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Corte Ue conferma maxi-multa a Google, poi il Tribunale gli abbona 1,5 miliardi

Il colosso delle ricerche online dovrà pagare 2,4 miliardi per aver favorito il proprio comparatore di prodotti rispetto ai concorrenti.

Lussemburgo – La Corte di Giustizia dell’Ue aveva respinto giorni fa il ricorso di Google e Alphabet contro la maxi-multa per 2,4 miliardi di euro inflitta dalla Commissione europea al gruppo di Mountain View. L’esecutivo comunitario aveva constatato nel 2017 che Google ha abusato della sua posizione dominante nello Spazio economico europeo nel comparto delle ricerche generiche su Internet, favorendo il proprio comparatore di prodotti, rispetto a quelli dei comparatori di prodotti concorrenti. Il Tribunale aveva già respinto il ricorso della società nel novembre 2021. Ora il Tribunale di primo grado della Corte di Giustizia europea ha annullato la decisione del 2019 con cui la Commissione europea aveva inflitto un’ammenda di quasi un miliardo e mezzo di euro a Google, sostenendo che l’Esecutivo Ue non avrebbe tenuto conto dell’insieme delle circostanze pertinenti nella sua valutazione della durata delle clausole contrattuali che aveva qualificato come “abusive”.

Nel 2017 la Commissione aveva inflitto un’ammenda di circa 2,4 miliardi di euro a Google per aver abusato della sua posizione dominante su vari mercati nazionali della ricerca su Internet favorendo il proprio servizio di comparazione di prodotti rispetto a quello dei suoi concorrenti. Poiché il Tribunale ha, in sostanza, confermato tale decisione e mantenuto l’ammenda, Google e Alphabet hanno proposto un’impugnazione dinanzi alla Corte, che è stata respinta da quest’ultima, confermando così la sentenza del Tribunale.

La Corte di Giustizia europea

Con decisione del 27 giugno 2017, la Commissione ha constatato che, in tredici paesi dello Spazio economico europeo, Google aveva privilegiato, sulla sua pagina di risultati di ricerca generale, i risultati del proprio comparatore di prodotti rispetto a quelli dei comparatori di prodotti concorrenti. Google aveva infatti presentato i risultati di ricerca del suo comparatore di prodotti in prima posizione e li aveva valorizzati all’interno di “boxes”, accompagnandoli con informazioni visive e testuali attraenti. Per contro, i risultati di ricerca dei comparatori di prodotti concorrenti apparivano soltanto come semplici risultati generici (presentati sotto forma di link blu) ed erano, per tale motivo, contrariamente ai risultati del comparatore di prodotti di Google, suscettibili di essere retrocessi da algoritmi di aggiustamento nelle pagine di risultati generali di Google.

 La Commissione ha concluso che Google aveva abusato della propria posizione dominante sul mercato dei servizi di ricerca generale su Internet nonché su quello dei servizi di ricerca specializzata di prodotti e le ha inflitto un’ammenda di 2.424.495.000 euro, per il pagamento della quale Alphabet, in quanto socia unica di Google, è stata ritenuta responsabile in solido per un importo di 523.518.000 euro.

Nel 1991 e nel 2007 l’Irlanda ha emesso due cosiddetti ‘ruling fiscali’ preventivi a favore di due società del gruppo Apple, Apple Sales International (Asi) e Apple Operations Europe (Aoe), che erano costituite come società di diritto irlandese, ma non erano residenti fiscalmente in Irlanda. Tali ruling fiscali approvavano i metodi utilizzati dall’Apple per determinare i loro utili imponibili in Irlanda, afferenti alle attività commerciali delle loro rispettive succursali irlandesi. Nel 2016 la Commissione europea ha ritenuto che escludendo dalla base imponibile gli utili generati dall’utilizzo delle licenze di proprietà intellettuale detenute dall’Apple, i ruling fiscali avessero concesso a tali società, dal 1991 al 2014, un aiuto di Stato illegale e incompatibile con il mercato interno, di cui aveva beneficiato il gruppo Apple nel suo insieme.

Ha quindi ordinato all’Irlanda di procedere al suo recupero. Secondo le stime effettuate dalla Commissione, l’Irlanda avrebbe concesso alla Apple vantaggi fiscali illegali per un totale di 13 miliardi di euro. Nel 2020, investito di ricorsi proposti dall’Irlanda nonché dalla Apple, il Tribunale ha annullato la decisione della Commissione, ritenendo che quest’ultima non fosse riuscita a dimostrare l’esistenza di un vantaggio selettivo derivante dall’adozione dei ruling fiscali in questione e comportante una riduzione preferenziale della base imponibile in Irlanda. Con la sua sentenza, la Corte, investita di un’impugnazione proposta dalla Commissione, annulla la sentenza del Tribunale e statuisce definitivamente sulla controversia.

E mentre c’è questa maxi multa, arriva la notizia che Tribunale di primo grado della Corte di Giustizia europea ha annullato a Lussemburgo, la decisione del 2019 con cui la Commissione europea aveva inflitto un’ammenda di quasi un miliardo e mezzo di euro a Google, sostenendo che l’Esecutivo Ue non avrebbe tenuto conto dell’insieme delle circostanze pertinenti nella sua valutazione della durata delle clausole contrattuali che aveva qualificato come “abusive”. Il Tribunale, d’altra parte, ha confermato la maggior parte delle valutazioni della Commissione. La vicenda riguarda la piattaforma pubblicitaria chiamataAdSense, che Google gestisce dal 2003. In questo contesto, Google ha sviluppato diversi servizi tra cui, in particolare, un servizio di intermediazione pubblicitaria legato alle ricerche online denominato AdSense for Search (Afs).

Nel marzo 2019 la Commissione ha accertato che Google aveva commesso tre violazioni distinte che costituivano, insieme, un reato unico e continuato, da gennaio 2006 a settembre 2016, e ha inflitto a Google una multa di 1.494.459 euro. Con l’ultima sentenza il Tribunale, dopo aver confermato gran parte delle valutazioni della Commissione, conclude tuttavia l’Esecutivo comunitario che ha commesso errori nella valutazione della durata delle clausole contestate, nonché della porzione di mercato da queste coperta nel corso dell’anno 2016.

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