Cartiere Fabriano, stop alla produzione di carta per ufficio: spenta la storica F3

In primo piano Stellantis, ma la minaccia della chiusura incombe in molte produzioni. Confindustria: “Fiducia bassa e industria in crisi”.

Fabriano – Da mesi l’attenzione è sul caso Stellantis e sulla minaccia di licenziamento per molti lavoratori. Ma la crisi non riguarda solo il colosso dell’automotive. Pezzi di storia della produzione italiana stanno cadendo uno dopo l’altro. Chiude per sempre la macchina F3 di Fabriano che è sempre stata in funzione da 50 anni. Infatti è stata apposta la firma dell’ultimo foglio prodotto di carta per ufficio. Un momento triste per i dipendenti della storica fabbrica marchigiana. “Sono testimone di un momento dove ognuno è rimasto chiuso dentro il proprio dolore” commenta un operaio al Resto del Carlino.

Una linea di produzione che, a mia memoria, nella storia della nostra Cartiera” commenta il consigliere comunale Riccardo Ragni “non era mai stata fermata, neppure un solo giorno, neanche durante i periodi delle ferie estive. Purtroppo era una decisione annunciata, ma leggere una notizia del genere, da figlio di un operaio che nello stabilimento di Vetralla ha lavorato 36 anni, di cui molti proprio su quella linea, mi ha provocato un senso di grande tristezza”. Il primo foglio per fotocopie, il famoso Copy 2 è nato infatti quasi 50 anni fa. La notizia della chiusura di F3 e dello stabilimento di Rocchetta, arrivata come un fulmine a ciel sereno a inizio ottobre, è stato un colpo al cuore, come attestano i tanti messaggi sui social.

Immagini della storica Cartiera di Fabriano

L’economia italiana è “in rallentamento” e l’industria “in crisi”: per il centro studi di Confindustria “non basta la discesa dei tassi”. L’analisi mensile ‘flash’ su congiuntura e previsioni degli economisti di via dell’Astronomia si pone la domanda: “Stagnazione o ripartenza?”. Ed evidenzia punti critici e fattori positivi in un quadro di “elevata incertezza sul Pil italiano nel quarto trimestre, dopo lo stop nel terzo”: da un lato “la fiducia è bassa, l’industria in crisi, l’export debole, l’eurozona fiacca”; dall’altro “al rialzo, il trend di crescita del turismo e dei servizi, il proseguimento del calo dei tassi, l’inflazione ridotta, l’attuazione del Pnrr”. “I fattori congiunturali spingono al rialzo, ma frenano alcuni ostacoli strutturali”.

“Oggi il difficilissimo compito di riportare il Governo con i piedi per terra viene assunto dall’Istat. Siamo al ventesimo mese consecutivo di calo della produzione industriale, e i dati sull’andamento dell’economia non sono migliori”, afferma Pino Gesmundo, segretario confederale della Cgil, commentando i dati diffusi dall’Istituto di Statistica. “La narrazione di un Paese in crescita, che ha riconquistato un forte ruolo europeo e internazionale e che ha invertito la tendenza non è credibile”, prosegue il dirigente sindacale. “I tentativi di sviare l’attenzione dalla reale situazione economica non possono reggere di fronte alla cruda realtà dei numeri, e le continue rassicurazioni del Ministro del Made in Italy, che è sistematicamente ‘in procinto’ di presentare soluzioni a crisi mai risolte, si scontrano con la realtà di una totale passività ai tavoli di crisi aziendali”.

Produzione in crisi

“Qui – sottolinea Gesmundo – non si vedono misure concrete, ma solo approcci meramente notarili e passivi che portano a chiusure, riduzioni occupazionali e processi di delocalizzazione. Che scaricano i loro effetti sugli oltre 120.000 lavoratori a rischio a causa delle trasformazioni, di cui 70.000 solo nell’automotive, 25.459 nella siderurgia, 8000 nell’energia (centrali a carbone e cicli combinati), 2000 nel settore elettrico, 4094 nella chimica di base, 3473 nel settore del petrolchimico e in quello della raffinazione, 8000 nelle telecomunicazioni, per non parlare delle gravi ricadute di tali crisi sulla filiera degli appalti. 

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