Dopo lo sciopero del 20 novembre l’esecutivo punta sull’aumento, la defiscalizzazione e flat tax delle indennità specifiche.
Roma – Dopo lo sciopero dei medici del 20 novembre scorso, continua il braccio di ferro della categoria con il Governo. L’esecutivo punta a emendare la Legge di Bilancio valutando l’aumento, la defiscalizzazione e flat tax delle indennità specifiche per chi lavora nel servizio sanitario pubblico. “I numeri pubblicati sul sito del Dipartimento della funzione pubblica indicano un’adesione esigua allo sciopero, poco al di sopra dell’1%”, ha dichiarato il ministro della Salute Orazio Schillaci, scatenando l’ira dei sindacati. Al centro del dibattito anche il payback dei dispositivi medici, avversato dalle aziende del settore.
Il confronto tra governo e mondo medico verte in particolare su incremento delle indennità specifiche, defiscalizzazione e flat tax, ma crescono anche le polemiche dopo la protesta di medici e infermieri che vede le due parti scontrarsi sul tasso di partecipazione allo sciopero. Sono gli emendamenti alla manovra, attualmente all’esame della commissione Bilancio della Camera, lo strumento sul quale punta il ministro della Salute per rispondere ad una delle più sentite richieste del mondo medico, ribadita anche nello sciopero nazionale del 20 novembre: ridare dignità alla professione partendo anche da un aumento degli stipendi.
Tra gli emendamenti della manovra, due, uno di FI e uno di Noi Moderati. Insistono sul tema della flat tax per l’indennità di specificità dei medici e degli infermieri. Il primo prevede, appunto una tassazione al 15% dell’indennità di specificità per medici e veterinari. Il secondo chiede la tassa piatta sull’indennità di specificità infermieristica, indennità di tutela del malato, indennità per particolari condizioni di lavoro e per operatività nel pronto soccorso svolte dagli esercenti le professioni sanitarie dipendenti del Servizio sanitario nazionale.
La tensione resta dunque alta ed anche l’Intersindacale della dirigenza medica, veterinaria e sanitaria, che non ha scioperato il 20, prosegue il suo percorso di mobilitazione ad oltranza con iniziative di protesta fino alle assemblee unitarie in tutte le Aziende sanitarie e ospedaliere nella settimana dal 2 al 6 dicembre, per “rivendicare il giusto finanziamento del Ssn”. Altra questione legata alla manovra è poi il payback sui dispositivi medici, un meccanismo imposto dal legislatore consistente nella restituzione da parte delle aziende del comparto sanità dell’importo pari al 50% delle spese in eccesso effettuate dalle singole Regioni. Sul payback, ha detto Schillaci, “vogliamo per il futuro cercare di limitare i danni introdotti da questa norma sbagliata ereditata da governi precedenti”.
Sveva Belviso, presidente di Fifo Sanità Confcommercio, ha sottolineato: “Arrivati alla terza legge di bilancio, le parole del ministro Schillaci sono inaccettabili per la nostra categoria. È finita la storia dell’eredità, sono tre anni che il Governo vara la finanziaria. Giunti a questo punto, dichiarare l’intenzione di ‘limitare i danni’, non è più una risposta ammissibile per le imprese. Il payback sui dispositivi medici è una norma devastante. Colpisce in modo indiscriminato le aziende medio-piccole che rappresentano il cuore del sistema produttivo italiano, mettendo a rischio migliaia di posti di lavoro e la sopravvivenza stessa di imprese strategiche per la sanità del nostro Paese. È ora di passare dalle parole ai fatti. Non possiamo più accettare rinvii, emendamenti parziali o promesse vaghe. Le aziende non possono sopportare ulteriori incertezze”.
Ma il nodo contratti è quello che scalda il clima di tensione. Gli stipendi dei medici italiani sono tra i più bassi in Europa, a cominciare soprattutto dai giovani specializzandi che risultano al quint’ultimo posto come indica uno studio della Federazione europea dei medici salariati (Fems) che considera i dati su 21 paesi Ue. Siamo sotto la metà classifica anche per i medici già in carriera, mentre va un po’ meglio nel confronto europeo solo per i dottori con 25 anni di lavoro alle spalle. Per i sindacati serve dunque “un cambio di rotta immediato” e per questo è stato confermato ed è andato in scena lo sciopero del 20 novembre proclamato subito dopo il varo della manovra. Tra i principali motivi della protesta dei camici bianchi, come sottolineato Anaao Assomed e Cimo-Fesmed e gli infermieri ed altre professioni sanitarie del Nursing Up, i contratti di lavoro, compresi quelli dell’ospedalità privata, a cui “vengono assegnate risorse assolutamente insufficienti”.