Non 'cè ancora la precezione di una certa povertà in fase di larga diffusione. Quando l'avremo percepita sarà troppo tardi. Di contro la politica gioco col fuoco e rischia grosso. Le rivoluzioni si fanno con la pancia vuota. E la pandemia l'ha svuotata a migliaia di persone: i poveri del Covid. .
L’impatto del Coronavirus nella società ha determinato nuovi poveri e disparità sociali. Gli effetti più dirompenti si hanno sul livello di povertà delle famiglie italiane, il cui numero è destinato, purtroppo, a crescere. Solo le mafie stanno aumentando il loro potere di penetrazione sociale e culturale nei luoghi e nelle periferie dove aumenta il disagio mentre lo Stato é ancora latitante. In questi luoghi man mano che diminuiscono le politiche sociali, cresce la presenza criminale, favorendo l’estensione dei clan mafiosi. I problemi veri sono il dramma dell’economia e le conseguenze sociali che ne derivano. Tante le frustrazioni che possono generare conflitti e determinare rivolte e proteste di famiglie disperate.
Far fronte ai bisogni della gente e’ necessario ma quanto è stato fatto fino ad oggi non è servito a nulla, nonostante la gran quantità di denaro che è stata investita per sostenere le categorie svantaggiate della popolazione. Così diviene di fondamentale importanza il ruolo della Caritas, delle parrocchie e dei privati benefattori che si trovano anche in rete per prestare aiuto a quelle famiglie che, improvvisamente, si sono viste privare di risorse, lavoro e dignità per via della maledetta pandemia. Troppi insospettabili sono divenuti dei disperati. Tanta e’ la gente da “accompagnare” con sensibilità e garbo. L’emergenza sanitaria ha ridotto allo stremo famiglie e imprese. La ripartenza è lenta, spesso gli aiuti promessi dal governo tardano ad arrivare. Troppe le discriminazioni fra gli stessi “meno abbienti” ed è paradossale come sia in atto una vera guerra tra poveri. L’insoddisfazione é ai massimi livelli, i bisogni della popolazione in aumento. L’incertezza del futuro regna sovrana e accresce il timore di non farcela.
Finora, per fortuna, sono poche le forme di protesta eclatanti ma la sofferenza ed il disagio così estesi hanno portato anche all’accattonaggio interi nuclei familiari senza altro sostegno. Mentre fino a pochi giorni fa era impossibile anche protestare, a causa del lockdown, adesso che il proprio stato di povertà sta diventando insopportabile potrebbe l’attuale rabbia trasformarsi in pericolosa rivolta. Già alcune manifestazioni fanno pensare a un crescente malumore che sta dilagando sempre più. L’invidia sociale, o se si vuole il confronto, sta divenendo preoccupante. I confronti che creano maggiore insoddisfazione non insistono tra le fasce medio-basse e quelle più alte, poiché nessuno si confronta con i super-ricchi ma tra i diversi livelli di condizioni sfavorevoli.
Purtroppo l’emergenza ha introdotto forme nuove di disuguaglianze. Servizi e terziario sono particolarmente a rischio. Si pensi a chi lavora nel turismo: cosa succederà alle migliaia di persone che lavorano in questo settore? Oggi non lo sa nessuno. I ristoratori sono ancora chiusi, altri hanno riaperto e stanno cercando una soluzione, altri ancora hanno abbassato le saracinesche definitivamente. Il perdurare della tragedia e dei suoi effetti malevoli può generare reazioni difficilmente ipotizzabili e contenibili. La disperazione è un sentimento del nostro tempo che delinea, purtroppo sempre più diffusamente, lo stato d’animo di chi si sente oppresso e senza speranza.
È stato detto che nessuno sarebbe rimasto indietro ma alcune categorie sono state letteralmente abbandonate al loro destino senza possibilità di alternative. Altri stanno ancora aspettando il proseguo del sostegno, come la cassa integrazione in deroga. Questa è la fotografia reale del Paese. Il Governo sta avendo un compito difficile da portare a termine e tenendo conto della burocrazia, della bravissima situazione bancaria e del debito pubblico italiano che vola verso il 170%, il futuro sarà abbastanza impegnativo. Per non essere catastrofici. Eppure il premier Conte e i suoi hanno fatto, nel bene e nel male, tutto quello che potevano: immettere denaro per sostenere il maggior numero di cittadini e tutte le aziende che hanno potuto, forse privilegiandone alcune scartandone altre. Ma il vero problema rimane la drastica riduzione della burocrazia, l’eliminazione di alcune tasse come l’Imu, la defiscalizzazione per le imprese, l’incentivazione dell’occupazione e la velocità dei progetti. Senza questi argomenti messi in pratica il Paese rimarrà in ginocchio e diventerà inconcepibile e dannosa, per non dire mortale, la condizione di estrema sofferenza economica che stanno vivendo tutti i settori produttivi.
All’aumento della povertà e del disagio si deve rispondere mettendo in campo investimenti e politiche sociali capaci di garantire a tutti diritti e possibilità, onde evitare il determinarsi di situazioni sociali diseguali anche fra poveri. Ma i segni di tanto dolore e di prostrazione che vivono migliaia di famiglie italiane sono ancora impercettibili per gran parte della collettività. Quando ne prenderemo coscienza sarà troppo tardi.
I partiti credono di parlare al loro elettorato, mentre i cittadini vivono con fastidio qualunque loro esternazione, così come i dibattiti televisivi, le trasmissioni dei soliti noti, i leader dell’opposizione inesistente e quant’altro turba le nostre notti insonni. Tutto ciò che si faceva nel passato è finito in un buco nero e non tornerà più. Occorre dunque cambiare musica se non si vuole correre il rischio di ritrovarci con le urne vuote. Forse questo aspetto è ancora poco chiaro ai signori dei Palazzi ma è una possibilità concreta. Guai ai vinti.