Tra bollette, rincari e abitazioni inefficienti, il cambiamento climatico pesa come una tassa nascosta sui cittadini.
Il passaggio repentino del clima dal caldo estremo a piogge torrenziali e grandine, se non peggio, sta costando tanto alle famiglie italiane. Non bastavano le difficoltà quotidiane, anche il clima doveva aggiungersi al già gramo bilancio familiare! Anche secondo l’Ufficio Parlamentare di Bilancio (UPB) la situazione è molto seria. Si tratta di un organismo indipendente col compito di svolgere analisi e verifiche sulle previsioni macroeconomiche e di finanza pubblica del Governo e di valutare il rispetto delle regole di bilancio nazionali ed europee.
Ebbene secondo le stime, entro il 2050, il costo di questi continui stravolgimenti climatici potrebbe raggiungere l’iperbolica cifra di 100 miliardi di euro annui, ossia il 5% del Prodotto Interno Lordo (PIL). Ma gli effetti si stanno già avvertendo, al punto che Greenpeace, la nota associazione ambientalista a difesa dell’ambiente, ha calcolato in 22,6 miliardi di euro i danni in moneta sonante nel periodo 2013-2020. Ad ogni cittadino italiano i danni, in media, ammontano a 300 euro all’anno, che è tra le cifre più alte d’Europa.

Secondo Assoutenti-Associazione Consumatori no profit a tutela dei consumatori, i diritti civili, impegnata in attività di informazione, solidarietà sociale ed educazione al consumo- addirittura il costo potrebbe schizzare a 550 euro al mese per famiglia a causa delle bollette più care e spese accessorie. Alcuni calcoli sostengono che annualmente il rincaro oscilla tra i 1000 e i 6000 euro all’anno. A parte la disparità delle cifre non sempre collimanti, il fatto incontrovertibile è che la natura ci sta presentando un conto salatissimo. D’altronde cosa ci dovevamo aspettare dopo lo scempio che abbiamo fatto all’ambiente finora? Encomi solenni, forse, o benemerenze?
Ed adesso si paga il fio, solo che il conto più salato è come sempre –una costante nella storia dell’umanità- sulle spalle dei più deboli e fragili. Condizioni che non riguardano solo la salute, ma la situazione socioeconomica. I danni maggiori, infatti, sono avvertite in abitazioni le cui strutture sono fatiscenti e prive degli adeguamenti termoidraulici che la legislazione europea prevede. Campa cavallo che l’erba cresce! Oltre ai danni che colpiscono alcuni territori come l’Italia meridionale, con scarsezza d’acqua e siccità e con l’agricoltura a pagare il prezzo più alto, si sommano i decessi. Secondo Eurostat, l’ufficio statistico europeo, in 40 anni, dal 1980 al 2020, sono deceduti circa 138 mila cittadini a causa del cambiamento climatico. L’Italia è uno dei Paesi colpiti.

Inoltre, i danni economici ammontano, nello stesso periodo, a 487 miliardi di euro. E’ comunque un problema spinoso perché il calcolo esatto dei danni risulta complicato. Andrebbero inserite, infatti, anche le modalità strategiche messe in atto per arginarlo. Ad esempio, sta andando a passi di lumaca la transizione all’auto elettrica. Per diminuire le emissioni bisognerebbe produrne di molte. Le aziende, pero, che non sono enti caritatevoli, per contrastare la concorrenza della Cina, che è lontanissima da qualunque politica ambientalista, hanno ripristinato i vecchi modelli di produzione.
La questione dei costi riguarda anche quei tanti cittadini residenti in città popolose che saranno costretti a cambiare l’auto perché non in regola. Salute e clima sono strettamente collegati. A questo riguardo l’Unione Europea, con la direttiva “Case Green”, prevede la ristrutturazione di una vecchia abitazione, altrimenti non può essere affittata e venduta. Lo scopo è migliorare la sua sostenibilità. Il “parco immobiliare nazionale”, purtroppo, versa in stato comatoso. Infatti, il 50% degli edifici appartiene alle classi energetiche più basse. Cosa fare, arrendersi agli eventi, dunque? La soluzione sarebbe un Progetto Politico nazionale ed europeo che metta in campo una seria strategia. Ma qui è meglio cambiare canale!