Le due fazioni interne al PD sembrano andare d’amore e d’accordo, ma in realtà la guerra civile è dietro l’angolo. La ragione? Il piano di Schlein di mettere “i suoi” in posizioni chiave tagliando fuori la componente Bonaccini.
Roma – Aria di tempesta nel PD, anche se viene ripetuto pubblicamente il solito mantra del “tutto a posto”. Oltre a paventare tranquille e fattive interlocuzioni tra il gruppo Schlein e Bonaccini, soprattutto per la nomina dei rispettivi capigruppo alla Camera ed al Senato. In sostanza il vero problema, senza girarci attorno, è che la neo-segretaria pretende tutto il “cucuzzaro” per sé e per le persone a lei vicine. Ovvero che rispondano direttamente al suo gruppo e soprattutto siano di “fiducia”.
Non c’è niente di nuovo e di strano; cominciano semplicemente ad affiorare divergenze ed ostilità mai sopite al Nazareno, nemmeno dopo il trionfo raggiunto nei gazebo. Proprio la minoranza del Partito democratico non gradisce l’idea di un eventuale pacchetto già chiuso sui capigruppo. L’area Bonaccini accoglie, infatti, con irritazione e sofferenza la sola ipotesi della scelta di due figure di maggioranza vicine a Schlein. Stiamo parlando di Francesco Boccia al Senato e Chiara Braga alla Camera, personalità considerate espressione della segretaria.
Lo schema ai “bonacciniani” non piace per un motivo ben preciso, cioè per l’imposizione della scelta definita, invece, dal gruppo “schleiniano”. Le motivazioni della preoccupazione, dunque, vanno trovate non tanto nel fatto in sé, ma perché si tratta di opzioni non condivise. L’aria di burrasca, infatti, anche se non viene confermata, anzi quasi ridicolizzata, è comunque veritiera; tant’è che si sta perdendo tempo al fine di non arrivare ad una conta parlamentare senza paracadute addosso dove potrebbe succedere di tutto.
Si tratta, in ogni caso, di un fulmine previsto che non coglie nessuno di sorpresa, sia all’interno che all’esterno dei democratici. Peraltro, come già detto in diverse occasioni ed articoli, le primarie hanno sancito la la spaccatura tra il popolo dei gazebo e quella dei circoli con i suoi tesserati. Prova ne sono le acque torbide che in alcune realtà territoriali si stanno diffondendo con un grado di tossicità notevole.
Infatti, in occasione delle elezioni amministrative si stanno confrontando due visioni differenti del partito, della società, nonché delle opportunità e delle strategie da adottare per apparire competitivi. A Catania, per esempio, in casa “piddina” si sta assistendo ad una pantomima di antica memoria che vede i dem sostenere, con tutto il fronte progressista (pentastellati compresi), il professor Maurizio Caserta già candidatosi senza successo con una lista civica circa 10 anni addietro e il pluri-sindaco Enzo Bianco sconfitto alle precedenti elezioni da Salvo Pogliese, fondatore e tesserato del PD area liberal, appoggiato solo da liste civiche, da qualche “anarchico” del M5s come Giancarlo Cancellieri e da tutti quei partiti che, anche sotto mentite spoglie, intendessero sostenerlo.
E’ ormai palese: c’é una spaccatura tra i Dem, a cui in molti hanno lavorato. Intendiamoci l’ex ministro Bianco aveva anche aperto al partito di Cuffaro, con la nuova Dc ed all’MpA di Raffaele Lombardo. Tentativo che sembra essere caduto nel vuoto. In ogni caso, il malessere nel PD è palese, tanto che Bianco viene accusato di inosservanza delle regole statutarie, da parte di Bruno Guzzardi, componente dell’assemblea nazionale del partito. Inoltre, è stato anche osservato, che è inaccettabile che Bianco si canditi da tesserato dem senza il beneplacito dei locali referenti e fuori dalla coalizione.
Oltretutto sembra che non vi sia alcun idillio tra l’ex Sindaco ed il segretario regionale dei democratici, per questioni di carattere personale e politico, in quanto il primo aveva chiesto al pluri-eletto Anthony Barbagallo di optare per il seggio alla Camera o all’Ars e di non tenere entrambi gli scranni con i relativi compensi. Almeno questa è la tesi di Elisabetta Vanin, componente dell’assemblea nazionale del Pd, che si schiera in favore di Bianco. Insomma, un fatto di stile, che però non è stato gradito da Barbagallo. In sostanza, ciò che maggiormente infastidisce molti esponenti dem è “vedere Bianco che, per l’ennesima volta, continui a pensare di poter essere l’unica scelta possibile e competitiva per il Pd”. Questo il tenore che si rileva, dai social, dove si sta riversando tutto il malumore di una classe dirigente che non ha ancora metabolizzato il risultato alle ultime regionali.