduto, ha afferrato la roncola ed ha colpito con violenza la bimba poi si sarebbe avventato sul figlio maggiore che è riuscito a divincolarsi dalla morsa del padre riportando però un serio trauma cranico. Dopo le incombenze di rito i carabinieri hanno tradotto l’uomo presso il carcere di Sollicciano ma non ha più profferito parola dopo la tragedia. Le indagini sono condotte dal Pm Laura Taddei mentre il Gip aretino Fabio Lombardo dovrà fissare, in questi giorni, la data dell’interrogatorio di garanzia al quale sarà presente il difensore dell’uomo, l’avvocato Nicola Detti.