Seriate da Colognola dista circa 8 chilometri ovvero 11 minuti d’auto. Ma che cosa può legare un’imprenditrice con un’insegnante in pensione? Capelli biondi e occhi castani?
COLOGNOLA (Bergamo) – Alle 20.30 del 20 dicembre del 2016, nell’androne di casa, veniva sgozzata Daniela Roveri, 48 anni, imprenditrice. Da tre anni e due mesi il suo killer è ancora uccel di bosco eppure quell’uomo doveva conoscere bene le abitudini della donna e, forse, era pure un suo amico o, per lo meno, presunto tale. L’inchiesta condotta dalla squadra Mobile di Bergamo e coordinata a suo tempo dal Pm Davide Palmieri, poi trasferito in provincia di Salerno, è stata archiviata dietro richiesta del nuovo Pm Fabrizio Gaverini. Mancavano cinque giorni per Natale e Daniela Roveri, come ogni sera, rientrava dal lavoro che svolgeva come dirigente amministrativa alla Icra Italia Spa di San Paolo d’Argon, azienda specializzata in ceramica di qualità.
La donna parcheggiava la sua auto sotto casa, in via Keplero 11 a Colognola, in provincia di Bergamo. Una strada tranquilla in un quartiere residenziale a quell’ora praticamente deserta. Pochi minuti dopo il suo ingresso nell’androne del palazzo la Roveri veniva aggredita verosimilmente da un uomo, alle spalle, che con un unico fendente alla gola ne provocava la morte quasi istantanea. Il killer ammazzava la sua vittima con mano da chirurgo bloccando la donna con il braccio sinistro, tappandole la bocca, mentre con il braccio destro le procurava un taglio netto che recideva i grandi vasi del collo. In un lago di sangue l’imprenditrice cadeva supina sul pavimento davanti alla portineria mentre il killer si dava alla fuga preoccupandosi di portare con sé la borsa della vittima contenente gli effetti personali ed il cellulare, quest’ultimo mai ritrovato.
La Scientifica scoprirà due tracce organiche sul corpo di Daniela, riconducibili all’assassino, una sulla guancia destra e l’altra su un dito. Forse la donna aveva accennato ad un tentativo di difesa per poi stramazzare al suolo priva di vita nel giro di pochissimi istanti. Da quel momento le indagini si svolgeranno in tutte le direzioni senza successo. Veniva indagato anche un amico della donna, un personal trainer di Alzano che per la sera del delitto dimostrerà un alibi inoppugnabile. Stessa cosa per altri conoscenti e per gli stessi inquilini del palazzo, sentiti più volte senza che nessuno di loro potesse suscitare il benché minimo sospetto. Anche in azienda la polizia interrogava una nuova segretaria con la quale la Roveri aveva avuto uno scontro per via della sua assunzione ma nulla di che. La dipendente risulterà estranea alla tragica vicenda. Eppure l’assassino aveva commesso l’errore di lasciare due tracce organiche sul corpo di Daniela, una donna comunque perbene, solare e senza nemici apparenti. Sul materiale organico repertato la Scientifica scoprirà un particolare genetico: l’aplotipo del cromosoma Y ovvero la componente maschile del Dna le cui caratteristiche biologiche e biochimiche potrebbero essere comuni a numerosi individui. Successivamente gli esperti della polizia stabiliranno un’affinità tra l’aplotipo Y trovato su guancia e dito e un Dna ignoto ma completo, rilevato in un sacchetto gettato in un angolo di un palazzo non lontano dalla casa di Gianna Del Gaudio a Seriate. In quell’occasione l’aiuto del Ris nel ricavare ogni possibile informazione da quel microscopico elemento
genetico scoperto a Colognola si rivelerà inutile. Insomma il killer che aveva ucciso Gianna Del Gaudio poteva non essere necessariamente lo stesso che aveva sgozzato Daniela Roveri nonostante l’identica dinamica, la mano ferma e l’istantaneità dell’azione delittuosa. Oppure si.
Ma poi il colpo di scena: nell’udienza del 13 febbraio scorso, durante il processo per la morte dell’insegnante in pensione di Seriate, quel piccolo particolare biologico è tornato in ballo. Il caso Roveri potrebbe essere riaperto molto presto. Comunque stiano le cose, già all’epoca dei fatti, quel maledetto aplotipo Y è stato rivoltato come un calzino e confrontato con decine di altri Dna. Nulla da fare, non se ne ricaverà un ragno dal buco, come si dice.
Il materiale biologico verrà confrontato con il Dna di vicini di casa, amici, conoscenti, colleghi di lavoro e con la banca dati italiana del Dna ma nulla di nulla. Il monitor del Pc della polizia lampeggerà sempre rosso, cioè sconosciuto. Verranno confrontati anche i profili genetici noti e ignoti repertati durante le indagini su rapine degenerate in episodi di violenza, abusi sessuali e ferimenti ma anche in questa direzione nessuna svolta. Eppure quell’uomo non ha agito d’impulso. Aspettava pazientemente la sua preda. Con l’intenzione di uccidere.