La notizia è di quelle grosse, quasi epocali. È stato approvato in via definitiva dal Parlamento europeo il testo della delibera sullo stop alle vendite delle auto endotermiche a partire dal 2035 all’interno dell’Unione. Si venderanno solo auto elettriche.
Milano – Da un punto di vista procedurale si tratta quasi di una formalità dato che la decisione era nell’aria, se ne parlava da mesi e lo stop alla vendita delle nuove automobili benzina e diesel è uno dei punti cardine del pacchetto Fit For 55 dell’UE. Da tempo il Consiglio e il Parlamento europeo avevano trovato un accordo sul tema. L’obiettivo è azzerare le emissioni dei veicoli su gomma che verranno venduti dal 2035 in avanti.
La votazione ha fatto registrare 340 favorevoli, 279 contrari e 21 astensioni. Il percorso prevede anche passaggi intermedi atti a coadiuvare questo nuovo diktat continentale.
- La Commissione europea presenterà entro il 2025 una nuova metodologia per la valutazione delle emissioni di CO2 durante l’intero ciclo di vita di un veicolo.
- Nel 2025 scatterà l’obbligo di ridurre la CO2 del 15% per auto e van commerciali, mentre nel 2030 la riduzione dovrà essere del 55% per le auto e del 50% per i furgoni.
- Dal 2030 saranno vietati gli incentivi statali per l’acquisto di auto elettriche, lasciando che il mercato si sostenga motu proprio.
Attenzione però, come in ogni provvedimento draconiano che si rispetti, sono previste deroghe. Sospette. Secondo alcuni, smaccatamente elitarie. Il testo approvato solleva da tali disposizioni infatti i costruttori con un volume annuo di produzione limitato (da 1.000 a 10.000 nuove autovetture o da 1.000 a 22.000 nuovi furgoni). Inoltre, è prevista un’esenzione totale per chi produce meno di 1.000 nuovi veicoli l’anno. Tradotto in soldoni: le case che fanno auto per i più ricchi insomma. Le supercar, veicoli di lusso prodotti da aziende che vendono poche migliaia di esemplari ogni anno. Come a dire “Suvvia, vi concederemo di comprare ancora una Lamborghini, ma assolutamente non una Punto 1.2 Evo“.
I problemi da affrontare verso il 2035
La sensazione è che il 2035 sia una data-feticcio, che verrà vagliata in itinere in base a molti fattori. Ne è un esempio, la seguente clausola Ue: “Nel 2026 la Commissione valuterà i progressi compiuti verso il raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni del 100% e la necessità di riesaminare tali obiettivi tenendo conto degli sviluppi tecnologici, anche per quanto riguarda le tecnologie ibride plug-in e l’importanza di una transizione praticabile e socialmente equa verso emissioni zero“. In pratica: se nel 2026 si presentassero problemi “pratici” o “sociali“, Bruxelles potrebbe decidere di rinviare tutto e mantenere ancora per 1-2 lustri i veicoli ibridi.
Di quali problemi stiamo parlando? Innanzitutto il costo delle auto elettriche, per molte famiglie oggi inavvicinabile. Poi la produzione delle batterie e dei materiali che le compongono, che vede l’Asia in vantaggio siderale rispetto all’Europa. Senza contare il problema occupazionale, sempre più grave.
Ultimo aspetto, più capzioso ma non meno importante, la produzione di auto a benzina e diesel non di lusso potrebbe continuare anche dopo il 2035 da parte dei costruttori che, da navigati furbacchioni, potrebbero vendere i modelli fuori dall’Europa, dove i motori a combustione continuerebbero a rombare allegramente.
Il provvedimento ha sollevato un vespaio
La misura ha generato, come prevedibile, molte polemiche e dubbi. Tra gli scettici ci sono diverse categorie:
- I barricaderi. Sostengono l’esistenza di una “dittatura climatica“. In nome del riscaldamento globale vengono sempre più frequentemente prese decisioni che falciano i meno abbienti e proteggono, se non proprio favoriscono, i più ricchi.
- I sereni. Chi è convinto che la fatidica deadline del 2035 verrà certamente procrastinata per un altro decennio alla luce dei suddetti problemi.
- I drastici. Pensano che in questo lasso di tempo l’Unione europea si squaglierà.
- I dietrologi. Pensano sia una mossa per “spaventare” i più insicuri e indurli a comprare un veicolo elettrico.
Quel che è certo è che le case automobilistiche, altrettanto prevedibilmente, non avendo interessi a perseguire questa strada in toto, si sono dissociate. In primis Volkswagen e Toyota. Uno studio della casa di Wolfsburg ha peraltro evidenziato come un’auto elettrica produca più CO2 di un’auto normale per almeno 100mila km di utilizzo. Anche perché queste misure a tinte green si stanno rivelando deleterie per le industrie dell’auto italiane ed europee. Vedono infatti le aziende cinesi mettere il turbo nel segmento. Inoltre bisogna capire se il Vecchio continente sarà in grado di accogliere una mobilità esclusivamente elettrica per tale data. Costi delle ricariche, produzione (il mercato è controllato dalla Cina per il 77% del totale) e smaltimento batterie, sicurezza, punti di ricarica. Sono tutti temi, a oggi, pencolanti.
E gli altri continenti cosa faranno?
C’è un altro punto nodale. L’Europa si adeguerà, bene. Le proporzioni sono circa 800 milioni di persone e 250 milioni di auto su una popolazione mondiale di 8 miliardi e 1,4 miliardi di auto. E, dato che l’1% delle emissioni di CO2 dipende dalle auto europee (fonte: International Energy Agency), questa misura che di certo avrà un impatto enorme sulla vita della popolazione, v’è certezza che produrrà effetti analoghi per l’ambiente/clima?
Più che riscaldamento, sembra esserci un po’ di confusione globale, anche nelle stesse case costruttrici che cercano di dare un colpo al cerchio e uno alla botte. Paradigmatico in tal senso l’ultimo spot tv della Renault, che vuole venderti l’auto per poi consigliarti di non usarla. Bah.
Una ventata di opportuno realismo giunge proprio dalle società produttrici di auto elettriche Polestar e Rivian, le quali dicono che le auto elettriche da sole non basteranno e, al ritmo attuale, il settore automobilistico non sarà in grado di raggiungere gli obiettivi sul contenimento dell’aumento della temperatura a 1,5°. È il risultato di uno studio commissionato da Polestar e Rivian alla società di consulenza Kearney. Obiettivo: sensibilizzare l’opinione pubblica e indurla ad attuare politiche diverse e più incisive (fonte: ). Gli analisti hanno stimato uno sforamento del 75% senza interventi congiunti e immediati. E se lo dicono loro…
Chissà, forse il nostro destino è ritrovarci post 2035 ad andare a far spese in sella a un bel cavallo frisone o a un asino, per chi non potrà permettersi il frisone. Ma verrà anche il tempo in cui i somari verranno aboliti?