La tragedia era avvenuta in una zona che doveva essere preclusa ai visitatori attesa la pericolosità delle esplosioni di fango che avevano provocato ingenti danni agli edifici.
ARAGONA (Agrigento) – Il 27 settembre del 2014 una colonna di fango bollente alta oltre un paio di metri e del peso di svariate tonnellate ingoiava i corpi di due bambini che si trovavano con il padre nella zona più pericolosa delle “Macalube”, fenomeni di vulcanesimo sedimentario che si formano per esplosione diventando poi, una volta raffreddatisi, piccoli vulcani di poltiglia argillosa.

Il nome deriva dall’arabo Maqlùb, letteralmente “ribaltamento“, ovvero fenomeni potenzialmente pericolosi e in grado di provocare seri danni a persone ed edifici. Cosi è stato negli anni. Quel maledetto giorno di 11 anni fa il gas a pressione sprigionatosi dal sottosuolo portava in alto tonnellate di fanghiglia grigiastra ad alta temperatura che ricadeva in basso travolgendo Carmelo, di quasi 9 anni, e la sorellina Laura, di 7, che giocavano allegri tra sbuffi di vapore e vulcanelli fumanti a poca distanza dal padre, Rosario Mulone, 46 anni all’epoca dei fatti, graduato dei carabinieri in servizio presso la stazione di Joppolo Giancaxio.
Subito dopo la ricaduta dell’enorme massa di fango il militare cercava di individuare i figli ma i bambini erano stati sommersi dalla melma calda e per loro non c’era più nulla da fare. L’uomo dava subito l’allarme con il prprio telefonino senza però potersi muovere atteso che il fango gli arrivava alla cintola. La cronaca di quel giorno è drammatica:

“Il padre dava la mano alla figlia mentre il maschietto li seguiva a qualche metro più indietro. Improvvisamente un’esplosione assordante sollevava da terra tonnellate di fango caldo che, poco dopo, ricadevano sul terreno seppellendo i tre congiunti. Rosario Mulone perdeva il contatto con i suoi figli e con il coraggio che solo un padre ed un carabiniere possono avere in questi casi, riusciva a sollevare la testa dal fango e dare l’allarme col suo telefonino. Appena giunti in zona i soccorritori, tramite un cane antivalanga, recuperavano il corpo esanime della piccola Laura, sepolta da oltre un metro di fango, mentre il corpo di Carmelo sarebbe stato individuato a sera inoltrata grazie all’ausilio delle fotoelettriche e di un elicottero della Guardia di Finanza. Rosario Mulone e la moglie Giovanna Lucchese, venivano accompagnati in ospedale mentre i corpi dei due bimbi venivano ricomposti nella morgue del medesimo nosocomio dove avveniva la ricognizione cadaverica da parte del medico legale. Il Comune di Aragona, in lutto istituzionale, si è stretto intorno al dolore della famiglia per l’immane tragedia mentre l’intera popolazione ha partecipato ai funerali di Carmelo e Laura, i due ignari bimbi vittime di una disgrazia forse imprevedibile ma ampiamente oggetto di studio e verifica da parte di scienziati ed esperti di tutto il mondo. Adesso impazzano le polemiche e il solito giochetto dello scarica barile per quanto riguarda le responsabilità su cui farà luce la Procura della Repubblica di Agrigento che ha subito aperto un’inchiesta….“.

Dopo l’inchiesta ci furono diversi rinvii a giudizio e due dipendenti di Legambiente, ente gestore della riserva naturalistica, furono condannati, in primo grado, a oltre 5 anni di reclusione per omicidio colposo. I due imputati, però, venivano assolti in Appello dunque i presunti responsabili dei due decessi sarebbero il Comune di Aragona e la Regione Siciliana, a cui fanno capo i rispettivi presidi di Protezione civile, che avrebbero dovuto installare la obbligatoria segnaletica (soltanto qualche cartello di legno installato in ordine sparso), gli allarmi, le centraline di controllo, telecamere e recinzioni per delimitare le diverse zone. Soprattutto l’odierna zona A, quella più pericolosa, dove si é consumata la duplice tragedia.
La Regione Siciliana, durante il giudizio di secondo grado, però, aveva risposto agli attacchi di Legambiente in maniera dura: l’ente gestore si doveva preoccupare di installare le apparecchiature a tutela della sicurezza dei visitatori a fronte del contributo economico sborsato dalle casse pubbliche. Insomma il solito gioco del rimpiattino che tanto male ha fatto e continua a fare alla famiglia Mulone:

“Ho poi scoperto che anche i muri sapevano del pericolo – ha detto Rosario Mulone – Gli scienziati raccomandavano di non fare arrivare il pubblico fin lì. Ma io ci sono andato perché non c’era un cartello o una staccionata, perché quei vulcanelli venivano offerti a noi visitatori come un gioco…“.
Papà Rosario e mamma Giovanna non mollano e proseguono la battaglia giudiziaria con i loro avvocati più agguerriti che mai. Sino a quando Carmelo e Laura non otterranno giustizia:

Nel 2008 anche le “Macalube” di contrada Terra Pelata e Santa Barbara, a sud est di Caltanissetta, provocarono ingenti danni a decine di case e opifici. I residenti per anni hanno invocato una soluzione ai gravi problemi di sopravvivenza di quella vasta area costantemente sottoposta ad elevata sismicità e a continue esplosioni senza però ricevere risposte concrete. Stessa cosa a Paternò, in provincia di Catania, dove seppur in maniera minore e nel tempo molto più attenuata, le “Salinelle“, piccoli Geyser naturali, fanno sentire i loro piccoli boati e gorgoglii di gas ricoprendo alcune strade di una spessa coltre melmosa calda composta da acque salmastre e gas come metano o anidride carbonica e materiale vulcanico. Questi ultimi non hanno mai provocato danni e l’intera area in parte degradata, alla periferia del paese etneo, è diventata un parco naturalistico che avrebbe bisogno di maggiori cure e attenzioni.