Governo a lavoro per riportare a casa la giornalista detenuta in Iran. Le opposizioni chiedono, con riserbo e cautela di collaborare.
Roma – L’ambasciatore iraniano in Italia è stato convocato alla Farnesina su disposizione del ministro
degli Esteri, Antonio Tajani. “Ho dato mandato al Segretario generale della Farnesina di convocare l’ambasciatore iraniano a Roma”, aveva scritto Tajani su X prima dell’incontro, “Il Governo, come dal primo giorno dell’arresto di Cecilia Sala, lavora incessantemente per riportarla a casa e pretendiamo che vengano rispettati tutti i suoi diritti. Fino alla sua liberazione, Cecilia e i suoi genitori non saranno mai lasciati soli”. Poi su indicazione del Ministro degli Affari Esteri il segretario Generale Riccardo Guariglia ha incontrato l’Ambasciatore della Repubblica Islamica dell’Iran a Roma, Mohammad Reza Sabouri. Lo rende noto la Farnesina in una nota spiegando che “da parte italiana è stata innanzitutto chiesta la liberazione immediata della connazionale, giunta in Iran con regolare visto giornalistico”.
Guariglia “ha altresì ribadito la richiesta di assicurare condizioni di detenzione dignitose, nel rispetto dei diritti umani”, di garantire piena assistenza consolare alla connazionale, permettendo all’Ambasciata d’Italia a Teheran di visitarla e di fornirle i generi di conforto che finora le sono stati negati. Nelle ultime ore l’Italia, in una nota verbale consegnata dalla Farnesina a Teheran, ha chiesto formalmente “garanzie totali sulle condizioni di detenzione di Cecilia Sala” e la sua liberazione immediata. La replica dell’ambasciata iraniana a Roma: “Fornita tutta l’assistenza necessaria”. A Cecilia Sala “sono state fornite tutte le agevolazioni necessarie”, scrive su X l’ambasciata iraniana a Roma nel suo resoconto dell’incontro avvenuto alla Farnesina fra l’ambasciatore Mohammad Reza Sabouri e il Segretario generale del ministero degli Esteri, Riccardo Guariglia. Un colloquio che l’ambasciata di Teheran ha definito “amichevole”.
“L’ambasciatore del nostro Paese ha annunciato in questo incontro che sin dai primi momenti dell’arresto della signora Sala, secondo l’approccio islamico e sulla base di considerazioni umanitarie, si è garantito l’accesso consolare all’ambasciata italiana a Teheran, sono state inoltre fornite alla signora Sala tutte le agevolazioni necessarie, tra cui ripetuti contatti telefonici con i propri cari”.
Nel frattempo, il caso della giornalista italiana detenuta in Iran è finito al centro di un vertice a Palazzo Chigi tra il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, il Sottosegretario alla Presidenza, Alfredo Mantovano e i Servizi di intelligence. È quanto si apprende da fonti di governo, secondo le quali tra le ipotesi vi sarebbe anche un coinvolgimento delle opposizioni. Dopo il vertice il presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha ricevuto a Palazzo Chigi Elisabetta Vernoni, la mamma di Cecilia Sala.
“Va male, è ovvio però questo incontro” con la premier “mi ha aiutato: ci siamo guardate negli occhi, anche tra mamme. La fiducia è tanta, sicuramente stanno lavorando e io sono un po’ come Cecilia, sono un po’ un soldato, aspetto e rispetto il lavoro che stanno facendo. Quello che potrò fare da parte mia lo farò, sicuramente loro stanno facendo il loro”, ha detto la madre della giornalista. “Giorgia Meloni ha fatto un salto di qualità dalle rassicurazioni comprensibili che ricevo sempre. È stata più precisa e più puntuale ed è questo che io volevo e questo ho avuto”, ha detto Elisabetta Vernoni lasciando Palazzo Chigi. A chi le domandava se fosse soddisfatta dell’incontro, ha risposto: “Ovviamente sì, nel senso che in questo momento, è ovvio che i miei umori… Ieri è stato un momento di cambio d’umore forte, però assolutamente sì”.
Nel corso del pomeriggio la presidente del Consiglio Meloni ha avuto anche un colloquio telefonico con Renato Sala, padre di Cecilia. Palazzo Chigi informa che il sottosegretario Mantovano, “in veste di Autorità delegata, venendo incontro alle richieste delle opposizioni, ha dato immediata disponibilità al presidente del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, Lorenzo Guerini, a riferire al Copasir già domani mattina, e quindi per suo tramite al Parlamento”.
