Dieci anni dalla morte di David Rossi: torna il suicidio, ma le ombre sono tante

Il cadavere del capo della comunicazione del Monte dei Paschi di Siena venne trovato nel vicolo sotto la finestra dello studio. Storia di un’inchiesta inquinata da errori e pressioni. E qualche depistaggio che non guasta…

SIENA – Il 6 marzo del 2013 David Rossi, 52 anni, capo della comunicazione del Monte dei Paschi di Siena, viene trovato morto in vicolo di Monte Pio, supino sul selciato, sotto la finestra del suo ufficio a Palazzo Salimbeni, sede storica dell’istituto di credito. Il momento storico è particolarmente difficile per la città e per la banca più antica d’Italia. La guardia di Finanza indagava per l’acquisizione della Banca Antonveneta e lo stesso Rossi era stato oggetto di perquisizione nonostante non figurasse fra gli indagati. Il manager era uno degli uomini di fiducia di Giuseppe Mussari, ex direttore generale di MPS, dunque vicino alla vecchia dirigenza e in continua contrapposizione con i nuovi vertici che comunque, sino alla sua morte, avevano permesso a Rossi di mantenere il proprio incarico.

I carabinieri dopo il ritrovamento del cadavere

Poi la tragedia: David Rossi si getta dalla finestra. Lo dicono i magistrati inquirenti della locale Procura ed il caso viene archiviato. Indagini non certo adamantine, qualche errore grossolano, ingerenze, pressioni, presunti o reali depistaggi, sono serviti a confondere le acque. La vicenda, rispetto al primo tempo, ha fatto solo un passo avanti ovvero l’apertura di un nuovo fascicolo per istigazione al suicidio. Nel secondo tempo spuntavano le incriminazioni per tre magistrati, già in servizio presso la struttura giudiziaria senese. Indagini, accertamenti, interrogatori sino allo scorso al 22 giugno scorso quando i pubblici ministeri Aldo Natalini, Antonino Nastasi e Nicola Marini, venivano prosciolti perché non avevano commesso il falso ideologico per cui erano stati posti sotto inchiesta dai loro colleghi di Genova. Insomma il “fatto non sussiste” scrive nelle motivazioni la Gip Nicoletta Guerrero.

In buona sostanza gli inquirenti di Genova avevano ravvisato l’elemento oggettivo del reato: i tre magistrati nell’immediatezza dei fatti (il ritrovamento del cadavere di Rossi) avevano compiuto un primo sopralluogo nella stanza occupata dalla vittima prima dell’intervento della polizia scientifica e senza verbalizzare le operazioni compiute. L’omissione oggettiva del mancato verbale, sempre per gli inquirenti genovesi, c’era senza alcun dubbio. Ma il fatto in sé sarebbe stato irrilevante, penalmente parlando, per assenza di dolo. In parole povere Natalini, Nastasi e Marini, non avevano redatto il verbale dopo il primo sopralluogo perché non gli spettava, chiosa la Gip Guerrero. Punto. Poi gli stessi Pm genovesi chiedevano l’archiviazione per i tre colleghi ma i legali della parte offesa, gli avvocati Carmelo Miceli e Giustino Ferrara, per nome e conto della vedova della vittima, Antonella Tognazzi, presentavano opposizione.

Richiesta quest’ultima rigettata con il successivo, definitivo proscioglimento dei tre togati. In tutta questa strana vicenda, che siamo certi rimarrà gravata dai tanti misteri che l’avvolgono, hanno partecipato un po’ tutti, nel bene e nel male: istituzioni locali, vertici di Mps vecchi e nuovi, escort presunte o reali, magistrati, imprenditori, faccendieri, giornalisti, parenti, amici e conoscenti. Sino alla nota trasmissione di Italia 1Le Iene” che da anni segue il caso con Antonino Monteleone e Marco Occhipinti, più volte nelle vesti di querelati e querelanti per via della loro verità, venuta fuori da un’inchiesta giornalistica, che vuole David Rossi morto ammazzato. Ipotesi questa che contrasta con quella di decine e decine di magistrati ed altre persone a vario titolo coinvolte nella tragica vicenda.

I cui punti oscuri rimangono tanti e tali da considerare il decesso di Rossi un vergognoso cold-case. Anche nel caso si trattasse davvero di suicidio. Significative, fra le tante, le dichiarazioni alla stampa di Antonio Degortes,  noto imprenditore senese, ex politico, amico di Rossi, e tirato in ballo proprio da Le Iene, con le quali si sono scambiati denunce e querele. Degortes, che saprebbe molto più di quanto rivela, è convinto che il suo amico si sia tolto la vita:

L’imprenditore Antonio Degortes

” Sì. David non ha retto la pressione psicologica di quel momento – ha detto più volte l’imprenditore – Era l’ultimo mussariano rimasto nella banca, perché Viola e Profumo avevano tolto tutti quelli legati al vecchio presidente. Lui era l’ultimo, ma era nel mirino e lo sapeva bene. Sapeva che lo avrebbero mandato via, aveva paura di perdere il lavoro. In città quelli che conoscevano David sanno cosa è accaduto, noi amici, i colleghi. Poi ci sono quelli che guardano la televisione e per loro è stato ammazzato“.

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