La mossa di Via Arenula per scongiurare altri casi simili in vista di un “agreement” per una maggiore sintonia con i giudici internazionali.
Roma – Il ministero del Giustizia ha chiesto informalmente alla Corte penale internazionale di avviare delle consultazioni per una comune riflessione sulle criticità che hanno riguardato il caso Almasri: lo scopo è di scongiurare il ripetersi di situazioni analoghe e di avviare una sorta di “agreement” per una migliore collaborazione futura. In queste ore all’Aia è dunque giunto un documento riguardante alcuni chiarimenti e ipotesi per facilitare la comunicazione con i giudici internazionali in futuro. È quanto si è appreso da fonti informate secondo cui al momento non sarebbe ancora arrivata alcuna comunicazione di indagini nei confronti dell’Italia da parte della Cpi.
In queste ore all’Aja è dunque arrivato da Roma un documento riguardante alcuni chiarimenti e ipotesi per facilitare le eventuali successive comunicazioni con i giudici internazionali. E’ quanto si apprende da fonti informate secondo cui al momento non sarebbe ancora arrivata alcuna comunicazione di indagini nei confronti dell’Italia da parte della Cpi. Aperto il 2 ottobre scorso su richiesta del procuratore capo della Cpi, il caso è da settimane al centro del tavolo della Camera preliminare I dell’Aja, con la giudice rumena Iulia Motoc a guidare i lavori affiancata dalle togate Reine Alapini-Gansou e María del Socorro Flores Liera.
L’avvio di alcune consultazioni per una comune riflessione sulle criticità che hanno riguardato la vicenda, ha lo scopo di scongiurare il ripetersi di situazioni analoghe e di avviare una sorta di “agreement” per una migliore collaborazione futura. A dettare le prossime mosse nel confronto sempre più teso tra il governo e l’Aia saranno lo Statuto di Roma, caposaldo della Corte, e il regolamento 109 della stessa Cpi che prevede il possibile rinvio del dossier all’Assemblea degli Stati Parte o al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Un bivio delicato davanti al quale, se i giudici dovessero ritenere l’Italia responsabile di mancata collaborazione, il caso non resterebbe confinato all’Aja – che esercita giurisdizione sulla Libia in virtù di una risoluzione dello stesso organo esecutivo dell’Onu – ma finirebbe a New York, dove la Cpi è sempre più sotto il fuoco di Donald Trump.
La questione della mancata osservanza da parte dell’Italia di una richiesta di cooperazione per l’arresto e consegna di Almasri da parte della Corte è di competenza della camera competente, vale a dire la Camera preliminare I”, aveva affermato il portavoce della Corte penale internazionale, Fadi El Abdallah. “Come parte di questa procedura, ai sensi del Regolamento 109(3) del Regolamento della Corte, l’Italia avrà l’opportunità di presentare osservazioni. Finché la Camera preliminare I non avrà esaminato la questione e reso una decisione, la Corte non offrirà ulteriori commenti”, aggiunge il portavoce, che sottolinea come “questo processo non riguarda responsabilità individuali o casi contro persone specifiche“.
Il regolamento 109 della Corte penale internazionale disciplina i casi di presunta mancata cooperazione da parte di uno Stato. Il paragrafo 3 prevede che la Camera competente possa chiedere spiegazioni al Paese coinvolto sull’inadempimento. Poiché la Cpi ha giurisdizione sulla Libia in virtù di una Risoluzione del Consiglio di Sicurezza – adottata il 26 febbraio 2011 – che sancisce un obbligo di cooperazione, un’eventuale condanna da parte della Camera per mancata collaborazione dell’Italia nella consegna del generale libico Almasri, sarebbe trasmessa al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e non solo all’Assemblea degli Stati Parte della Corte.