In una nota il segretario di +Europa, Riccardo Magi e il deputato di +E Benedetto Della Vedova sottolineano che a distanza di due settimane, “è evidente che quella della giornalista italiana Cecilia Sala da parte delle
autorità iraniane è una detenzione arbitraria, in condizioni durissime a quel che si apprende dalla stampa, stante anche la vaghezza dei capi accusa. Per questo troviamo positive e importanti le parole dell’Alto
Rappresentante dell’Unione Europea, Kaja Kallas, – aggiungono – che ha chiesto il rilascio immediato di Cecilia Sala aggiungendo che ‘il giornalismo non è un reato’. Il Governo dovrebbe al più presto riferire al Parlamento, e nel caso anche al Copasir, per chiarire quali siano le sue valutazioni e intendimenti, in modo da
garantirsi il pieno sostegno di tutte le forze politiche alle sue azioni”.
“Cecilia Sala va liberata e riportata a casa. È la priorità assoluta”, affermano in una nota congiunta la segretaria del Pd Elly Schlein e il responsabile Esteri Peppe Provenzano. “Per questo, in contatto col Governo, ci siamo attenuti alla massima discrezione richiesta. Ma le notizie sulle sue condizioni di detenzione sono allarmanti. Il trattamento inumano che sta subendo è inaccettabile. Nella piena collaborazione fin qui assicurata, chiediamo al Governo, nelle forme che la delicatezza della vicenda prevede, la condivisione con tutte le forze politiche delle iniziative intraprese per la sua liberazione. Al tempo stesso, con voce univoca ci si adoperi affinché sia garantito il rispetto dei suoi diritti fondamentali. Calpestare la dignità di Sala significa calpestare la dignità dell’Italia”.
E’ di queste ore la notizia della telefonata drammatica e carica di angoscia fatta dalla giornalista alla famiglia dal carcere di Evin, in Iran, dove è rinchiusa dal 19 dicembre. Dorme sul pavimento con due coperte, una per coprirsi e una sotto, in regime di isolamento. Dal momento del suo arresto non ha contatti con nessuno e l’unica persona che ha visto è l’ambasciatrice italiana in Iran, Paola Amadei. Nessun incontro nemmeno con le guardie che la controllano, che le passano il cibo da una fessura. Nella cella non c’è neanche una brandina, solo una luce accesa 24 ore su 24.
Sala ha smentito anche di aver ricevuto il pacco con i beni di prima necessità che era stato inviato dalla famiglia attraverso la Farnesina e che le autorità iraniane avevano confermato di averle recapitato. Conteneva articoli per l’igiene personale, sigarette, quattro libri e una mascherina per coprire gli occhi da quel faro sempre acceso e garantirsi un minimo di sollievo almeno durante la notte. Nulla di tutto ciò è stato recapitato e anzi, le sono stati anche tolti i suoi occhiali da vista.
Non è tutto: pare che dagli Usa sia arrivato un documento in cui si chiede ai giudici di Milano che Abedini, l’iraniano arrestato in Italia su richiesta di Washington, resti in carcere. Nella nota inviata dagli Stati Uniti alla Corte di appello di Milano si afferma che Abedini è un soggetto pericoloso. L’atto, di quattro pagine, è stato inviato per via diplomatica pochi giorni dopo l’arresto del 38enne iraniano, quindi prima dell’istanza con cui il difensore, l’avvocato Alfredo de Francesco, ha chiesto i domiciliari. La nota del dipartimento di Giustizia del Massachusetts, sarà ora posta all’attenzione della Procura generale di Milano che dovrà fornire un parere, non vincolante, sulla richiesta di attenuazione della misura cautelare.
A quanto si apprende il procuratore generale di Milano ha trasmesso alla Corte di appello il suo “parere negativo” sulla richiesta dei domiciliari per l’iraniano. E’ quanto si legge in una nota della Procura generale, secondo la quale “le circostanze” esposte nella domanda, in particolare la messa a disposizione “di un appartamento e il sostegno economico da parte del Consolato dell’Iran”, oltre a “divieto di espatrio e obbligo di firma”, non sarebbero “una idonea garanzia per contrastare il pericolo di fuga del cittadino iraniano, di cui gli Usa hanno chiesto l’estradizione“.