Confindustria all’attacco della manovra, non offre risposte adeguate

Maurizio Tarquini in audizione davanti alle commissioni Bilancio di Camera e Senato nell’esame preliminare della legge di bilancio.

Roma – “Il nostro auspicio era, e rimane, di una Manovra incisiva, con una visione di politica industriale e un impulso deciso sugli investimenti, per non disperdere, ma anzi consolidare, quello slancio che l’economia italiana ha saputo mostrare in anni recenti. Al momento, però, il testo che oggi commentiamo, e che noi auspichiamo venga migliorato durante il percorso parlamentare, non offre risposte adeguate ai problemi e ai rischi segnalati”. Così il direttore generale di Confindustria, Maurizio Tarquini, in audizione davanti alle commissioni Bilancio di Camera e Senato nell’ambito dell’attività conoscitiva preliminare all’esame del disegno di legge recante bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2025 e bilancio pluriennale per il triennio 2025-2027.

“Ciò soprattutto perché non appare in grado di invertire quella tendenza a livelli di crescita da zero virgola, che, con l’eccezione della fase post pandemica, ha caratterizzato la nostra economia negli ultimi 25 anni – aggiunge -. Apprezziamo, e riteniamo sia un valore da preservare, l’attenzione posta sui conti pubblici, in coerenza con un quadro di politica fiscale volto a centrare gli obiettivi fissati dal recente Piano Strutturale di Bilancio. Il punto è, però, che nella Manovra sono sostanzialmente assenti il sostegno agli investimenti e alle imprese che li realizzano”. E ancora, ka manovra “impone alcuni tagli alle spese dei ministeri. Quello di competenza del Mimit ammonta a circa 1,3 miliardi di euro nel prossimo triennio: in gran parte, si tratta di risorse poste a copertura di misure per la competitività delle imprese, che rischiano di venir meno”, avverte il direttore generale di Confindustria.

Maurizio Tarquini

“A questi tagli – sottolinea – si aggiunge quello del cosiddetto fondo automotive per gli anni 2025/2030″ una riduzione per circa 4,6 miliardi decisa, evidenzia, “senza alcun confronto preventivo con gli operatori del settore”. Confindustria, dopo il “crollo negli ultimi mesi” della filiera dell’auto, avverte: “Riteniamo che almeno una parte di quelle risorse debba essere recuperata, per sostenere l’offerta nella delicata sfida della transizione e non, invece, – viene ribadito – per potenziare la domanda, linea che ha dimostrato nel recente passato di non essere efficace”. Sul fronte delle transizioni “l’energia continua a rappresentare un fattore di svantaggio competitivo per le imprese italiane”: Tarquini rileva che “la manovra non fa registrare interventi significativi, mentre sarebbe opportuno prevedere un finanziamento alla ricerca sui nuovi vettori nucleari”. 

Tagli, risorse che mancano, misure marginali, altre addirittura assenti, forti preoccupazioni, rischi di effetti
negativi. Dall’edilizia alla sanità al lavoro, sulla manovra si alza il grido di allarme di molte altre categorie. Che vanno in pressing perché la legge di bilancio venga rivista e corretta. Miglioramenti, del resto, chiesti anche dai partiti di maggioranza. La Lega gioca d’anticipo e annuncia un emendamento per ripristinare anche nel 2025 il taglio del canone Rai a 70 euro. Scatenando però la reazione di Forza Italia che alza un muro: non è nell’accordo di governo.

Il primo giorno di audizioni in Parlamento – oltre dieci ore di interventi, ma con pochi parlamentari in presenza – si è aperto dunque con un lungo cahier de doleances. Che parte dalle risorse “insufficienti” per salvare il servizio sanitario: i soldi sono pochi e non ci sono interventi cruciali, è la bocciatura della Fondazione Gimbe, che calcola come manchino 19 miliardi di qui al 2030 per coprire le misure già varate dal governo. Un altro allarme arriva da Confindustria dispositivi medici, che chiede di abolire subito il pay back che sta “mettendo a rischio il settore”.

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