Cutro Biomassa

Le mani della mafia sull’eco-business. Sequestri da 16 miliardi

Ovunque fiocchino finanziamenti e agevolazioni, la mafia sguazza: e con la rivoluzione green in corso, la criminalità organizzata non vede l’ora di mettere mano su fondi europei e nazionali. Dalla centrale a biomassa che bruciava plastica alle frodi, i tentacoli della “ndrangheta dei boschi” si stringono sul verde.

Cutro – La mafia, per sopravvivere, deve stare al passo coi tempi: bene lo ha compreso il boss Nicolino Grande Aracri, ideatore di un piano attraverso cui fare centinaia di migliaia di euro vendendo combustibile inquinante alle centrali a biomassa. Un piano articolato, che prevedeva accordi con imprenditori russi e l’istaurazione di un sostanziale “monopolio” per cui l’intera filiera sarebbe stata sotto il controllo mafioso, evitando così controlli e intromissioni. Nella centrale di Cutro, perno del progetto, si bruciava di tutto tranne che legno vergine, da terra a copertoni di plastica. Dopo otto anni di indagini, l’avventura dell’eco-mafia si è conclusa con 31 arresti e sequestri da 16 miliardi.

Centrale a biomassa Cutro
La Serravalle Energy di Cutro, perno del piano ‘ndranghetese

Serravalle Energy di Cutro, la “centrale dei misteri”

Perno del piano, attorno a cui ruotava una rete di aziende e collaboratori che si estendeva fino alla Russia, era proprio la centrale a biomassa di Cutro. Come funzionano queste centrali? Essenzialmente, producono energia pulita bruciando il cippato, legno vergine ridotto a trucioli. Peccato che il cappato fosse alterato: con foglie, terra, rifiuti persino copertoni di plastica. Schifezze di ogni genere, bruciati a livello extra-norma al punto da danneggiare spesso le turbine della centrale.

Chi si occupava di ciò? Una dozzina di imprese, tutte affiliate alla cosca dei Mesoraca, alleati dei Grandi Aracri, che oltre a inquinare il cippato, raccoglievano la legna abusivamente, danneggiando indiscriminatamente i boschi locali. Una serie di funzionari, operatori e agronomi compiacenti fabbricava certificazioni e garantiva la regolarità della documentazione. Ma non tutto il cippato veniva dai boschi della Sila: alcune diramazioni, come si è detto, arrivano da Mosca.

Riciclaggio? Sì, ma di soldi, non rifiuti!

Che senso ha comprarsi da soli cippato inquinato, al punto da danneggiare la centrale stessa? Perché il punto non è mai stato quello di produrre energia. La centrale fungeva da sede di riciclaggio di denaro sporco. Il cippato importato ed esportato, anche dalla Russia attraverso un accordo con oligarchi locali, aveva prezzi artificialmente determinati in modo da fare copertura allo spostamento del denaro, che veniva “ripulito” attraverso una serie di fatturazioni fraudolente. “Con ogni nave ci facciamo 300.000 euro“, dice Grandi Aracri in una intercettazione.

Processo che era possibile perché l’intera filiera era controllata dalla ‘ndrangheta. Dal controllo dei boschi, al trasporto di cippato, alla centrale (proprietà del compiacente imprenditore Carmine Serravalle), i responsabili del porto di Crotone, agli addetti ai lavori, erano tutti uomini della cosca. Un vero e proprio monopolio mafioso.

L’operazione Stige e il seguito: duro colpo alla mafia eco-criminale

La “conquista mafiosa di Sila”, dopo anni di compiacenza, ha infine incontrato uno stop nell’azione della Giustizia. Dopo anni di segnalazioni da parte di associazioni ecologiste, a cui non erano sfuggiti i movimenti di legname, la giustizia ha agito in modo repentino, con centinaia di accuse e arresti. Dopo l’operazione Stige, nel 2018, era solo questione di tempo perché gli affari di Cutro venissero alla luce.

Nicolino Grande Acrari arresto
L’arresto di Nicolino Grande Acrari: il volto mesto di chi ha visto il proprio business criminale rovinato

Nell’ottobre 2022 è infine avvenuto: 31 arresti, sequestri beni da 16 miliardi di euro, comprensivi delle 12 aziende di taglio e della centrale stessa. Operazione ordinata dal procuratore Nicola Gratteri, ma in cui hanno giocato un ruolo importante le informazioni fornite dal pentito Giuseppe Liperoti, cognato di Grande Aracri. Solo la punta dell’iceberg dell’eco-business mafioso, che si sta stringendo anche sull’eolico.

In un’epoca in cui finalmente il problema dell’ambiente viene preso sul serio, bisognerà guardarsi sempre di più dalla nuova mafia, pronta a inserirsi assorbendo fondi e investimenti green – per poi devastare boschi e inquinare l’aria con il sentore acre della plastica bruciata.

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